Valutare l’intero sistema di tutela dei minori, anche andando oltre le sole competenze regionali organizzative e di coordinamento, per individuare eventuali falle e distorsioni e, soprattutto, per avanzare proposte utili a rafforzare i meccanismi a protezione dei più piccoli. Questo l’obiettivo della Commissione tecnica – voluta e istituita dalla Giunta regionale dell’Emilia-Romagna dopo i fatti della Val d’Enza – che, insediatasi il 22 luglio scorso, ha ultimato il proprio lavoro.
Oggi, in viale Aldo Moro, i risultati di questa attività – che si è conclusa entro la data prevista del 31 ottobre – sono stati presentati alla Commissione regionale d’inchiesta istituita dall’Assemblea legislativa e formata da consiglieri di maggioranza e opposizione.
La Commissione tecnica non aveva compiti di indagine, svolti unicamente dalla Magistratura a cui compete l’accertamento dell’eventuale responsabilità giudiziaria dei singoli. Pertanto, l’attività si è concentrata sulla verifica della normativa nazionale e regionale di riferimento, sulla valutazione dei dati e sull’esame di procedure, organizzazione e competenze dei servizi sociali e sanitari. Un lavoro condotto anche attraverso l’ascolto diretto di quasi 150 persone: gli operatori della rete regionale del sistema di tutela dei minori (dai responsabili di servizio agli esponenti di associazioni di famigliari, ai componenti dei gruppi tecnici regionali) e singoli professionisti con rilevanti competenze istituzionali o specialistiche in questo ambito.
L’analisi effettuata dalla Commissione negli oltre tre mesi di lavoro evidenzia innanzitutto come la legislazione regionale sia coerente con quella nazionale e si collochi tra i sistemi più attenti in materia di diritto di famiglia e dei minorenni. I fatti della Val d’Enza, se confermati, sarebbero dunque gravissimi ma estranei e incompatibili con l’impianto normativo vigente; conseguenza di prassi non solo distorte, ma opposte rispetto a quanto previsto e raccomandato anche a livello regionale.
Il Percorso di qualità della tutela dei minorenni
Le norme ci sono e sono di buona qualità – questo il giudizio della Commissione – occorre però renderle più cogenti e favorirne l’omogeneità di applicazione su tutto il territorio regionale, a partire dalla gestione associata dei servizi sociali per ambiti distrettuali, che non è stata ancora pienamente realizzata e invece consentirebbe una maggiore disponibilità di personale e risorse.
Da qui, la proposta di costruire un “Percorso di qualità della tutela dei minorenni” a regia regionale, omogeneo, monitorabile e cogente per gli enti e i professionisti coinvolti; che lavori con specifici obiettivi: ridurre al mimo la variabilità delle interpretazioni e attuazioni delle norme; sostenere i professionisti (operatori sanitari e sociali, operatori del privato sociale e del terzo settore, esperti giuridici) e le famiglie affidatarie – che costituiscono un grande patrimonio di questa regione – con attività di formazione continua e condivisa, competenze specialistiche e strumenti validati e omogenei; promuovere la figura dell’esperto giuridico (prevista dalla normativa regionale ma poco diffusa) e un’attività di autocontrollo sistematico del sistema sociosanitario che consenta di evidenziare eventuali scostamenti dagli standard.
Alla Regione spetterebbe la funzione di supporto ai servizi e agli Enti locali nell’avvio del Percorso, di monitoraggio e di sostegno alla sua attuazione attraverso il coordinamento delle equipe di secondo livello. In campo anche l’ipotesi di orientare il Fondo sociale regionale a favore dei minori e delle famiglie esclusivamente verso i territori che aderiscono al Percorso.
Altre proposte avanzate
Tra le indicazioni fornite dalla Commissione relativamente all’organizzazione del personale dei servizi tutela minori (in capo a Comuni o Unioni con la collaborazione delle Ausl) quella di avere equipe territoriali formate da figure stabili di almeno un assistente sociale e uno psicologo (e, ove possibile, un educatore professionale), che – soprattutto se si occupano di casi di maltrattamento e abuso – abbiano già maturato esperienza in altri settori e un adeguato curriculum formativo. Una delle criticità rilevate, infatti, è che il personale non sempre è sufficiente a sostenere la complessità del sistema, interessato da un elevato turnover e da risorse a volte inadeguate.
Altro obiettivo a cui puntare: un sistema di qualità del percorso assistenziale e clinico di tutela che garantisca il monitoraggio e la valutazione periodica di aderenza, da parte dei servizi, alle norme di legge e agli indirizzi regionali; da affiancare, a livello nazionale, a un sistema informativo di raccolta dei dati uniforme, che attualmente manca. Lo studio ha anche fatto emergere, come criticità non solo regionale, una valutazione clinica-diagnostica dei minori non sufficientemente sostenuta da conoscenze e procedure standardizzate, univoche e validate a livello scientifico.
