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Legambiente presenta il suo rapporto annuale di analisi del trasporto ferroviario in Italia

Cresce la mobilità su ferro: agli italiani il treno piace e dove si investe il successo è garantito, da Nord a Sud, dall’alta velocità alle linee metropolitane.  Per i pendolari c’è una buona notizia, sono in arrivo nuovi treni, ma al Meridione e per chi sta fuori dalla rete veloce i problemi rimangono rilevanti. Ad aumentare sono, infatti, anche le differenze tra le Regioni e le diversi parti del Paese e la dotazione di trasporto su ferro delle aree urbane rimane rilevantissima rispetto all’Europa e una delle cause dello smog che attanaglia le città italiane.

È ciò che emerge da Pendolaria 2019, il rapporto annuale di Legambiente sul trasporto ferroviario in Italia presentato questa mattina a Palermo, per fare il punto su che cosa si muove e che cosa no sulla rete, in termini di soldi, convogli e persone, e approfondire i risultati prodotti dagli investimenti. Pendolaria, dal 2008, racconta numeri e storie, buone pratiche e denunce da parte dei comitati pendolari che vengono raccolte durante l’anno e sono consultabili sul sito www.pendolaria.it.

Dati incoraggianti per l’Emilia-Romagna, dove il numero di passeggeri al giorno su ferrovie locali e regionali ha visto un incremento del 88,6% dal 2011 al 2018. Una aumento che dimostra come il treno sia considerato una valida alternativa all’auto e che quindi diventa ancora più importante aumentare gli investimenti nel settore, anche alla luce dei dati allarmanti sulla qualità dell’aria nella nostra regione. Come si può leggere nel grafico seguente (elaborazione Legambiente su dati Arpae), infatti, nel solo mese di gennaio 2020 tutti i capoluoghi emiliano-romagnoli hanno collezionato un numero considerevole di giornate in cui i livelli di PM10 consentiti sono stati superati. Su tutte emergono Ferrara e Piacenza con 23 e 21 sforamenti. Da sottolineare anche i livelli di superamento dei livelli di inquinamento, arrivati al doppio dei valori consentiti in diversi capoluoghi, con due picchi di giornate, 15 e 16 gennaio, in cui gli sforamenti sono arrivati a toccare 125 PM10 (µg/m3) a Modena, 118 PM10 (µg/m3) a Bologna e 110 PM10 (µg/m3) a Rimini.

«I trasporti sono l’unico settore che in Italia ha visto crescere le emissioni dal 1990 ad oggi – dichiara Legambiente – dobbiamo scegliere di accelerare il cambiamento della mobilità con politiche più incisive. Il cambiamento della mobilità è imprescindibile per conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati dall’Unione europea al 2030 e al 2050 in cui si dovrà aver raggiunto la totale decarbonizzazione. Anche in Emilia Romagna gli obiettivi climatici del Piano regionale sono ancora lontani dall’essere raggiunti sul versante trasporti. Andrebbero dunque rivisti i troppi progetti su nuove strade ancora previsti dalle amministrazioni, locali e regionale».

I  viaggiatori  su  treno  ogni  giorno  in  Regione Emilia-Romagna sono saliti a 215mila ed una buona parte si dirige o attraversa il nodo bolognese, ma molto di  più  si  deve  fare  per  spostare  in  treno  quelli  che  usano  l’automobile.  Secondo  i  dati  Istat  infatti  tutti  i pendolari della sola area metropolitana bolognese raggiungono le 190mila unità ed è proprio la mancanza di linee  dedicate  al  trasporto  locale,  nonostante  le  attivazioni  di  numerose  stazioni  negli  ultimi  anni,  che determina i maggiori disagi per i pendolari che orbitano attorno a Bologna con treni molto spesso in ritardo.

Il  Nodo  di  Bologna  è  il  cuore  del  sistema  ferroviario  italiano,  da  cui  si  dipanano  linee  ferroviarie  verso  le principali direttrici con flussi nazionali e locali. Questa rete va considerata quindi come risorsa da valorizzare per il servizio  ferroviario  pendolare e può  diventare infatti  il  perno  di  un  sistema  di  mobilità  su  cui  costruire  le  scelte urbanistiche,  di  servizi,  di  attività  nel  territorio  provinciale.

Occorre cambiare le priorità infrastrutturali del nostro Paese e recuperare i tagli al trasporto ferroviario.  Le risorse ci sono: si possono recuperare dai sussidi all’autotrasporto, dagli introiti delle autostrade, dalla cancellazione di investimenti sbagliati (come quelli per nuove autostrade al nord).

 

Le priorità di Legambiente per il rilancio del trasporto ferroviario in Emilia-Romagna sono:

  • Sistema Ferroviario Metropolitano di Bologna:

Il progetto è in estremo ritardo (doveva essere completato nel 2011), nato nel 1998 e del quale si prevede la piena funzionalità del servizio non prima del 2030. Nonostante la realizzazione del 70% del progetto restano da realizzare nei prossimi anni alcuni interventi sul nodo ferroviario di Bologna, che  condizionano  anche  l’avvio  a regime del SFM .In particolare manca l’orario cadenzato delle corse a 30 minuti (15 minuti nell’area urbana e  nelle  ore  di  punta)  e  la  realizzazione  delle  linee  passanti  in  Stazione  Centrale.  Altro  sintomo  di  questo ritardo,  il  grande  sottodimensionamento  della  linea  Porettana  e  la  mancata  connessione  di  importanti  poli attrattori come CNR, Bologna Fiere, Caab, Regione.

  •  Nuove linee di tram a Bologna:

Le  quattro  nuove  linee  di  tram  integrate  con  otto  linee  del  Servizio  Ferroviario  Metropolitano,  la  rete  difilobus  e  una  rete  di  autolinee  veloci  lungo  le  direttrici  non  servite  dal  Sfm,  sono  le  componenti  del  nuovo sistema  di  trasporto  pubblico  a  Bologna.  A  questi  fondamentali  interventi va  aggiunta  l’istituzione  di  un sistema di tariffazione unica per i diversi mezzi di trasporto.

 

  • Potenziamento della ferrovia Pontremolese:

Un altro caso di estrema criticità per i pendolari è quello della linea Pontremolese, 120 km di lunghezza, dove convergono treni locali e di lunga percorrenza. Il raddoppio di questa linea ferroviaria (preventivato da 25 anni) rimane un’opera urgente e strategica sia per il pendolarismo sul territorio (verso Parma e verso La Spezia) sia come parte del completamento del Corridoio Tirreno-Brennero ferroviario per il traffico merci. La tratta  ad  oggi  vede  strozzature  di  una  linea  obsoleta  e  inadatta  al traffico  merci  moderno.  I  tempi  di percorrenza  sono  lunghissimi  e  ci  sono  forti  limiti  alla  lunghezza  dei  convogli.

A queste proposte si aggiungono poi: la progettazione di una linea di trasporto di massa sulla costa, l’interramento della tratta urbana della linea Bologna-Portomaggiore, l’ammodernamento della linea Modena-Sassuolo, il servizio Ferroviario Metropolitano Salsomaggiore-Fidenza-Parma, il ripristino del collegamento Bologna-Ravenna via Budrio-Massa Lombarda, il ripristino del servizio sulla linea Piacenza-Cremona, l’inclusione della Faenza-Lavezzola per i collegamenti Firenze-Ferrara.

 

















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