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Pomodoro da industria, Confagri E.Romagna: “A rischio 24.140 ettari coltivati in regione”

«Il quadro che emerge dalla retrospettiva degli ultimi anni è molto buio – ha spiegato Giovanni Lambertini, presidente della sezione Pomodoro da industria di Confagricoltura Emilia Romagna al tavolo agricolo, ieri a Parma, dedicato all’avvio della trattativa per la campagna del pomodoro da industria -. Le aziende agricole, quando è andata bene, hanno a mala pena coperto i costi produttivi, anche la scorsa campagna si è chiusa in perdita e gradualmente si va verso un nuovo orientamento delle produzioni destinando minori superfici a pomodoro».

A confermare il trend anche i dati produttivi che tracciano una progressiva disaffezione alla coltura con un calo, nel 2018, del 6% degli ettari dedicati. «Avanti così e la filiera non reggerà» ha rimarcato Lambertini. A essere sotto scacco uno dei più importanti comparti dell’agroalimentare italiano: a livello nazionale sono stati 61mila gli ettari destinati alla coltura, 4,6 milioni le tonnellate di pomodoro trasformato. Il 50% del pomodoro in Europa si lavora in Italia. Il 14% della produzione mondiale di pomodoro si fa in Italia. L’Emilia-Romagna, anche nel 2018, è stata la regione con la quota più consistente di superfici coltivate a pomodoro da industria pari a 24.140 ettari (Piacenza con 9.962 ettari è capofila).

«Se la trattativa non porterà a un riposizionamento significativo del prezzo alla produzione – continua Lambertini – proseguirà il calo delle superfici dedicate e non si riusciranno a garantire i quantitativi necessari al pieno funzionamento degli stabilimenti di trasformazione. E’ indispensabile rivedere i criteri di contrattazione lungo la filiera, ma soprattutto nei confronti dell’industria». Se si pensa che un piatto abbonante di pasta al pomodoro (considerando un costo medio della pasta di € 1.20/kg e della passata di pomodoro di € 2.00/kg) al consumatore costa 28 centesimi, anche un incremento del 30% del costo della passata non inciderebbe sulla possibilità di garantire un pasto a costi contenuti (rimanendo comunque sotto i 33 centesimi). Per contro, questi cinque centesimi in più rappresenterebbero la sopravvivenza di settore.

«Prima di tutto va riconosciuta alla produzione la giusta marginalità; inoltre, deve cessare l’uso discriminatorio che si è troppo spesso fatto delle tabelle qualitative divenute uno strumento per cercare di riposizionare i prezzi in funzione dell’andamento stagionale. Dato che tutta la filiera concorda sull’importanza dell’aspetto qualitativo, torniamo a chiedere che vengano adottati parametri condivisi chiari, oggettivi ed eventualmente garantiti da enti terzi», conclude il presidente della sezione Pomodoro da industria di Confagricoltura Emilia Romagna.

 

















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