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Mirandola, solidarietà del Comune alla ragazza esclusa dalla palestra perché porta il velo

Il Comune esprime solidarietà e vicinanza a Khadija Tajeddine, cittadina mirandolese e italiana, presidente del locale Comitato per la Pace, che venerdì 26 aprile è stata esclusa da una palestra privata mirandolese perché portava il velo. «La decisione del titolare della palestra – spiega l’Amministrazione comunale – è inaccettabile, perché lede i diritti fondamentali sui quali si basa la nostra convivenza civile. Purtroppo siamo di fronte all’ennesimo frutto avvelenato di chi, ogni giorno, semina odio e paure».

Khadija è nata in Marocco 28 anni fa. Dal novembre 1999 vive in Italia. Dal 2016 è cittadina italiana. Dopo il diploma all’Istituto “Luosi”, ha frequentato l’Università degli Studi di Bologna, dove si è laureata in Lingue e Letterature Straniere (triennale) e in Relazioni internazionali (magistrale). Durante gli studi ha sempre lavorato in diverse aziende e società del territorio e ha svolto attività come educatrice. Attualmente è interprete e mediatrice culturale.

L’Amministrazione comunale ha già incontrato la giovane, alla quale ha assicurato supporto per ogni azione che intendesse intraprendere per far valere i suoi diritti (la palestra, va ricordato, svolge un servizio pubblico, sebbene sia gestito da privati). Da parte sua Khadija, da tempo impegnata attivamente, a Mirandola, per promuovere una cultura di pace, rispetto e convivenza, non ha intenzione di far passare sotto silenzio l’episodio, che ha riassunto in una lettera indirizzata al Sindaco:

«Le sto scrivendo per un episodio che ho vissuto venerdì, un episodio che non caratterizza Mirandola, la mia Mirandola, e i suoi abitanti. Venerdì mi sono recata in una palestra per iscrivermi e usufruire dei suoi servizi, il proprietario, mirandolese, ha rifiutato la mia iscrizione poiché mi vesto in modo poco “occidentale”. Ho chiesto più chiarimenti ed egli ha risposto che nella sua palestra non iscrive Batman o suore, alludendo al velo che copre il mio capo, ma senza indicarlo in modo diretto, egli ha continuato ad alludere a persone mascherate e suore, senza darmi una ragione e ha concluso dicendo «mia palestra, mie regole». Ho cercato di spiegargli e fargli vedere che sono una ragazza “all’occidentale”, e chi mi conosce sa benissimo che non giro con i “tipici” vestiti neri, lunghi e larghi. Sono una ragazza che conosce la legge, la Costituzione e i suoi principi e i suoi precetti, e ciò che mi è successo non ha scusanti. È difficile descrivere la mia sensazione, un misto di rabbia, delusione e tristezza. Vorrei condividere questo episodio con lei e denunciare questo atto di razzismo inspiegabile».

 

















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