“Aumento degli alloggi Erp, più edilizia residenziale sociale con prezzi e canoni calmierati, sviluppo dell’Agenzia Casa e dei canoni concordati e, nell’ambito dei lavori per il Psc, l’indagine sul patrimonio abitativo sfitto o inagibile”.
Sono queste le direzioni fondamentali su cui intende muoversi il Comune di Modena sul versante delle politiche abitative. Le linee sono contenute in un documento, già presentato al tavolo per la Crescita e in Commissione, che arriverà in Consiglio comunale dopo un ulteriore passaggio con le rappresentanze sociali. Lo ha annunciato in Aula il sindaco Gian Carlo Muzzarelli giovedì 18 maggio rispondendo all’interrogazione illustrata da Domenico Campana (Per me Modena) che, partendo da una riflessione sugli sgomberi di via Sant’Eufemia e via Bonaccorsa, ha chiesto quali misure siano predisposte e s’intendano predisporre a sostegno delle famiglie e delle persone con urgenti necessità abitative per quanto riguarda le fasce più deboli della popolazione modenese.
“La nostra previsione – ha affermato il sindaco – è che tra il 2017 e 2018 con le risorse attuali potremo recuperare 75 alloggi Erp e costruirne altrettanti. Rivendendo gli accordi con i soggetti attuatori delle zone “F” puntiamo a ridurre ancora i fitti convenzionati, non solo per chi vi accede direttamente, ma anche per consentire l’uscita dagli alloggi Erp dei redditi più alti e disporre di altri 10 o 15 alloggi ogni anno”. Il sindaco ha però anche sottolineato che la percentuale di alloggi popolari in Italia è sottodimensionata e servono nuovi e sostanziosi investimenti a livello nazionale. Anche il tema del patrimonio sfitto o abbandonato sarà affrontato “ma sulla base di conoscenze approfondite e ricercando soluzioni rispettose della legalità e attente al reale funzionamento dei mercati”.
Muzzarelli dopo aver ricordato che il problema abitativo “si colloca nel quadro di un generale arretramento dovuto alla crisi, all’allargamento delle disuguaglianze, al fenomeno del lavoro precario, irregolare e sottopagato”, con un aumento della povertà assoluta certificato dall’Istat, cioè di persone e famiglie che non sono in grado di accedere a un paniere minimo, a cui si aggiungono i tagli alla finanza locale che riducono le possibilità di reazione dei Comuni, ha fornito alcuni dati utili a comprendere la situazione a Modena.
Dal 2012 al 2015 i casi totali in carico al servizio sociale di base del Comune sono passati da 5.647 a 5.917. Gli accessi agli sportelli sono passati da 5.829 a 7.338. Nel 2015 le nuove prese in carico sono state 2.386. Le persone più esposte sono gli immigrati, meno inseriti in reti famigliari di protezione, le donne sole e i minori, le cui condizioni di svantaggio rischiano di riprodursi per tutta la vita.
Attualmente il Comune eroga 2,3 milioni all’anno di contributi a sostegno di nuclei in difficoltà. Il 50% copre le spese per le abitazioni, da canoni, a cauzioni, a spese condominiali, a utenze.
L’aumento di famiglie incapienti provoca aumento della morosità e degli sfratti, riapre la crisi degli alloggi. “Da questo punto di vista, dunque – ha sostenuto il sindaco – le principali misure da adottare riguardano la piena occupazione, la distribuzione del reddito e i sostegni al reddito. Il centro del problema sociale resta il lavoro ed è sul lavoro che occorre concentrare gli sforzi a ogni livello. Ma le prime misure, le misure più urgenti, riguardano il sostegno agli incapienti: l’introduzione anche in Italia di provvedimenti di carattere universale, se non di cittadinanza, almeno contro la povertà assoluta non può più attendere. I Comuni non possono più essere lasciati soli a reggere in prima linea l’urto della crisi e delle sue ricadute più profonde”, ha osservato Muzzarelli auspicando un’accelerazione dell’entrata in vigore della misura prevista nella legge finanziaria del Governo che per la prima volta introduce un fondo di 600 milioni per la lotta alla povertà e dell’istituzione dell’apposita misura di contrasto alla povertà annunciata dalla Regione Emilia-Romagna.
