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Forsu-Biometano: presentate caratteristiche e percorso amministrativo dell’impianto a economia circolare di Reggio

Il progetto “Forsu-Biometano” per la realizzazione di un impianto di trattamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (organico domestico, sfalci e potature) con produzione di biometano e compost di qualità, che Gruppo Iren attraverso Iren Ambiente propone in un’area già destinata ad attività produttive a Gavassa, è una scelta strategica di Reggio Emilia per la sostenibilità e la lotta ai cambiamenti climatici.

L’investimento per la sua realizzazione, pari a 54 milioni di euro, è il più consistente, in termini economici, e fra i più rilevanti in termini ecologici, tra quelli realizzati a Reggio Emilia negli ultimi 20 anni.

Le caratteristiche del progetto e il suo percorso amministrativo sono stati presentati stamani in una conferenza stampa dai sindaci di Reggio Emilia Luca Vecchi, di San Martino in Rio Paolo Fuccio e di Correggio Ilenia Malavasi, rappresentanti dei comuni interessati dall’impianto. Durante l’incontro con la stampa, a cui erano presenti anche il vicesindaco con delega alla Rigenerazione urbana e all’Area vasta Alex Pratissoli e l’assessore alle Politiche per la Sostenibilità con deleghe ad Ambiente e Agricoltura Carlotta Bonvicini, l’amministratore delegato di Iren Ambiente, Roberto Paterlini ha risposto ad alcuni quesiti tecnici dei giornalisti.

ECONOMIA CIRCOLARE PER CONTRASTARE I CAMBIAMENTI CLIMATICI – “Forsu-Biometano” rappresenta una infrastruttura fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici, sia per garantire il riciclo di alte percentuali di raccolta differenziata sul territorio provinciale, sia per l’immissione in rete di biometano e l’assorbimento di rilevanti quantitativi di anidride carbonica.

Si tratta di un investimento virtuoso non solo dal punto di vista della sostenibilità ambientale, ma anche sotto il profilo dell’economia circolare: il progetto non prevede infatti ‘scarti’ bensì il riuso dei rifiuti organici in chiave energetica e come ammendanti in agricoltura.

E’ un impianto che consente di chiudere il ciclo della gestione complessiva dei rifiuti oggi caratterizzato, a Reggio Emilia, da una raccolta differenziata che si attesta oltre l’80%.

Il territorio reggiano produce oltre 30.000 tonnellate di rifiuto organico all’anno, che viene avviato al recupero in impianti di altre province, anche fuori regione. Per rendere maggiormente sostenibile questo ciclo, occorre inserire i rifiuti in una logica di economia circolare, tenendo sempre come obiettivo principale la riduzione della produzione dei rifiuti stessi.

A COSA SERVE – Quello previsto a Reggio Emilia è un impianto che trasforma il rifiuto già differenziato (la Forsu, Frazione organica del rifiuto solido urbano, costituita dai resti organici di alimenti e dagli sfalci verdi, e quindi non da plastica o altri rifiuti) in energia rinnovabile, ovvero biometano quale prodotto finale di un processo che consente di ricavarlo dal biogas, e compost di qualità.

E’ utile sottolineare che il prodotto finale del processo non è digestato, bensì compost e che tutto il biogas prodotto viene raffinato a biometano, analogo al metano di origine fossile distribuito in rete, con totale recupero anche della CO2 per usi industriali.

BIOMETANO E COMPOST: LE VIRTÙ DELLA FORSU – Dalla frazione organica (Forsu), si ricava biometano per usi energetici (riscaldamento, autotrazione), nel solco delle politiche della low carbon economy.

Dal processo di trattamento si produce anche compost di qualità per l’agricoltura e la florovivaistica: il prodotto finale, classificato dalla normativa sui fertilizzanti come ammendante compostato misto, deve infatti soddisfare specifici e rigorosi criteri di qualità agronomica e biologica.

L’energia prodotta e immessa nei diversi sistemi distributivi, seguendo i criteri dell’economia circolare, può ad esempio:

– coprire il fabbisogno di gas naturale per riscaldamento domestico di circa 10.000 persone;

– alimentare 190 autobus per il trasporto pubblico;

– alimentare 7.600 autovetture;

Per i mezzi e gli impianti che utilizzeranno il biometano, l’impatto ambientale delle emissioni sarà nullo provenendo da fonte completamente rinnovabile;

L’utilizzo di questo tipo di energia – e non di quella prodotta da combustibili fossili – eviterà inoltre l’immissione in atmosfera di circa 14.000 tonnellate di CO2, corrispondenti all’assorbimento di 2.500 ettari di bosco.

