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La sfida alla povertà degli empori solidali: cibo, vestiti, giocattoli, materiale didattico e tanto altro per le persone di difficoltà

Piccoli supermercati, dove persone e famiglie in difficoltà economica possono recarsi per scegliere prodotti in base ai propri gusti e necessità, acquisendoli gratuitamente tramite una tessera punti, rilasciata dall’Ente che li gestisce.

Sono gli Empori solidali, di cui si parla oggi nel corso di un convegno a Casalecchio di Reno (Bo); ed è proprio di questi giorni la notizia del rinnovo, da parte della Regione, del protocollo d’intesa sottoscritto per la prima volta nel 2017 per sostenere gli empori e promuovere la loro diffusione sul territorio. Quest’anno tra i firmatari, oltre ad Anci Emilia-Romagna, i soggetti aderenti alla ‘Rete Empori solidali’ e l’Associazione Csv Emilia-Romagna Net, anche le Organizzazioni sindacali.

“Un processo, quello degli empori, in continuo divenire- sottolinea la vicepresidente e assessore al Welfare, Elisabetta Gualmini- come dimostra il numero crescente di strutture attive in Emilia-Romagna. Con le attuali ventidue e altre due di prossima apertura, la nostra è tra le regioni che ne contano di più, seconda solo alla Lombardia, a dimostrazione dell’effettiva validità di una formula creata per offrire un aiuto dignitoso e un’occasione di ‘rigenerazione sociale’ a chi si trova in condizioni di indigenza. Come Regione continueremo a sostenere e promuovere la rete di queste realtà, che- conclude Gualmini- rappresentano una risorsa fondamentale nel nostro welfare regionale e si collocano a pieno titolo nell’alveo del sistema delle politiche di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale”.

Cosa c’è negli empori solidali
La varietà di beni in distribuzione è ampia: pasta, biscotti, scatolame, generi freschi, surgelati, ortofrutta. Poi giocattoli e materiale per la scuola, prodotti per l’igiene della persona e della casa, alimenti per animali.

Da Parma a Rimini, sono già 22 gli empori solidali attivi in Emilia- Romagna, il 12% di quelli, 178, presenti sul territorio nazionale; altri due, uno a Piacenza e uno a Lugo (Ra), apriranno entro l’anno. E dal 2010, quando a Parma inaugurò la prima struttura, a giugno 2018 le famiglie assistite sono state oltre 10mila. 136 le organizzazioni non profit (associazioni di volontariato, cooperative sociali, Caritas e altri gruppi ecclesiastici) che in questi 8 anni sono state coinvolte nel funzionamento delle strutture, dall’approvvigionamento alla distribuzione; 376 le aziende fornitrici di beni alimentari e non. Quasi mille, infine, i volontari che hanno messo a disposizione tempo e impegno per far funzionare al meglio questa realtà.

Assieme al sostegno materiale, gli Empori offrono ascolto, orientamento verso altri servizi, formazione, consulenze al credito e alla gestione domestica, opportunità di socializzazione e molto altro ancora. Ciascun emporio stabilisce le regole di accesso alla propria struttura: di norma, occorre risiedere nel territorio in cui ha sede e dichiarare un Isee tra i 3.000 e i 10.000 euro e, comecriterio di priorità per ricevere la tessera punti, essere rimasti senza lavoro, essere iscritti a un Centro per l’impiego e avere a carico figli minorenni.

Come funzionano gli empori solidali
Per quanto riguarda l’approvvigionamento, gli empori dell’Emilia-Romagna ricorrono come prima fonte al Banco Alimentare (Fondazione che si occupa della raccolta di cibo e recupero delle eccedenze alimentari), che nel 2018 ha ricevuto dalla Regione un finanziamento di 20mila euro per realizzare un progetto finalizzato ad aumentare le donazioni delle eccedenze da parte delle aziende emiliano-romagnole. Altre fonti di rifornimento sono l’acquisto diretto della merce e le collette alimentari, realizzate facendo leva su una rete di ‘donatori’ che coinvolge produttori, grandi e piccoli distributori e ristoratori, per ampliare il più possibile l’offerta.

Il personale, impegnato in diverse funzioni – dall’allestimento alla cassa, all’accoglienza delle persone – è quasi tutto volontario. Ci sono anche mansioni più delicate, di solito ricoperte da dipendenti, come il reperimento delle merci, talvolta in grandi quantità, che vanno trasportate, stoccate, conservate correttamente e distribuite.

Dove sono
L’Emilia-Romagna è l’unica regione in Italia nella quale, nel 2017, gli empori si sono riuniti in una rete strutturata: “Gli empori solidali dell’Emilia-Romagna”, che mette insieme realtà anche molto diverse fra loro per dimensioni e caratteristiche, per rispondere in modo omogeneo a problematiche come la povertà alimentare, il recupero delle le eccedenze di cibo e l’aiuto a persone in difficoltà economica.

I 22 empori, distribuiti su tutto il territorio regionale, sono:3 a Parma (capoluogo, Borgo Val di Taro, Lesignano de’ Bagni), 2 a Reggio Emilia (capoluogo e Guastalla), 5 a Modena (capoluogo, Medolla, Sassuolo, Soliera, Vignola), 7 a Bologna (3 nel capoluogo, Casalecchio di Reno, Imola, Minerbio, San Lazzaro di Savena), 2 a Ferrara (capoluogo, Codigoro), 1 rispettivamente a Ravenna, Forlì e Rimini;  entro il 2019 apriranno gli empori di Piacenza e Lugo (RA).

Gli empori in Italia: il Rapporto di Caritas e CSVnet
Come racconta il primo rapporto di Caritas italiana e Csvnet (associazione dei centri di servizio del volontariato), presentato in regione per la prima volta oggi durante il convegno, gli empori solidali attivi in Italia sono 178 distribuiti in 19 regioni, e almeno altri 20 sono pronti a partire entro il 2019; in proporzione alla popolazione, è l’Emilia-Romagna quella che ne conta il maggior numero. Dal 1997 a metà 2018 oltre 99mila famiglie e 325 mila persone (il 44% delle quali straniere) hanno frequentato gli empori; oltre 5mila i volontari che hanno prestato servizio.

Nella quasi totalità dei casi gli empori sono gestiti da organizzazioni non profit, spesso in rete fra loro: più della metà (52%) è gestito da associazioni (in maggioranza di volontariato); il 35% da enti ecclesiastici diocesani o parrocchie; il 10% da cooperative sociali e il 3% (in tutto 5 empori) da enti pubblici.

Un ruolo molto importante è quello svolto dalle Caritas diocesane, coinvolte in 137 empori;i Centri servizi volontariato svolgono un servizio di supporto al funzionamento in 79 strutture. La prevalenza delle aperture è concentrata in due, tre giorni infrasettimanali; 37 empori sono aperti anche il sabato, 5 dei quali esclusivamente in questo giorno.

















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