“In ogni caso – ha aggiunto il sindaco – qualora le misure nazionali e regionali fossero in ritardo, noi confermiamo il rispetto dell’ordine del giorno votato in sede di bilancio di reperire risorse comunali da impiegare nel contrasto alla povertà nell’ottica di un patto sociale fra i beneficiari e la pubblica amministrazione”.
“NO A ILLEGALITÀ PER RISOLVERE PROBLEMI SOCIALI”
Il sindaco Muzzarelli in Consiglio ha fatto il punto sugli sgomberi dell’11 maggio. “Mai fatta mancare la disponibilità al dialogo”.
“Il tentativo di risolvere i problemi sociali per vie illegali finisce, prima o poi, per ritorcersi contro i presunti beneficiari”. Lo ha affermato il sindaco Gian Carlo Muzzarelli intervenendo in Consiglio comunale a proposito degli sgomberi, chiesti dalla Magistratura, degli edifici di via Sant’Eufemia e via Bonaccorsa. Per Muzzarelli, infatti, a rimetterci in questi casi sono sempre le persone in stato di disagio “vuoi per le conseguenze di natura giuridica, vuoi per la creazione, riproduzione e consolidamento di situazioni di emarginazione e degrado, vuoi infine per lo scatenamento di fatto di una guerra fra poveri, nella quale chi alza di più la voce o ricorre a mezzi scorretti prevale su chi si attiene alle regole”.
Le famiglie sgomberate e prese in carico dai Servizi sociali del Comune di Modena sono 16, sette delle quali residenti in altri comuni. I bambini sono 32 e tutti frequentano le scuole di Modena. Le famiglie sono accolte in alberghi e affittacamere della città e “sono in atto approfondimenti per offrire prospettive di medio periodo”. Così come avviene per gli adulti soli (13 di cui quattro residenti in altri comuni e un in fase di accertamento). Uno solo è di nazionalità italiana. “Ovviamente – ha precisato il sindaco – abbiamo contattato anche i comuni di provenienza e altrettanto ovviamente non potremo lasciar passare il messaggio che il Comune di Modena, che già spende in media più degli altri, è il centro di attrazione e risoluzione di tutti i casi sociali della provincia e oltre”. Rispetto a quelle situazioni – ha aggiunto Muzzarelli – si sarebbe potuto agire anche prima “se questi nuclei non fossero stati portati fuori strada, con metodi che hanno ostacolato l’emersione del problema e la presa in carico dei servizi”.
In merito a ciò che è avvenuto l’11 maggio e che ha “colpito e diviso l’opinione pubblica”, il sindaco ha sottolineato come la “grande maggioranza dei cittadini abbia compreso e condiviso le ragioni che hanno spinto le Istituzioni, a partire dalla Magistratura, a prendere severi provvedimenti di tutela della legalità”. Dopo aver ricordato di aver richiamato la madre della ragazza rimasta ferita (“è stata operata, tutto bene”), il sindaco ha aggiunto: “L’amministrazione non ha mai fatto mancare la disponibilità al dialogo, anche con i rappresentanti del Guernica e della Rage, che sono stati incontrati dagli assessori Urbelli e Giacobazzi, ma una cosa è il dialogo, altra cosa è la pretesa di imporre con ogni mezzo alle istituzioni la legittimazione di piattaforme politiche e di situazioni di fatto illegali. Il confronto civile c’è quando si rispettano le regole e gli interlocutori. Quando si passa agli insulti, alle provocazioni e alla violenza – ha affermato Muzzarelli – vuol dire che non si cerca il confronto, ma lo scontro, e probabilmente per ragioni che hanno poco a che fare col merito e molto con esigenze di visibilità mediatica e proselitismo”.
