C’è anche il contributo il due gruppi di ricercatori Unimore, diretti rispettivamente dalla prof. Patrizia Tarugi e dal prof. Sebastiano Calandra, dietro alla pubblicazione su Circulation Cardiovascular Genetics e Journal of Medical Genetics dei risultati di studi condotti da due distinti consorzi, uno statunitense ed uno inglese, che sembrano indicare – con una relativa certezza – che nel nostro genoma non vi sono altri geni “maggiori”, ovvero a grande impatto biologico sul metabolismo del colesterolo, in aggiunta a quelli già conosciuti.
Entrambi gli studi hanno evidenziato che in numerosi pazienti la condizione di ipercolesterolemia o di ipocolesterolemia deriva dalla combinazione di numerose mutazioni a basso impatto biologico presenti in una costellazione di geni “minori” già conosciuti o in via di caratterizzazione (eredità poligenica).
Nel 2012 sono stati costituti due consorzi internazionali di ricercatori finalizzati alla scoperta di nuovi geni “maggiori” che controllano i livelli del colesterolo nel sangue. Il primo consorzio, con capofila “statunitense”, aveva come riferimento il Centre for Human Genetic Research del Massachuttes General Hospital della Harvard University (Boston USA) e comprendeva 40 ricercatori (da USA, Giappone, Olanda, Francia, Canada ed Italia). Per l’Italia partecipavano i gruppi del prof. Maurizio Averna dell’Università di Palermo e quello della prof.ssa Patrizia Tarugi del Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore.
Il secondo consorzio a capofila “inglese” aveva come riferimento il Sanger Institute di Cambridge e il Cardiovascular Genetics Centre dell’ University College di Londra (UK) e comprendeva 20 ricercatori (da UK, Australia, Canada, Irlanda, Israele, Belgio ed Italia). Per l’Italia partecipavano i gruppi del prof. Stefano Bertolini dell’Università di Genova ed il prof. Sebastiano Calandra del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore.
Entrambi i consorzi condividevano l’approccio al problema scientifico, consistente nell’analisi estesa del DNA nei pazienti appartenenti a famiglie con livelli estremamente elevati di colesterolo nel sangue (ipercolesterolemia) ed estremamente ridotti (ipocolesterolemia), nei quali l’analisi dei geni candidati, fino ad ora conosciuti, aveva dato esito negativo. Entrambi i consorzi condividevano anche le metodologie di analisi consistenti nell’impiego di tecnologie di sequenziamento parallelo di prossima generazione (NGS) finalizzate allo studio dell’esoma ovvero la parte di DNA genomico codificante.
Il consorzio americano ha analizzato il DNA di 240 pazienti (iper- ed ipo-colesterolemici) mentre il consorzio inglese ha analizzato il DNA di 125 pazienti (solo ipercolesterolemici). I risultati del consorzio americano sono stati pubblicati sulla rivista Circulation Cardiovascular Genetics, mentre quelli del consorzio inglese erano pubblicati sul Journal of Medical Genetics.
Si deve quindi escludere definitivamente l’ipotesi che esistano “nuovi geni maggiori” che controllano il colesterolo nel sangue, le cui mutazioni hanno un effetto biologico importante?
“No – risponde la prof. Patrizia Tarugi di Unimore – semplicemente perché il nostro approccio può avere avuto limiti oggettivi sia tecnologici (una piccola parte del DNA non è al momento esplorabile in modo adeguato) sia legati alle dimensioni delle famiglie dei pazienti che siamo riusciti a reclutare. Solo il reclutamento di grandi famiglie ci può consentire di verificare se eventuali mutazioni di geni ignoti siano presenti nei soggetti affetti e assenti in quelli non affetti, al di là di una distribuzione dovuta al caso. Ciò significa che c’è ancora molto da fare, e non ci arrenderemo di certo a fronte di questo “insuccesso” delle nostre aspettative. La pubblicazione di studi “negativi” può essere stimolo a ri-orientare le ricerche ed aggiornare le metodologie impiegate per raggiungere specifici obiettivi. Inoltre lo studio funzionale di geni “minori” ci consentirà di comprendere meglio la complessità dell’eredità poligenica e le sue interazioni con fattori non genetici come la dieta e gli stili di vita che possono influenzare il metabolismo del colesterolo”.
Patrizia Tarugi è ordinario di Patologia Generale nel corso di Laurea in Farmacia del Dipartimento di Scienze della Vita. Dalla fine degli anni 70 si occupa di metabolismo dei lipidi e del colesterolo. Dal 1996 le sue ricerche si sono focalizzate sulla patologia molecolare delle dislipidemie ereditarie, in particolare quelle che si esprimono con ridotti livelli di colesterolo nel sangue e che si associano a patologie del fegato, dell’intestino e del sistema nervoso.
Sebastiano Calandra, ha ricoperto il ruolo di professore ordinario di Patologia Generale nel corso di Laurea in Medicina e Chirurgia di Unimore dal 1987 al 2013. Si è sempre occupato delle basi genetico-molecolari delle malattie ereditarie del metabolismo del colesterolo ed il loro impatto sulla patogenesi dell’aterosclerosi. Ha coordinato lo studio italiano sull’ ipercolesterolemia Familiare ed è stato tra i promotori del Consorzio Italiano per lo Studio delle Dislipidemie Genetiche (LIPIGEN).