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Cia Reggio denuncia la preoccupante carenza di manodopera stagionale nei campi

“Preoccupante carenza di manodopera stagionale nei campi reggiani: il lavoro c’è, manca chi lo fa”. A lanciare l’allarme è Antenore Cervi, presidente Cia Reggio, che si fa portavoce delle numerose istanze giunte dai soci agricoltori nelle ultime settimane. E la difficile situazione rischia di favorire la diffusione del caporalato anche sul nostro territorio.

“Gli imprenditori cercano disperatamente lavoratori ma non ne trovano – entra subito nel dettaglio Cervi -. Il ricorso alla mano d’opera per la raccolta della frutta è infatti sempre più problematica, per non parlare del personale specializzato in grado di guidare il trattore o fare trattamenti. E il problema non riguarda solo gli italiani: oggi è altrettanto difficile reperire operai agricoli stranieri. È un problema che deve essere affrontato con urgenza: l’agricoltura reggiana soffre infatti già per gli effetti dei cambiamenti climatici, dei prezzi di frutta e verdura, della burocrazia asfissiante e della spietata concorrenza dei mercati stranieri. Questa nuova mazzata proprio non ci voleva…”.

Le cause della carenza sono molteplici. Per quanto riguarda i lavoratori italiani, “sono in continuo calo coloro che sono disposti a lavorare in campagna. E questo anche a causa del reddito di cittadinanza che spinge molti a preferire il divano. Con l’eliminazione dei voucher è poi stata persa una grossa fetta di studenti che nei mesi di vacanza si precipitavano nei campi per guadagnarsi qualche soldo, approfittando delle varie campagne di raccolta. E gli anziani disposti a lavorare nella raccolta ogni anno calano a causa dell’aumentare dell’età e degli acciacchi”.

Oramai sono rari i casi di italiani impiegati come braccianti nei campi. Le imprese agricole negli anni scorsi hanno cercato così di colmare le lacune ricercando manodopera straniera. Ma quest’anno hanno trovato grosse difficoltà. “Incide pesantemente il numero di ingressi drasticamente ridotto – spiegano da Cia -. E osserviamo anche che chi veniva prima da fuori confine ora preferisce andare in altri Paesi europei”. L’associazione rileva le difficoltà nel fare ricorso a lavoratori stranieri, anche per le difficoltà nell’affrontare trasferte lunghe: “Occorre dare loro certezze di lavoro durature, almeno due o tre mesi, ma non sempre le aziende sono in grado di garantire occupazione per un periodo lungo, a causa anche della volatilità dei mercati. Se un prodotto ha basse quotazioni l’imprenditore può anche decidere di interrompere la raccolta perché diventa anti economica”.

Cia ricorda poi che i costi del lavoro sono più alti in Italia rispetto ad altri Paesi europei con vocazione ortofrutticola come la Spagna: “Le aziende reggiane nella voce “costo del lavoro” non possono competere con altre nazioni europee, come ad esempio la Spagna, che ha oneri sui dipendenti che incidono dell’11% contro il 23% di quelli italiani».

La complessa situazione rischia di favorire “piaghe come il caporalato, che dal settore zootecnico dove ci sono stati preoccupanti tentativi di infiltrazione potrebbe ora espandersi anche a quello della raccolta della frutta. Un fenomeno indegno che si regge sullo sfruttamento dei più deboli e che deve essere contrastato con ogni mezzo”, conclude Cervi.

















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