A Genova-Campi è nato l’orto collettivo più grande d’Europa, dove lo stress diventa un ricordo lontano, le colture sono solo stagionali, e per pagare lavoro e prodotti si usano i Scec, una moneta alternativa in stile gioco da tavola, che ha alla sua base la teoria del baratto e fa della solidarietà il suo conio. Ce ne ha parlato Tiziano Motti, eurodeputato della settima legislatura e presidente di Europa dei Diritti, analizzando l’esperienza del capoluogo ligure. ”E’ difficile da far capire che cos’è un orto collettivo – osserva Andrea Pescino, presidente dell’associazione ‘Quattro Valli’ e ideatore del progetto – perché in Italia c’è il concetto di proprietà privata. L’orto è una forma di sovranità assoluta” perché ”ha tutte le forme di energia” che servono, sia quelle per la persona, cioè l’alimentazione, che quelle che riguardano il sostentamento del lavoro. E a questo si è deciso di ”abbinare lo Scec”. In bassa Valpolcevera, in un’area industriale e ora anche molto commerciale, quest’orto collettivo di 7 ettari, che per il 50% è in pendenza, è gestito da 300 persone; qui, un’ora di lavoro viene ripagata con 7,5 Scec che poi potranno servire per comprare i prodotti coltivati, e tutto attraverso il principio del baratto. Lo Scec, sigla che sta per ‘solidarietà che cammina’, è un progetto di moneta complementare nato a Napoli nel 2007 che si è poi diffuso in tutta Italia mediante il network di Arcipelago, una rete che riunisce cittadini, attività, professionisti, e che punta a promuovere lo scambio di beni e servizi attraverso un circuito virtuoso. Attualmente sono tre milioni gli Scec in circolazione.
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