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Cittadinanza onoraria a Monsignor Luigi Bettazzi, l’intervento del Sindaco Virginio Merola

Mons-Luigi-BettazziIl Sindaco, nel corso della seduta dle Consiglio comunale del 4 aprile, ha conferito la Cittadinanza Onoraria di Bologna a Monsignor Luigi Bettazzi, per il suo impegno per l’affermazione di una cultura di pace e solidarietà nel mondo, per la promozione dei diritti umani e per la sua costante vicinanza alla città che lo ebbe vescovo. La cerimonia è stata aperta dall’intervento della presidente Simona Lembi.

Il Sindaco Virginio Merola è intervenuto per accogliere Monsignor Bettazzi e ha consegnato la pergamena. 

“Cari consiglieri, care consigliere, cittadini e cittadine presenti, oggi è una giornata importante: diamo il bentornato a Monsignor Luigi Bettazzi” – ha detto il Sindaco -.

“Caro Monsignore, noi siamo onorati di riaverla con noi a Bologna, di riceverla nella sede più importante e autorevole dell’Amministrazione comunale, questo Consiglio, per sancire quello che lei nei fatti è già a tutti gli effetti, perché la sua storia parla per lei, lei è un cittadino della nostra città e per la nostra città.

Con la consegna della cittadinanza onoraria oggi noi quindi rendiamo omaggio alla sua persona, a quanto ha fatto per la comunità, non solo bolognese, e per il nostro Paese. Riconosciamo ancora una volta pubblicamente quanto lei si sia adoperato per l’affermazione di una cultura di pace e di solidarietà nelle nostre comunità e nel mondo, e insieme vogliamo ribadire che Bologna, anche con quest’atto, vuole testimoniare i principi da lei sempre sostenuti Monsignor, i principi di pace e di solidarietà, e vogliamo continuare a farli nostri e a promuoverli.

Lei Monsignor Bettazzi è innanzitutto un esempio di sobrietà. Una parola attualissima, di cui abbiamo un estremo bisogno per il nostro presente e per il nostro futuro. È una qualità rara, spesso una qualità travisata, credo che in questo periodo storico per la nostra società, per la nostra vita politica sia un concetto da adoperare con cura e da ridefinire nella sua attualità. Lei è stato uno dei vescovi che ha partecipato al “Patto delle catacombe” impegnandosi a condurre una vita di povertà rinunciando a lussi, simboli di potere e privilegi per essere un testimone di “una Chiesa serva e povera” come desiderava il papa di allora, Giovanni XXIII.

Portando avanti questo concetto di sobrietà nel mondo odierno, ritengo che essere sobri oggi sia non tanto sottolineare la necessità di dovere rinunciare a qualcosa, ma avere il coraggio di condividere ciò che si ha con gli altri e anche di condividere quello che si può essere come comunità. Come tanti anni fa, ma oggi in modo più acuto, Monsignore, corriamo il rischio di dividerci tra dare e avere, tra chi pensa di avere dato troppo, di avere già dato, di avere avuto poco o di aver tanto da non porsi nessun problema. Questa città ce l’ha fatta nei suoi momenti migliori e anche nella sua esperienza di gioventù quando ha saputo superare questa dicotomia fra dare e avere, abbracciando con convinzione l’idea della condivisione.

Ha ancora più divalore per noi la testimonianza del suo impegno per la pace e la nonviolenza, che ha portato avanti attraverso la sua attività con Pax Christi, in particolare allargando lo sguardo al mondo dei giovani e facendosi promotore di iniziative nei Paesi dell’America Latina e del Sud del mondo.
Pace e nonviolenza sono due parole messe alla prova in questi ultimi mesi e giorni, in particolare dopo gli attentati di Parigi e di Bruxelles, sono tornate a bussare alle scelte della politica e alla coscienza di ognuno di noi. Siamo chiamati in causa, sia come singoli cittadini che come comunità, perché queste due parole non siano solo belle intenzioni, ma possano contribuire con azioni concrete alla nostra vita di cittadini europei in questo momento difficile dell’unità europea. Azioni di pace e di non violenza, anche con azioni molto concrete, che riguardano la vita individuale di ognuno di noi, bombardati dai mass media e da messaggi contraddittori, perché questa nostra azione di pace e nonviolenza si testimoni nella nostra vita individuale, con un fermo “NO” al rancore e alle divisioni che serpeggiano nella nostra società.

Noi istituzioni per prime dobbiamo assumerci questa responsabilità, cercare di dare l’esempio, come ha fatto lei, basta guardare una qualsiasi istantanea, un fermo immagine, della sua attività Monsignor per avere chiaro gli esempi che dobbiamo provare a praticare di nuovo insieme. Il patrimonio di esperienze e conoscenze che abbiamo in dote come città è enorme, abbiamo una grande eredità, tante sono le personalità illustri di questa città, in tutti i campi della vita civile, politica e sociale; ce la facciamo se non ci consideriamo ereditieri, ma eredi di questo patrimonio e ci occupiamo di farlo vivere. E quindi sta a noi decidere se e come utilizzarlo.
Questo perché nella nostra città ci sono state forti personalità, ma soprattutto quello che ha fatto la differenza sono state le persone di questa città e la loro capacità d’incontro e di dialogo. E Monsignor Bettazzi in gioventù ha piantato un seme che sicuramente ha portato frutti, e ne fa testimonianza questa bella accoglienza. Oltretutto un’accoglienza che è accompagnata dal sindaco di Ivrea, dalla Presidente del Consiglio comunale di Ivrea che saluto caldamente.

Uno dei suoi frutti che voglio ricordare fu l’ordinazione di Paolo Serra Zanetti, che fu sempre vicino agli ambienti più poveri e alle persone in difficoltà, i senza fissa dimora in particolare e che lasciò in eredità al Comune di Bologna, come sapete, tutti i propri beni. A don Paolo Serra Zanetti è intitolata l’Istituzione per l’inclusione sociale, che in questi anni ha lavorato con progetti innovativi per i più poveri, un esempio per tutti è il progetto Case Zanardi, dedicate alla memoria del “sindaco del pane” Francesco Zanardi, che mette in campo interventi di contrasto allo “spreco di lavoro”, allo spreco di beni materiali alimentari e non alimentari e soprattutto allo “spreco relazionale” che non possiamo assolutamente permetterci perché dobbiamo insieme ridare valore alla cosa più importante, la relazione tra le persone.
Se come comunità rimaniamo uniti, possiamo dunque fare grandi cose, soprattutto per dare una possibilità in più di risollevarsi a chi è in difficoltà.

Per questo intendiamo continuare a lavorare insieme per una città migliore. Lei ce ne ha dato un esempio concreto – ha concluso Merola –  darle la cittadinanza onoraria ci rafforza in questo proposito e quindi la ringraziamo, le diamo il bentornato, è da oggi ufficialmente cittadino onorario di Bologna”.
















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