Tra le necessità evidenziate anche quella di attivare su tutto il territorio equipe di secondo livello multidisciplinari, specialistiche sull’abuso e il maltrattamento, coordinate dalla Regione. Da applicare in modo più omogeneo anche un altro elemento previsto dalle Linee di indirizzo regionali, cioè il lavoro di prevenzione dell’allontanamento e di sostegno alle famiglie in situazione di vulnerabilità, anche attraverso un migliore utilizzo dei Centri per le famiglie, che rivestono un ruolo importante nella promozione di interventi di sostegno alla genitorialità.
Principali dati emersi
Tra le principali conclusioni tratte dalla Commissione anche confrontando i dati regionali con quelli nazionali ed europei, è che gli allontanamenti dei minori in Emilia-Romagna sono esattamente nella media nazionale: 2,6 allontanamenti su mille minorenni residenti, e nettamente inferiori a quelli di altri Paesi europei, che ad esempio nel caso di Inghilterra, Germania e Francia raggiungono rispettivamente 6,1, 9,6 e 9,5 su 1.000.
Il numero dei minorenni allontanati dal nucleo famigliare in Emilia-Romagna negli ultimi anni mostra un incremento del 4,2%, passando dai 2.181 del 2014 ai 2.272 del 2017. Va inoltre considerato che quando si parla di allontanamento si fa riferimento a diverse tipologie: parziale o a tempo pieno, parentale o etero famigliare, consensuale o giudiziale.
I dati evidenziano anche che in Emilia-Romagna l’affido in famiglia è nettamente la scelta privilegiata; nel 2017, infatti, sui 2.272 casi di allontanamento, i minorenni in affidamento famigliare erano ben più della metà: 1.432, contro 840 inseriti in comunità.
Per quanto riguarda lo standard di personale previsto dalle Linee di indirizzo regionali del 2014 (almeno 1 assistente sociale ogni 5.000 abitanti), risulta pienamente rispettato su tutto il territorio regionale, con una media di 1 assistente sociale per 3.250 abitanti.
***
I componenti la Commissione
La Commissione è composta da otto professionisti, che sono stati individuati dalla Regione su proposta dell’assessore alle Politiche per la Salute, Sergio Venturi. Oltre al coordinatore, Giuliano Limonta, neuropsichiatra infantile di grande esperienza e riconosciute capacità, ne fanno parte esperti di aziende sanitarie ed enti locali, studiose dell’Università di Bologna e due dirigenti regionali.
Giuliano Limonta, coordinatore: nato a Milano, 69 anni, dottore esperto neuropsichiatra infantile. Oggi in pensione, laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Milano, specializzato in Psichiatria all’Università di Pavia e perfezionato in Sociologia sanitaria presso l’Università degli Studi di Bologna, negli anni ha ricoperto l’incarico di direttore del Dipartimento di salute mentale e delle dipendenze patologiche dell’Azienda sanitaria di Piacenza e di coordinatore dei programmi aziendali per i disturbi del comportamento alimentare dell’area Vasta Emilia Nord (Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena).
Susi Pelotti, professoressa ordinaria e direttrice della Scuola di specializzazione di Medicina legale dell’Università di Bologna. È responsabile accademico del laboratorio di Genetica forense del Dipartimento Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna.
Francesca Mantovani, ricercatrice dell’Università di Bologna in Sociologia generale. Gli ambiti di ricerca di cui si occupa comprendono la valutazione delle capacità genitoriali nei casi di rischio e di pregiudizio da parte degli operatori impegnati nei servizi di protezione dell’infanzia e dell’adolescenza, la valutazione delle cure parentali attraverso l’utilizzo di strumenti e un lavoro multidisciplinare.
Filippo Dario Vinci, avvocato, responsabile dell’Ufficio metropolitano tutele del Comune di Bologna e coordinatore del Tavolo metropolitano sui temi tutelari.
Stefano Costa, dottore neuropsichiatra infantile, responsabile dell’unità operativa “Psichiatria e Psicoterapia dell’Età Evolutiva” nell’Azienda sanitaria di Bologna. Professore di Psicologia scolastica e di comunità dell’Università di Bologna, è segretario nazionale della sezione Psichiatria della Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza e membro del Consiglio direttivo nazionale della Società italiana di psicoterapia medica.
Pietro Pellegrini, psichiatra e psicoterapeuta direttore del Dipartimento assistenziale integrato di salute mentale dipendenze patologiche, direttore di Unità operativa complessa del Centro di salute mentale e di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Azienda sanitaria di Parma. È docente presso la Scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università di Parma oltre che vicepresidente della Consulta Salute Mentale della Regione Emilia-Romagna.
Provengono dalla Regione Emilia-Romagna le dottoresse Maura Forni, ex responsabile del Servizio politiche sociali e socio-educative ora in pensione, e Mila Ferri, dirigente dell’area Salute mentale e dipendenze patologiche presso il Servizio assistenza territoriale.