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Procedure più rapide per definire lo stato di emergenza e nuove risorse in arrivo con il Fondo regionale di protezione civile

Procedure più rapide per definire lo stato di emergenza; potenziamento della fase di prevenzione e pianificazione, facendo ordine tra i diversi livelli di competenze a livello territoriale; una distinzione più netta tra le attività di indirizzo politico e quelle di gestione tecnica, amministrativa e operativa. E ancora: nuove risorse in arrivo con il Fondo regionale di protezione civile, che torna ad essere finanziato dallo Stato per contribuire al potenziamento del sistema di protezione civile regionale e concorrere agli interventi di carattere regionale; valorizzazione del ruolo del volontariato e della comunicazione ai cittadini.  Sono alcune delle novità più significative introdotte dal nuovo Codice della Protezione civile, approvato il 29 dicembre scorso dal Consiglio dei ministri con decreto legislativo n. 1/2018, in vigore dal febbraio scorso.

Del Codice e delle nuove prospettive che apre si è discusso questa mattina in un convegno presso la sede del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna, alla presenza di sindaci, volontari, forze dell’ordine, Vigili del fuoco, esponenti della comunità scientifica e di tutti i settori coinvolti nel sistema regionale di protezione civile. Hanno preso la parola, tra gli altri, Fabrizio Curcio, consigliere della Presidenza del Consiglio dei ministri; Paola Gazzolo; assessore regionale alla Protezione civile; Angelo Borrelli, capo dipartimento nazionale della Protezione civile; Maurizio Mainetti, direttore dell’Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile, Fabio Fecci, presidente Anci (Associazione nazionale comuni italiani) Emilia-Romagna e Volmer Bonini, presidente della Consulta regionale del volontariato.

“Il nuovo Codice- ha sottolineato Gazzolo- porta anche la firma della Regione Emilia-Romagna, che ha partecipato attivamente alla sua stesura, mettendo a disposizione del Paese il proprio patrimonio di conoscenze, esperienze e buone prassi per farlo diventare valore condiviso. Il Codice e le proposte emerse dagli Stati generali del volontariato dell’Emilia-Romagna che si sono svolti lo scorso anno sono i pilastri su cui deve fondarsi il dibattito in vista della revisione della legge regionale.  Il metodo che intendiamo mettere in campo è quello della partecipazione: definiremo il nuovo modello operativo regionale senza calare nulla dall’alto, ma aprendoci al dialogo e all’ascolto di tutti gli attori del sistema: più la nuova legge sarà partecipata, più saprà essere innovativa e al passo con i tempi”.

Le novità

Illustrate da Roberto Giarola e Paola Aiello, rispettivamente coordinatore e segretaria dell’apposito gruppo di lavoro costituito presso il dipartimento nazionale della Protezione, le novità del Codice in primo luogo riguardano la definizione più precisa e puntale della catena di comando e di controllo in caso di emergenza, per stabilire con precisione “chi fa cosa”.

Cambia anche la gestione delle emergenze di rilievo nazionale, che saranno affrontate secondo tre diverse fasi: la dichiarazione dello “Stato di mobilitazione”, che consente un intervento del sistema nazionale anche in fase preventiva; la “Dichiarazione dello stato di emergenza”, con la definizione di un primo stanziamento per le attività di soccorso e di assistenza alla popolazione; infine l’individuazione delle ulteriori risorse necessarie per proseguire le attività, a seguito della valutazione dell’effettivo impatto dell’evento.

Altra importante novità: raddoppia – da 12 a 24 mesi  – la durata della dichiarazione di stato di emergenza. Infine viene introdotto inoltre un coordinamento delle norme in materia di volontariato, definendo in maniera più chiara i gruppi comunali di protezione civile e dando risalto alla partecipazione dei cittadini.

A livello nazionale, la prossima tappa sarà l’emanazione di apposite direttive del Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni. Una di queste direttive andrà senz’altro dedicata al cosiddetto “ambito ottimale degli interventi”, cioè l’area territoriale che in base alle caratteristiche fisico-morfologiche, alla densità abitativa e alle dimensioni è quella in cui possono essere organizzate in modo più efficiente le funzioni e le attività di protezione civile. Vari interventi hanno poi richiamato la necessità di dotare l’Italia di una legge nazionale sulle grandi emergenze

















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