Per il sindaco, infatti, “la violenza non ha nulla a che fare con la vita democratica della città e con la democrazia in generale e chi mette in dubbio l’agibilità democratica di Modena dice una autentica falsità e offende la storia e la realtà”. Sottolineando che questi fatti fanno riemergere il problema abitativo nella città, Muzzarelli ha replicato anche alla presa di posizione della Fiom dicendo che “oggi a Modena, grazie a ben altre lotte sociali e politiche, non c’è bisogno di assaltare gli uffici pubblici o picchiare un agente per ottenere un confronto o un tavolo di discussione, non è necessario sfondare i cordoni della polizia per manifestare pacificamente, non c’è bisogno di occupare le redazioni dei giornali per vedersi pubblicare le proprie opinioni e, com’è evidente anche in questa seduta, non c’è bisogno di sfondare porte e finestre per far discutere la politica democratica e le istituzioni rappresentative e i sindacati, come le altre forze economiche e sociali, sono presenti ai tavoli della crescita e del welfare con una dialettica quotidiana e positiva”.
IN CONSIGLIO IL DIBATTITO SUGLI SGOMBERI
“L’onda lunga della crisi travolge decine di nuclei, in prevalenza immigrati che hanno perso il lavoro da alcuni anni e non hanno prospettiva. Questa realtà si presenta oggi agli sportelli dei Servizi sociali con numeri che non hanno precedenti”. Lo ha affermato l’assessora al Welfare Giuliana Urbelli inquadrando, giovedì 19 maggio, il tema degli sgomberi in una riflessione più ampia durante il dibattito seguito all’interpellanza in Consiglio comunale di Domenico Campana (Per me Modena) sugli sgomberi dei giorni scorsi. “Gli accessi al Servizio sociale territoriale negli ultimi tre anni – ha proseguito l’assessora – sono aumentati del 25 per cento, con un 40 per cento di nuove prese in carico rispetto al 2015. Ciononostante il sistema Modena riesce a dare risposta a un numero estremamente alto di persone e per farlo necessita di un sistema di regole che consente l’equa redistribuzione di risorse limitate: 2,3 milioni di euro in interventi di sostegno economico che rappresentano l’espressione della solidarietà di un’intera città rispetto alle situazioni di disagio sociale”. Rispetto a questo Urbelli ha quindi introdotto “il tema cruciale della restituzione”, di cui è un esempio la sperimentazione del Patto sociale di cittadinanza sottoscritto a fronte dell’erogazione di benefici economici finalizzati al mantenimento dell’abitazione”.
Nel dibattito, Marco Cugusi di Sel ha ricordato “il lavoro meritorio svolto dagli assistenti sociali che hanno messo in campo tutta la loro professionalità per dare risposte a un bisogno che i ragazzi del Guernica hanno avuto il merito di far emergere anche se con una modalità non risolutiva. Credo – ha proseguito il consigliere – che chi ha occupato non abbia compiuto chissà quale illegalità ma il problema di chi non ha una casa è complesso e va risolto nel rispetto delle regole e della dialettica democratica”. Nel merito degli scontri, Cugusi ha affermato che, “sebbene non fosse il caso di forzare il cordone di sicurezza, sarebbe tempo che gli operatori di polizia avessero un numero di riconoscimento per poter essere identificati in caso di illegalità e abuso di potere”.
Per il Pd, Giulia Morini, partendo dalla propria esperienza di assistente sociale, ha sottolineato “le tante situazioni gravissime che gli operatori sociali si trovano a dover fronteggiare “costruendo dighe di stuzzicadenti davanti a uno tsunami. Credo – ha continuato – che in questo caso l’Amministrazione abbia agito al meglio, facendo quanto era in grado di fare. La proprietà ha fatto valere un proprio diritto, possiamo discutere se fosse giusto, ma prendersela con gli operatori sociali e la polizia significa ignorare che il problema abitativo è la dimostrazione più evidente di un sistema che non funziona, un problema che riguarda la povertà e la mancanza di lavoro”. Fabio Poggi ha incentrato il proprio intervento sulla violenza che ha caratterizzato tutta la situazione per affermare che “non sempre il mancato diritto alla casa è frutto di violenza, ma lo sono l’illegalità, il mancato rispetto delle regole, le urla, gli spintoni e i manganelli. E a ogni tipo di violenza – ha concluso – io voglio dire no”.