COME È FATTO E COME FUNZIONA – L’impianto “Forsu-Biometano” è previsto su un area produttiva già destinata a tale uso in passato sia dalla pianificazione urbanistica comunale, sia da quella provinciale sin dal 2013.

L’area complessiva impegnata è di 17 ettari, di cui 27.500 metri quadrati per gli edifici destinati ad ospitare l’impiantistica e 7.650 metri quadrati come superfici accessorie.

L’area è dotata di adeguati collegamenti stradali con la viabilità principale della città e del territorio ed è baricentrica rispetto alle produzioni di frazione organica (Forsu) delle due province servite di Reggio Emilia e Parma.

Il traffico medio di mezzi pesanti è previsto aumenti di 20 unità al giorno rispetto al traffico già presente sul territorio provinciale per la raccolta Forsu e Giroverde.

Il compostaggio e la digestione anaerobica della Forsu avvengono in ambienti confinati e controllati, ove viene garantito l’abbattimento delle emissioni odorigene in tutte le fasi del ciclo di lavorazione.

Nella progettazione sono state previste tecniche di aspirazione delle arie esauste e di abbattimento delle emissioni odorigene, con sistemi avanzati di filtrazione. L’impianto rispetta le migliori tecnologie disponibili e comprenderà un percorso didattico per la visita delle scuole e dei cittadini.

La durata del processo produttivo è stimata in complessivi 90 giorni, come previsto dalla normativa vigente.

L’impianto si articola su di uno schema ‘a blocchi’. La Forsu viene dapprima sottoposta ad un pre-trattamento per rimuovere le sostanze non compostabili, a cui seguono, per la filiera di produzione del biometano, la digestione anaerobica, l’upgrading del biogas e quindi la produzione ed immissione nella rete di distribuzione di oltre 9 milioni di metri cubi di biomentano.

Tutto il biogas prodotto viene raffinato a biometano, analogo, come detto, al metano di origine fossile distribuito in rete con recupero anche della CO2 per usi industriali (food grade).

La struttura prevede 4 digestori della capacità di circa 2.000 metri cubi ciascuno.

Per la filiera di produzione del compost, alimentata da sfalci e potature, si prevede un ‘blocco’ di stabilizzazione aerobica in biocelle e di maturazione a cui segue la fase di raffinazione da cui si ottiene la produzione delle 53.000 tonnellate di compost di qualità all’anno, che vengono destinati al soddisfacimento di richieste dal mondo agricolo, per rinforzare terreni scarsi di nutrienti fuori provincia.

Gli scarti del trattamento costituiti dal materiale non compostabile verranno inviati a recupero energetico o a smaltimento.

L’impianto prevede 20 biocelle del volume utile di circa 650 metri cubi ciascuna e altezza massima di 3 metri. La permanenza dei rifiuti nella sezione aerobica di biossidazione è di circa 15 giorni. Successivamente vi è la fase di maturazione della durata di circa 50 giorni.

Tutte le lavorazioni sono effettuate in ambienti confinati e l’aria viene trattata con scrubber (depuratore) e biofiltri, onde evitare odori o emissioni indesiderate.

Le arie trattate sono convogliate in condotte alte 25 metri, che non sono perciò camini, che espellono fumi, ma semplici diffusori in quota.

Il trattamento anaerobico, per l’estrazione del biogas, ha anche l’effetto positivo di ridurre in maniera significativa il potenziale odorigeno del materiale, che viene poi sottoposto a stabilizzazione aerobica.

ACCORDO DI AUTOLIMITAZIONE E APPROVAZIONE FINALE DELL’AUTORIZZAZIONE – Dopo la raccolta dei pareri da parte della Conferenza dei Servizi lo scorso 18 ottobre (i lavori termineranno formalmente il 6 novembre prossimo), il progetto, corredato degli elaborati di variante agli strumenti urbanistici – Piano strutturale comunale e Regolamento urbanistico edilizio – del Comune di Reggio Emilia e del testo dell’Accordo territoriale tra gli Enti coinvolti (oltre a Reggio Emilia, anche San Martino in Rio e Correggio), viene presentato stasera alla Commissione consiliare comunale di Reggio Emilia.

