Con l’agricoltura sociale è possibile un nuovo modello di welfare che vede l’agricoltura protagonista con progetti dedicati esplicitamente ai soggetti più vulnerabili che devono fare spesso i conti con servizi non all’altezza delle necessità.
E’ quanto ha detto Lorella Ansaloni, responsabile nazionale e provinciale di Coldiretti Donne Impresa, nel corso del convegno “Agricoltura sociale: coltiva l’inclusione!” che si è tenuto oggi a Finale Emilia (Modena) promosso dal Servizio Sanitario Regionale della Regione Emilia Romagna, dal Centro di Salute Mentale di Mirandola in collaborazione con l’Istituto Tecnico Agrario Calvi di Finale Emilia.
“L’agricoltura sociale – ha sottolineato Ansaloni – è la nuova frontiera per le imprese agricole che mentre si aprono a nuove opportunità di reddito offrono servizi utili alla collettività. Le imprese femminili, in particolare, vi trovano una naturale collocazione per l’attitudine alla cura e all’inclusione innata nelle donne. Con l’agricoltura sociale siamo di fronte alla punta più avanzata della multifunzionalità che Coldiretti ha fortemente sostenuto per avvicinare le imprese agricole ai cittadini e conciliare lo sviluppo economico con la sostenibilità ambientale e sociale. Una svolta epocale – ha sottolineato la responsabile delle imprenditrici agricole di Coldiretti – con la quale si riconosce che nei prodotti e nei servizi offerti dall’agricoltura non c’è solo il loro valore intrinseco, ma anche un bene comune per la collettività fatto di tutela ambientale, di difesa della salute, di qualità della vita e di valorizzazione della persona.
Secondo un’indagine di Coldiretti, quasi sette italiani su dieci (68 per cento) esprimono gradimento per l’agriospizio dove poter trascorrere la vecchiaia a contatto con la campagna mentre più di tre italiani su quattro (78 per cento) vorrebbero far frequentare ai propri figli una fattoria didattica a contatto con gli animali e le piante coltivate.
“Nell’agricoltura sociale sono impegnate già oggi oltre mille imprese agricole e cooperative in tutto il Paese attorno alla quale gravitano migliaia di rifugiati, detenuti, disabili, tossicodipendenti – ha ricordato ancora Lorella Ansaloni. Le esperienze sono molto diversificate: vanno dal recupero e reinserimento lavorativo di soggetti con problemi di dipendenza (droga e alcool in particolare) all’agricoltura terapeutica (ortoterapia, ippoterapia ecc.), con disabili fisici e psichici di diversa gravità, ma anche il reinserimento sociale e lavorativo di persone emarginate (minori a rischio, disoccupati di lunga durata, ecc.) e l’attività agricola volta al miglioramento del benessere e della socialità (agriasilo, orti per gli anziani, ecc.). Una diversificazione – ha concluso Ansaloni – che si estrinseca con l’innesto di pratiche di agricoltura sociale nelle diverse tipologie di coltivazioni, di allevamenti e di attività di servizio: agriturismo, ristorazione, punti vendita aziendali, fattorie didattiche e che con l’approvazione della legge per l’agricoltura sociale ha trovato finalmente una cornice comue”.
Al convegno è intervenuta anche l’azienda agricola Ca’ Granda di San Felice (Modena), che fa parte della rete di Campagna Amica delle fattorie sociali, per raccontare l’esperienza aziendale di accoglienza di disabili e persone in difficoltà intrapresa negli ultimi anni.
Per avere maggiori informazioni sulle opportunità dell’agricoltura sociale e sulla rete di fattorie Coldiretti è possibile consultare il sito www.campagnamica.it.