Per Andrea Galli (FI), “perdere il lavoro e la casa equivale a perdere la dignità. Ma le occupazioni sono la risposta sbagliata a un problema vero che va affrontato mantenendo la legalità”. Il consigliere ha dichiarato di “non aver simpatia per la ragazza ferita, che non doveva essere lì, e nemmeno per chi ha portato le famiglie a fare occupazioni illegali. L’Amministrazione distribuisce aiuti con criteri oggettivi mentre chi occupa lo fa con criteri soggettivi. Oggi – ha proseguito – dobbiamo dare risposte immediate a un problema in espansione: i due milioni stanziati quest’anno non basteranno l’anno prossimo. Dobbiamo fare di tutto perché il problema venga ridotto ma quando apriamo le nostre porte indistintamente a tutti, queste saranno le conseguenze. Le occupazioni sono figlie di errori che abbiamo fatto combinati alla crisi economica”.
Per Elisabetta Scardozzi (M5s) è necessario “dare risposte concrete ai bisogni espressi da queste persone. È arrivato il momento di smettere di cercare soluzioni individuali a problemi che sono collettivi per i quali si devono costruire soluzioni basate sulla condivisione, l’autogestione e il mutuo aiuto. Nella Modena delle eccellenze, dove c’è un numero indefinito di edifici sfitti in attesa che il degrado li divori, ci sono persone che dormono per strada e la situazione di tanti spazi inutilizzati e chiusi esige una riflessione”. Secondo Marco Bortolotti il problema “purtroppo è destinato a riproporsi e quindi noi dobbiamo rapidamente capire cosa dobbiamo fare per risolvere la situazione, attraverso un colloquio continuo con le persone perché, come politici, dobbiamo far sì che i loro problemi diventino i nostri. Sono necessarie una maggior dinamicità e flessibilità nelle organizzazioni per riuscire a dare risposte e problemi che cambiano in fretta. Questa situazione dà al Comune l’occasione di capire che bisogna moltiplicare le risorse e la volontà di cambiare le cose cercando di andare oltre le emergenze, perché le risorse finiscono e l’emergenza costa”.
Affermando di sentirsi “nello stesso modo dalla parte di chi ha dato la manganellata e di chi l’ha ricevuta”, Marco Chincarini (Per me Modena) ha sottolineato che sono in campo “esigenze forti e noi dobbiamo essere attenti e molto seri nell’affrontarle. Mi domando come mai sia successo quello che è successo, pur convinto che l’Amministrazione stia affrontando con serietà i problemi. Spero che da ora cominci un percorso di riflessione a tutto campo su un tema importantissimo e urgente”.
Nella replica, Domenico Campana si è detto “sicuro che i temi della casa e delle nuove povertà sono al centro delle preoccupazioni dell’Amministrazione. Ma evidentemente le politiche dell’austerità imposte finora non permettono ai Comuni di occuparsene adeguatamente”. Il consigliere ha proseguito affermando che “la violenza che si è dispiegata in piazza Redecocca avrebbe dovuto e potuto essere evitata: certo da parte di chi cercava di sfondare ma credo che ci sia stata qualche incapacità nel gestire la crisi. Non doveva accadere che qualcuno restasse ferito”. Secondo Campana ci sono stati momenti storici nei quali le occupazioni sono state espressione di necessità o di spinte potenti di cambiamento: “Oggi la spinta è per la necessità di cambiamento e invito tutti a trovare i giusti strumenti di lotta per cambiare le condizioni”.
Concludendo il dibattito il sindaco Gian Carlo Muzzarelli ha ribadito la solidarietà e la vicinanza dell’Amministrazione sia alla ragazza che al poliziotto rimasti feriti negli scontri. Ha poi voluto ringraziare tutti i dipendenti comunali che da settimane lavorano per risolvere i problemi di quelle famiglie, così come delle tante situazioni di disagio in città, e soprattutto “lo straordinario mondo del volontariato che fa poco casino e tanti fatti: i volontari sono centinaia e ogni giorno danno risposte concrete a chi ne ha bisogno”. Per le famiglie coinvolte nell’occupazione, ha proseguito Muzzarelli, la soluzione deve arrivare “nell’ambito di un sistema generale nel quale migliaia di persone già trovano risposte. Un sistema che si basa su un impianto di dignità e giustizia: dobbiamo dare risposte sociali a tutti coloro che hanno diritto di averle. Teniamo aperto il dialogo con chi vuole dialogare e, come Amministrazione, ci impegniamo per assicurare a tutti uguaglianza, inclusione, prospettive e coesione sociale”.