La nostra specie (Homo sapiens) è stata l’artefice della cultura detta Protoaurignaziana, la quale può essere stata la causa della definitiva scomparsa dei Neandertaliani in Europa, secondo una ricerca appena pubblicata sulla prestigiosa rivista americana Science. Il team di ricerca, diretto da ricercatori del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, del Department of Human Evolution e del Department of Evolutionary Genetics (Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology) di Lipsia, in collaborazione con ricercatori italiani dell’Università di Ferrara, Genova, Torino, dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa e della Soprintendenza Archeologia della Liguria, ha analizzato due denti umani da latte rinvenuti rispettivamente alla Grotta di Fumane, in Veneto e al Riparo Bombrini, il Liguria, due siti preistorici tra i più importanti dell’Italia settentrionale per studiare il cambio di specie umana. Dopo la loro scoperta, i due denti rimasero sostanzialmente non attribuiti con precisione ad una delle possibili specie umane, ma questo nuovo studio interdisciplinare condotto con moderne metodologie scientifiche consente ora di poterli attribuire all’uomo anatomicamente moderno. Nuove datazioni AMS eseguite su ossa e carboni dal sito Riparo Bombrini, insieme alle date al C14 già disponibili per la Grotta di Fumane, testimoniano che questi denti rappresentano gli individui più antichi di Homo sapiens rinvenuti in un contesto culturale riferibile al Protoaurignaziano, e sono quindi coevi agli ultimi Neandertaliani europei. Il risultato di questa ricerca è di grande importanza per le implicazioni che riveste circa la comprensione dell’interazione possibile tra i primi Homo sapiens e gli ultimi Neandertaliani e le motivazioni dell’estinzione di questi ultimi, nonché per capire la transizione tra il Paleolitico medio e il Paleolitico superiore in Europa.
La cultura detta Protoaurignaziana, si diffuse in Europa sudorientale e centro-meridionale intorno a 42,000 anni cal BP, ed è caratterizzata da un notevole bagaglio di innovazioni tecnologiche per quanto riguarda la lavorazione degli strumenti in pietra scheggiata e in osso, accompagnate da un uso diffuso di ornamenti personali. Poiché il Protoaurignaziano è coevo temporalmente con la presenza dell’uomo di Neandertal, è fondamentale capire chi furono i suoi artefici e, conseguentemente, per tentare di risolvere il problema dell’estinzione degli ultimi Neandertaliani in Europa.
Sfortunatamente solo due siti hanno fornito finora resti umani sicuramente associati al Protoaurigniaziano, la primissima fase del Paleolitico superiore che precede il diffondersi della cultura Aurignaziana: un dente deciduo inferiore, rinvenuto nel 1976 al Riparo Bombrini (Liguria occidentale) durante gli scavi condotti dalla Soprintendenza ed esposto ora al Museo Preistorico Nazionale dei Balzi Rossi a Ventimiglia (IM), ed un incisivo superiore deciduo rinvenuto nel 1992 alla Grotta di Fumane (Monti Lessini occidentali, in Veneto) durante gli scavi dell’Università di Ferrara.
Il Dr Stefano Benazzi dell’Università di Bologna e i colleghi dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, con l’autorizzazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, hanno potuto confrontare modelli digitali da scansioni microtomografiche tridimensionali del dente umano del Riparo Bombrini con quelli di Homo sapiens e di Neandertaliani. Sono state utilizzate sofisticate metodologie digitali per confrontare le strutture interne delle corone dentali, in particolare lo spessore dello smalto, con un livello di definizione (pochi micron) non raggiungibile con la convenzionale strumentazione TC utilizzata in ambito clinico. Il risultato dimostra che l’esemplare del Riparo Bombrini appartiene senza dubbio all’uomo anatomicamente moderno.
Viviane Slon e i colleghi del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia hanno analizzato il DNA mitocondriale del reperto dentale Fumane 2, il cui genoma ricade nella variabilità dell’uomo moderno e in particolare nell’haplogruppo R, tipico dei mtDNA delle popolazioni pre-agricole d’Europa.
La Dott.ssa Sahra Talamo, del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, ha condotto un programma di datazioni radiometriche per stabilire con estrema precisione la cronologia del contesto di giacitura del dente umano di Riparo Bombrini, stabilendo che risale a circa 40.000 anni fa.
“Il significato di questi risultati” afferma Benazzi “ è che questi due denti rappresentano i resti fossili più antichi d’Europa appartenenti ai primi Homo sapiens associati con certezza ad un contesto culturale Aurigniaziano. Questi ritrovamenti suggeriscono che l’arrivo della nostra specie sul continente europeo, ed in particolare in Italia settentrionale, può aver contribuito alla sostituzione di specie e alla definitiva estinzione dell’uomo di Neandertal, che scompare effettivamente in quest’area attorno ai 39.000 anni da oggi”.
Benazzi conclude: “Resti umani fossili sono molto rari, in particolare i denti decidui ben conservati. E’ stato solo grazie alla stretta collaborazione di numerose istituzioni europee che è stato possibile accedere e studiare questi resti. L’identificazione precisa e il successo dello studio di questi due reperti sono stati possibili grazie all’impiego di tecnologie innovative sviluppate ed applicate dalla ricerca in questo settore negli ultimi dieci anni, cioè la microtomografia computerizzata (micro-TC) combinata con lo studio del DNA antico. Queste nuove tecnologie e la datazione al radiocarbonio utilizzando la spettrometria di massa ci aiuteranno a definire meglio i problemi tassonomici associati ad altri resti umani fossili di attribuzione ancora controversa”.