Posizionandosi al 91° posto, Modena si colloca nella parte bassa della classifica che misura il grado di penetrazione malavitoso nelle province italiane. È quanto emerge dall’indice di Organizzazione Criminale (Ioc) elaborato dall’Eurispes nell’ambito del quarto Rapporto Agromafie con Coldiretti e l’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare che si fonda su 29 indicatori specifici e rappresenta la diffusione e l’intensità, in una data provincia, del fenomeno dell’associazione criminale, in considerazione delle caratteristiche intrinseche alla provincia stessa e di conseguenza sia di eventi criminali denunciati sia di fattori economici e sociali.
Pur collocandosi al di sotto della media nazionale dello Ioc pari al 29,1 – sottolinea Coldiretti Modena – emerge tuttavia una penetrazione della malavita che mette a rischio la concorrenza e il libero mercato legale, soffocando l’imprenditoria onesta e compromettendo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy.
Come dimostrano i recenti fatti di cronaca, l’agricoltura a Modena è sotto tiro della malavita soprattutto per furti e frodi. I furti nelle aziende agricole – rileva Coldiretti Modena – hanno avuto un forte escalation con furti di gasolio agricolo e di attrezzi e mezzi agricoli, in particolare trattori, ma anche con razzie di raccolti nei campi. La criminalità organizzata che opera nelle campagne incide più a fondo nei beni e nella libertà delle persone, perché a differenza della criminalità urbana, può contare su un tessuto sociale e su condizioni di isolamento degli operatori e di mancanza di presidi di polizia immediatamente raggiungibili ed attivabili. Si tratta dunque di lavorare – secondo Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare – per il superamento della situazione di solitudine invertendo la tendenza allo smantellamento dei presidi e delle forze di sicurezza presenti sul territorio, ma anche incentivando il ruolo delle associazioni di rappresentanza attraverso il confronto e la concertazione con la Pubblica amministrazione, perché la mancanza di dialogo costituisce un indubbio fattore critico nell’azione di repressione della criminalità.
Oltre ai furti di mezzi nelle aziende, gli agricoltori modenesi, pagano anche il diffondersi delle frodi e delle falsificazioni nel settore agroalimentare. Secondo quanto emerso alla presentazione del Rapporto sulle Agromafie, in testa alla classifica dei prodotti più falsificati ci sono i formaggi, prima di tutto il Parmigiano Reggiano, che deve far fronte a imitazioni in tutto il mondo, ma anche prodotti come l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. La contraffazione, la falsificazione e l’imitazione del Made in Italy alimentare nel mondo – il cosiddetto italian sounding – supera per fatturato i 60 miliardi di euro, (di cui 8 miliardi di euro riguardano prodotti dell’Emilia Romagna) con quasi due prodotti apparentemente italiani su tre in vendita sul mercato internazionale, secondo una analisi della Coldiretti. Si tratta di una questione abbastanza insidiosa anche perché il fenomeno dell’Italian sounding non sempre si prefigura come un illecito penale. Ciò nonostante, l’associazione indebita al Made in Italy produce conseguenze deleterie per l’economia italiana. Alle falsificazioni internazionali se ne aggiunge una ancora più insidiosa: l’Italian sounding di matrice italiana, rappresentato ad esempio dall’azione di chi importa materia prima (latte, carni, olio, pomodoro) dai Paesi più svariati, la trasforma e ne ricava prodotti che successivamente vende come italiani senza lasciare traccia, attraverso meccanismi di dumping che danneggiano il vero Made in Italy, non esistendo ancora per tutti gli alimenti l’obbligo di indicare la provenienza in etichetta. Un segnale incoraggiante arriva dal piano per l’export annunciato dal Governo italiano che prevede, per la prima volta, azioni di contrasto all’Italian sounding a livello internazionale.
La costante osservazione critica di tutto ciò che accade nel mondo della produzione e della distribuzione del cibo e le puntuali denunce delle situazioni di irregolarità potrebbero trasmettere l’idea che l’Italia sia irrimediabilmente la culla della corruzione e delle mafie. Al contrario, le denunce del Rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla Criminalità nell’Agricoltura e sul Sistema agroalimentare, mettono in risalto come nel nostro Paese questo genere di notizie vengano alla luce poiché esiste un controllo severissimo, anche perché i consumatori possono contare sull’impegno dei diversi comparti specializzati delle Forze dell’Ordine – il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, lo SCICO-GDF, il Corpo Forestale ora confluito nel Comando Unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell’Arma, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, la DIA – dei ministeri dell’Agricoltura, della Salute e della Giustizia (che lavora alla messa a punto di leggi a tutela del settore), della Magistratura, sempre più attenta nei confronti di un tema a lungo trascurato. La ricchezza delle informazioni sull’argomento dimostra che i nostri cibi sono i più sicuri del mondo perché sempre controllati da autorità diverse ed indipendenti.