A Modena torna il fascino della paleontologia e si torna a parlare dei nostri lontanissimi antenati, consegnando la scena all’Homo naledi, ominino estinto e rinvenuto nel 2013 in Sudafrica. La scoperta dei resti di questo progenitore sarà al centro di un convegno scientifico, promosso dal Dipartimento di Scienze della Vita, che porterà a Modena il prof. Damiano Marchi, antropologo dell’Università di Pisa, uno dei massimi esperti del settore ed unico italiano coinvolto nello studio di questo nostro antenato.
L’appuntamento, in programma mercoledì 20 gennaio 2016 alle ore 11.00 presso il Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche (via Campi 103) a Modena, sarà l’occasione per tutti gli interessati per poter fare assieme ad un esperto un tuffo nel passato, fino all’origine del essere umano, seguendone poi la sua evoluzione.
Il prof. Damiano Marchi, che si occupa dell’evoluzione della biomeccanica del bipedismo, parlerà del ritrovamento e dell’importanza di questo ominino e in particolare dell’osso perone (fibula), estremamente fragile e raro, fondamentale per capire come camminavano i nostri antenati. Nel caso di Homo naledi il ritrovamento di diversi peroni ha permesso di comprendere meglio l’evoluzione della camminata e di come “passo passo” siamo arrivati a noi. L’età dell’Homo naledi non è stata ancora determinata causa il suo ritrovamento in grotta che “confonde” i dati. I ricercatori parlano di un lasso di tempo variabile dai circa 2,5 milioni di anni a 1 “solo” milione di anni, tema tutt’oggi molto acceso tra gli antropologi.
Le circa 1.500 ossa, per un numero complessivo di 15 individui, rinvenute nel 2013 in Sud Africa nella Dinaledi Chamber del complesso della Rising Star cave, hanno permesso di descrivere una nuova specie nel 2015, cui è stato dato il nome scientifico di Homo naledi. Questa specie, alta circa 150 cm, mostra caratteristiche intermedie tra Australopithecus e Homo: la morfologia del cranio, della mandibola e dei denti è simile a quelli delle altre specie di Homo, mentre le dimensioni del cervello, grande all’incirca 550 cc, sono comparabili a quelle di Australopithecus, il più vecchio esemplare è Lucy. Gli arti inferiori hanno una forma molto simile a quella di Homo sapiens, mentre la conformazione del bacino ricorda quella di Australopithecus afarensis. Le proporzioni delle dita della mano sono simili a quelle dell’uomo, ma le falangi prossimali sono estremamente ricurve, anche in misura maggiore rispetto a qualsiasi australopiteco.
Damiano Marchi
Damiano Marchi si è laureato con lode all’Università di Pisa nel 1998, con una tesi sui resti scheletrici di due necropoli dell’Età del Ferro situate nel materano. Nel 2004 ha conseguito il Dottorato di Ricerca con una tesi sulla “Biomeccanica della locomozione nei primati umani e non-umani” e da allora questo tipo di ricerca ha caratterizzato la sua produzione scientifica. Nel novembre 2004 ottiene un posto come Visiting Assistant Professor alla Duke University negli Stati Uniti dove rimane fino al 2010, tenendo corsi e svolgendo ricerche nei campi della biomeccanica della locomozione dei primati e della mobilità umana. Dal 2011 al 2012 è stato Post-Doctoral Fellow all’Institute for Human Evolution alla University of the Witwatersrand in Sudafrica, dove ha imparato ad utilizzare scansioni tridimensionali delle ossa e ha avuto l’occasione di studiare importanti fossili ominini. A novembre 2012 ottiene il posto come ricercatore nel Dipartimento di Biologia all’Università di Pisa e dal 2015 è professore Associato di Antropologia nello stesso Dipartimento. L’interesse per la locomozione dei primati e dell’uomo ha portato il docente a collezionare dati in molti musei in Europa e nel mondo e a pubblicare un gran numero di articoli nelle riviste specializzate del settore. Ha inoltre organizzato con il collega americano prof. K. Carlson, un simposio sulla mobilità nel 2011, in occasione del 80̊ congresso annuale dell’American Association of Physical Anthropologists tenutosi a Minneapolis. In seguito, è stato coautore del libro “Mobility: towards a definition for application in human evolution” pubblicato nel 2014 dalla Springer. Al momento il prof. Marchi fa parte, come unico italiano, del team internazionale che ha descritto la nuova specie di ominine, Homo naledi. Il suo contributo è relativo allo studio delle caratteristiche biomeccaniche dello scheletro postcraniale, con particolare attenzione agli arti inferiori.