I contenuti dei primi Decreti attuativi del Iobs Act confermano le ragioni della contrarietà della Cgil a questa riforma del Mercato del lavoro e la necessità di iniziative di contrasto.
In un contesto in cui il sistema economico e produttivo, e il mondo del lavoro, continuano a vivere pesanti criticità con un aumento esponenziale di disoccupazione e precarietà, sarebbe stato necessario un intervento del Governo che puntasse alla riduzione delle tipologie contrattuali e fosse di stimolo all’economia attraverso un sistema di investimenti pubblici e un sistema di rafforzamento e tutela dei posti di lavoro.
Il Jobs Act non rappresenta niente di tutto ciò e, anzi, porterà ad un indebolimento e impoverimento del lavoro e del suo sistema di tutele.
Non è vero che vengono cancellati i contratti precari: le uniche tipologie che spariscono realmente sono le Associazioni in Partecipazione e il Job Sharing (che conta meno di 300 contratti in tutta Italia – fonte “Il sole 24 ore”).
L’intervento sulle varie forme di collaborazione è rimandato ma, va specificato, non si prevede una vera e propria cancellazione: i contratti a progetto considerati “autentici” continueranno, così pure quelli oggetto di accordi collettivi.
Spariranno, si dice, i falsi co.co.pro., ma è tutto da dimostrare che si trasformeranno in contratti di tipo subordinato.
Il Contratto a Tutele Crescenti sarà in realtà, come da tempo sostiene la Cgil, un contratto a “Monetizzazione Crescente”. Non ci sono infatti tutele che crescono per il lavoratore, ma certezze per il datore di lavoro che licenzia. Nello specifico, il datore di lavoro che licenzia può predeterminare l’importo da corrispondere al proprio dipendente in base alla sua anzianità lavorativa. La cancellazione di ogni ipotesi di reintegro rende poi possibile licenziare anche in maniera illegittima e cavarsela col pagamento di una qualche indennità. Ecco spiegata la monetizzazione crescente.
Nei fatti questo tipo di contratto rappresenterà una nuova ed inedita forma di precarietà: l’assunzione a tempo indeterminato, sebbene incentivata, è solo di facciata. In qualsiasi momento e senza alcun obbligo per il datore di lavoro, si potrà infatti essere licenziati. Ecco quindi che l’estrema flessibilità che prima si otteneva con diverse tipologie contrattuali, oggi la si può ottenere con un unico contratto. Siamo quindi alla precarietà condensata.
Ciò nonostante rimangono 45 tipologie contrattuali possibili, sulle 47 conosciute.
Sempre sul “Contratto a Tutele Crescenti” va segnalata la beffa per tutti i lavoratori in appalto. Le nuove regole sul licenziamento si applicano infatti ai nuovi assunti. Nel caso dei lavoratori in appalto, nei frequenti cambi d’appalto e nel passaggio da un appalto ad un altro, questi lavoratori si ritroveranno, con ogni probabilità, un nuovo contratto a tutele crescenti senza più il diritto al reintegro nel caso di licenziamento ingiustificato.
Per quanto riguarda i licenziamenti collettivi, e la forzatura che il Governo ha fatto rispetto alla richiesta di stralcio di questi da parte della commissione parlamentare, va evidenziato il fatto che ora sarà possibile per le aziende procedere a licenziamenti collettivi indiscriminati, persino in violazione dei criteri che la legge stessa prevede in questi casi a tutela dei lavoratori. Anche in questo caso l’unica preoccupazione per il datore di lavoro sarà quella del pagamento di una piccola ammenda.
Da tutto l’impianto della legge risulta evidente come tutto il potere passi in mano al datore di lavoro e non vi siano strumenti di contrasto e di tutela del lavoratore, e sui licenziamenti collettivi in particolare si smonta un sistema di regole, rapporti e relazioni sindacali che, per esempio, sul nostro territorio ha permesso di gestire decine di vertenze aziendali senza arrivare a forme estreme ed esasperate di conflitto.
Tutte queste garanzie oggi non ci sono più.
Infine, mentre continua una situazione di crisi, anche e soprattutto occupazionale, rimane una forte incertezza sul destino degli ammortizzatori sociali e su quali e quante risorse concorreranno a finanziarli. Così come va denunciato il fatto che non vi sono risorse per le politiche attive per il lavoro, lasciando quindi abbandonati a se stessi i tanti che perdono o rischiano di perdere il proprio posto di lavoro.
Per queste ragioni continuerà la nostra azione di contrasto ad una legge che consideriamo inutile e dannosa.
(Segreteria Cgil Modena)