“Quando si confrontano singoli casi, come fa lo studio della CGIA di Mestre, occorre fare attenzione e chiarire bene di cosa si parla. Innanzi tutto lo studio CGIA fa riferimento solo a tre tasse comunali pagate dalle famiglie: Tari, Tasi e Irpef. Nel confronto tra città non vi sono altre imposte o tasse, né le tariffe di altri servizi pubblici a carico delle famiglie (servizi educativi, servizi per anziani). Queste ultime sono rimaste invariate a Bologna, da quando l’amministrazione si è insediata, non recuperando neppure l’aumento dei costi legato all’inflazione. Oltre alle tariffe dei servizi, il confronto andrebbe anche fatto considerando la quantità e qualità dei servizi erogati. Non ha senso dire quanto si paga (in imposte, tasse e tariffe) se non si sa per che cosa si paga”. E’ quanto dichiara in una nota Silvia Giannini, vicesindaco con delega al Bilancio, circa la tassazione nella città di Bologna.
Gianni prosegue: “Nello studio CGIA ci si limita invece a confrontare le imposte e tasse (Irpef, Tari, Tasi) per una determinata tipologia familiare (3 componenti, con un figlio a carico, e reddito di 22.000 euro da lavoro dipendente) che abitano in un’unità immobiliari di categoria A2 e A3, utilizzando la rendita catastale e la superficie media di ciascuna categoria per ciascun comune capoluogo di regione. La rendita media e la superficie media, a cui si commisurano rispettivamente la Tasi e la Tari sono dunque diversi, fra Comuni e possono rendere fuorviante il confronto.
Inoltre i casi considerati fanno riferimento a due tipologie abitative: A2 e A3. Bologna risulta prima nel caso di una abitazione A2 e sesta nel caso di abitazione di categoria A3. Ma mentre nella maggior parte delle altre città la categoria A2 tende ad essere più diffusa tra le abitazioni principali, l’opposto accade a Bologna dove gli immobili in categoria A2 sono solamente 10.497 su 115.096 abitazioni principali (meno del 10%), mentre quelli in categoria A3 sono 85.769.
Più interessante è confrontare le aliquote. In questo caso, lo studio della CGIA evidenzia che:
a) Tasi: in ben 9 casi (tra cui Bologna) si è applicato il massimo del 3,3 per mille (inclusivo però dell’addizionale dello 0,8 per finanziare apposite detrazioni);
b) Addizionale Irpef: solo quattro Amministrazioni, tra cui Bologna applicano una addizionale inferiore al livello massimo dello 0,8. Bologna è ferma dal 2007 al valore dello 0,7 con soglia di esenzione ferma a 12.000 euro. Ciò permette di esentare circa 94.000 contribuenti bolognesi dal pagamento dell’addizionale.
c) Tari: la Tari è molto differenziata (con valori molto più elevati al Sud). Come detto sopra il confronto andrebbe fatto mantenendo uguali le dimensioni. Ad esempio da uno studio della UIL del 2013, confrontando la Tarsu/Tia e la Tares tra i 10 comuni capoluogo con più di 300.000 abitanti, per una famiglia di quattro componenti che abitano in 80 mq, emergeva che nel 2013 Bologna aveva la tariffa più bassa, ed era sesta nel 2012. Inoltre occorrerebbe confrontare tipologie e livello del servizio, che può variare anche significativamente da Comune a Comune.
E’ indubbiamente vero che gli aumenti di tassazione nei Comuni sono serviti, assieme ai tagli di spesa, a fronteggiare i continui e cumulativi tagli dei trasferimenti statali. Il confronto proposto dalla CGIA di Mestre evidenza che Bologna ha avuto tagli superiori alla media. Anche in questo caso, però, il confronto non è completo, perché non tiene conto di tutti i tagli di risorse statali, né del saldo (positivo o negativo) del Fondo di solidarietà nazionale relativo ai vari Comuni considerati.
Per quanto riguarda Bologna, il taglio dei trasferimenti statali dal 2010 è circa doppio rispetto a quelli indicati nello studio della CGIA di Mestre.
Inoltre, mentre il Comune di Bologna contribuisce al Fondo di solidarietà comunale con un un saldo netto di oltre 27 milioni (nel 2013 il Comune di Bologna ha dato al Fondo 59,9 milioni e ne ha ricevuti 32,5 milioni). Altri Comuni invece ricevono dal fondo più di quando danno, o comunque contribuiscono con somme inferiori.
Infine possiamo garantire di avere un bilancio solido, che prevede un integrale e corretto accantonamento nel fondo crediti di dubbia esigibilità (per imposte e tasse di difficile riscossione). Il bilancio prevede inoltre una continua riduzione dei debiti, che a fine mandato saranno praticamente dimezzati”.