I Consigli comunali di Reggio Emilia, San Martino in Rio e Correggio saranno poi chiamati a deliberare su:

– Accordo di autolimitazione: i tre Comuni e Iren si impegnano a conferire annualmente nell’impianto la quantità di Forsu prodotta nelle due sole provincie di Reggio Emilia e Parma; nel 2018 la Forsu prodotta in questi territori è stata pari a circa 80.000 tonnellate.

– Accordo territoriale e Variante urbanistica: contestualmente all’inserimento dell’impianto nella programmazione urbanistica, i Comuni si impegnano a cancellare 58,6 ettari di aree potenzialmente produttive in territorio agricolo.

Inoltre l’accordo prevede, per un importo complessivo di 2,85 milioni di euro di cui 1,3 milioni di euro in Comune di Reggio Emilia, misure di mitigazione, compensazione e miglioramento della qualità ambientale del sistema insediativo nella frazione di Gavassa, tra cui:

– interventi di nuove piantumazioni in particolar modo lungo i percorsi ciclopedonali;

– opere di riqualificazione e moderazione su via Fleming presso l’Area per servizi di quartiere (scuola, zona sportiva, chiesa) e su via Vertoiba-via Lenin;

– interventi di efficientamento energetico e messa in sicurezza dell’accessibilità alla scuola comunale di Gavassa;

– opera di forestazione urbana in zona autostrada (area via Morucci-via Caduti muro di Berlino).

La Regione Emilia-Romagna approverà il progetto con deliberazione di Giunta entro fine novembre 2019.

NULLA OSTA SANITARI – Il percorso, a livello regionale, della Conferenza dei Servizi, che ha valutato il progetto Forsu-Biometano nei suoi diversi aspetti, ha raccolto i pareri favorevoli delle autorità sanitarie e di tutela dell’ambiente: tali autorità non hanno segnalato motivi ostativi all’approvazione del progetto, con prescrizioni per mitigazioni e monitoraggio.

FILIERA DEL PARMIGIANO-REGGIANO – Viene riservata la massima attenzione alla filiera agroalimentare, con particolare riguardo ai prodotti tipici, a cominciare dalla produzione di Parmigiano-Reggiano.

Nello specifico, il quadro complessivo degli approfondimenti svolti ha consentito alla Regione Emilia-Romagna, titolare dell’autorizzazione finale alla costruzione dell’impianto, di formulare un parere sulla compatibilità dell’impianto stesso rispetto al disciplinare di produzione del Parmigiano-Reggiano, in quanto la scelta tecnologica di realizzare in sequenza un processo “anaerobico” e successivamente “aerobico” genera un abbattimento dei clostridi nel digestato e nel compost prodotto pari al 94.6%, ovvero in linea con quelli normalmente presenti nei letami bovini che vengono abitualmente utilizzati per la concimazione dei terreni.

In particolare, la Regione cita una ricerca del 2015, svolta dall’Istituto di microbiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e Crpa, con il supporto del Consorzio italiano biogas e dei Consorzi di tutela del Parmigiano-Reggiano e del Grana Padano: “L’esito delle analisi ha evidenziato che il numero di spore di specie clostridiche presenti nei vari digestati esaminati non varia in maniera statisticamente significativa rispetto ai differenti mix delle matrici organiche utilizzate per il processo di digestione anaerobica e si aggira su valori analoghi a quelli già presenti nei letami in ingresso.

“Nel caso del progetto di impianto in oggetto (quello previsto a Gavassa di Reggio Emilia, ndr), il digestato da Forsu viene inoltre sottoposto ad un successivo trattamento aerobico per la produzione di compost, trattamento che per le sue caratteristiche comporta un forte abbattimento dei ceppi batterici che necessitano di condizioni anaerobiche, come appunto quelli del genere Clostridium”.

Dalla ricerca, sottolinea la Regione, emerge che la percentuale media di abbattimento alla fine del processo di compostaggio è pari al 94,6%.

E pertanto, conclude la Regione, “non si rileva una incompatibilità dell’impianto né con i criteri di cui alla delibera dell’assemblea legislativa regionale n.51/2011, né con il disciplinare di produzione del Parmigiano-Reggiano che pone limitazioni al solo utilizzo di insilati”.

 

 

















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