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Bene l’agricoltura reggiana nel 2018, ma si annuncia un 2019 d’incognite

“San” Parmigiano Reggiano ha fatto ancora da architrave dell’agricoltura reggiana nel 2018, che a consuntivo presenterà un quadro ancora positivo, dopo i livelli record del 2017: 701 milioni il valore prodotto in quell’anno, che sarà probabilmente superato in quello appena trascorso, dalle 6mila aziende agricole della provincia. E’ il dato generale uscito dall’Assemblea annuale di CIA – Agricoltori Italiani tenutasi sabato scorso al Tecnopolo di Reggio.

Il “Re dei formaggi” nel 2018 ha raggiunto quotazioni all’origine da record: negli ultimi mesi ha superato gli 11 euro per chilogrammo, questo farà aumentare il valore del prodotto nell’annata, nonostante la sintesi di fine anno segnali che per la provincia di Reggio fa registrare un lieve calo produttivo (-0,4%), al contrario del resto del comprensorio che ha chiuso l’anno con un aumento nell’ordine dell’1,5-2%. Le prospettive restano buone anche per l’anno in corso per i 954 allevatori reggiani che conferiscono il latte a 92 caseifici che lo trasformano nel pregiato formaggio. La problematica importante riguarda l’adattamento di diversi allevamenti alle prassi che garantiscano il miglior benessere degli animali. Antenore Cervi, presidente CIA, nella sua relazione ha affrontato anche il ‘caso’ lisozima per il Grana Padano, ricordando che il ricorso al Tar è stato presentato dal Consorzio P-R con l’ok delle Associazioni, ben prima che la notizia approdasse nei media.

In zootecnia è andato discretamente anche il settore suinicolo, che tuttavia presenta quotazioni in calo negli ultimi mesi, per cui il risultato finale del 2018 non raggiungerà i circa 100 milioni di valore prodotto l’anno prima. Cervi ha anche ricordato che a metà degli anni 80 del secolo scorso Reggio sfiorava i 900mila capi presenti, mentre l’anno scorso ne sono stati contati 263mila.

Il vitivinicolo ha visto l’ultima vendemmia ritornare ad un raccolto nella media dell’ultimo decennio dopo quella condizionata dal gelo l’anno prima, questo però ha fatto calare notevolmente le quotazioni, soprattutto del lambrusco, cosicché se il riparto delle cantine nel 2018 ha visto pagare dai 50 ai 62 euro per q.le ai soci, con punte oltre i 70 per l’uva Ancellotta, anche in questo caso si prevedono risultati inferiori. Resta quindi il tema della maggior valorizzazione dei vini, che – ha ricordato nel corso della tavola rotonda svoltasi nella seconda parte dell’Assemblea – il direttore di Riunite e Civ Vanni Lusetti presenta delle debolezze ed ha ampi margini di miglioramento.

Tra gli altri comparti, il settore cerealicolo ha visto aumento di produzione del frumento, soprattutto grazie alle maggiori semine, con risultati produttivi ed economici tuttavia deludenti, come il mais, che vede diminuire sempre più le superfici seminate, seppur il 2018 abbia visto una resa produttiva notevolmente aumentata. Infine, l’apicoltura ha visto produzioni ridotte per tutte le tipologie, quasi azzerata la produzione di acacia, in forte calo anche tiglio e millefiori, causa di un andamento stagionale sfavorevole.

Un’agricoltura quindi quella reggiana, che presenta punti di forza che garantiscono sufficiente redditività alle produzioni principali, e che guarda all’Europa ed alle sue politiche con speranza e qualche apprensione. Se infatti l’on. Paolo De Castro – intervenuto via skype – cerca di tranquillizzare i produttori informando che la nuova Pac 2021-27 non sarà approvata nella legislatura europea che sta per finire, quindi la discussione potrebbe tornare in alto mare, ma nel periodo transitorio saranno confermati gli attuali livelli di pagamenti, il prof. Gabriele Canali dell’Università di Piacenza sottolinea che nessuno in Italia sta affrontando in modo adeguato i contenuti della riforma, che ritiene troppo ‘appiattita’ sul fattore terra, quando la nostra agricoltura dovrebbe chiedere di premiare anche i fattori capitale e lavoro. Il presidente nazionale di CIA Dino Scanavino a sua volta è stato molto critico sull’incapacità della Commissione Ue e del Parlamento di portare a termine la riforma in tempi utili, perché questo vuol dire restare con norme vecchie di 10 anni e non sempre adeguate all’agricoltura che cambia, oltre per certi aspetti a penalizzare i nostri produttori.

La tavola rotonda finale – moderata dal direttore di Telereggio Mattia Mariani – ha visto gli interventi anche dell’on. Antonella Incerti della commissione Agricoltura della Camera e di Ivano Chezzi, presidente di Granterre e vice della nuova realtà Bonterre.
















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