Il Dossier sulle infiltrazioni mafiose in Emilia-Romagna, presentato oggi a Bologna in Assemblea legislativa per il terzo anno consecutivo, frutto della collaborazione tra l’Assemblea e la Fondazione Libera Informazione, vuole essere la testimonianza di un impegno ad agire che parte necessariamente dal terreno della conoscenza. Conoscere il nemico per combatterlo, con le armi della legalità, della trasparenza, della denuncia, della solidarietà, del coraggio.
Quelli che seguono sono, riassunti, i dati e i numeri principali contenuti nel Dossier 2013, e le buone prassi messe in campo quest’anno contro il gioco d’azzardo, a partire dalla legge regionale approvata all’unanimità in Assemblea legislativa lo scorso luglio.
• Narcotraffico
Sono state 1.859 le operazioni antidroga registrate nel 2012 in Emilia-Romagna, in leggera flessione, come del resto a livello nazionale, rispetto al 2011. Come l’anno precedente, l’Emilia-Romagna si conferma, tuttavia, come un importante mercato della droga, posizionandosi, per numero di operazioni effettuate dalle forze dell’ordine, al quarto posto della “classifi¬ca” nazionale, dopo la Lombardia (3.545 operazioni), il Lazio (2.956) e la Campania (2.341), e pesando, sul dato complessivo con l’8,2%.
Analizzando il dato delle operazioni antidroga a livello provinciale, è a Bologna che si registra il maggior numero di interventi, con 706 operazioni pari al 38% del totale regionale. Bologna, inoltre, registra un significativo incremento rispetto al 2011, anno in cui di sono registrate 679 operazioni. Un altro importante incremento si registra a Parma, dove si è passati dalle 109 operazioni del 2011, alle 161 del 2012. Le maggiori diminuzioni si registrano a Forlì-Cesena, che dalle 141 ope¬razioni del 2011 passa alle 100 del 2012, e a Piacenza, che passa dalle 111 del 2011 alle 85 del 2012.
Quanto alle sostanze, nel corso del 2012 le forze dell’ordine in Emilia-Romagna hanno condotto 491 operazioni antidroga riguardanti la cocaina, 355 l’eroina, 907 hashish e marijuana e 43 droghe sintetiche. Le restanti operazioni (63) riguardano le cosiddette altre droghe.
• Estorsioni e usura
Nel 2012 si registra un incremento, tra il primo e il secondo se¬mestre, del numero di fatti estorsivi segnalati in Emilia-Romagna, in linea con l’incremento registrato a livello nazionale. Il totale delle denunce per¬venute agli organi inquirenti nel 2012 incide del 5,4% sul totale nazionale.
Confrontando i dati del 2012 con quelli degli ultimi quattro anni, si ottiene un quadro più complessivo: nel 2009 le estorsioni tra Rimini e Piacenza erano state 356, significativamente scese a 206 l’anno successivo per poi riprendere a salire, in linea con i dati a livello italiano.
Per quel che riguarda l’usura i numeri sono decisamente inferiori, con 14 casi nel 2012, ma biso¬gna considerare l’importanza di questo strumento, un tempo disprezzato dai boss e oggi utilizzato come testa di ponte per acquisire il controllo di esercizi commerciali e imprese. Se sul totale questo crimine aveva registrato un crollo nel 2010, passando da 371 a 228 casi in dodici mesi, nello stesso anno invece in Emilia-Romagna il dato aumentava da 17 a 19 segnalazioni, per diminuire del 30% l’anno successivo, quando in Italia invece ritornava ad aumentare.
• Riciclaggio
Con 5.192 segnalazioni di operazioni sospette provenienti dagli interme¬diari finanziari, l’Emilia-Romagna è la quarta regione in Italia dopo Lom¬bardia (12.171), Lazio (7.877) e Campania (7.594). Solo nel 2009 gli allarmi si erano fermati a 986, per salire poi a 1.422 nel 2010, più che raddoppiare, fino a quota 3.151, nel 2011 e continuare poi a salire fino a 4.343 nel 2011.
Scorporato a livello provinciale, il dato del 2012 vede una flessione dei dati dal primo al secondo semestre del 2012 in tutte le province della regione. Il dato complessivo vede Bologna come la provincia dalla quale provengono la maggior parte delle segnalazioni all’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia: quasi un quarto del totale re¬gionale. Subito dopo si posizionano le province emiliane di Modena (879) e Reggio-Emilia (822).
• Azzardo
L’attenzione delle forze dell’ordine e della magistratura nei confronti delle infiltrazioni nel settore del gioco d’azzardo in Emilia-Romagna è partico¬larmente alto. Le due principali operazioni svolte nel 2013, che riportiamo nella sintesi a seguire, hanno dimostrato l’interesse delle organizzazioni mafiose, in un caso alleate tra loro per massimizzare gli affari e minimiz¬zare i rischi. L’obiettivo è quello di ripulire i proventi illeciti tramite le ge¬stione di sale gioco e scommesse, l’imposizione di video slot “taroccate”, la gestione di siti per il gioco online illegale.
Nella relazione della Direzione nazionale antimafia del 2012 si legge, nello specifico del gioco d’azzardo, che: “La criminalità di stampo mafioso non si è lasciata certo sfuggire l’opportunità di penetrare in un settore da cui pos¬sono derivare introiti ingenti e attraverso il quale possono essere riciclate ed investite, in maniera tranquilla, elevatissime somme di denaro. Né può essere dimenticato che a fronte di rilevanti introiti economici l’accertamen¬to delle condotte illegali è alquanto complesso, e le sanzioni penali previste risultano piuttosto contenute”. I costi sociali sono al contempo enormi. La Cisl Pensionati dell’Emilia- Romagna ha calcolato in 1.840 euro la “tassa” pagata da ogni cittadino maggiorenne delle regione.
Fortunatamente, sono state prese importanti iniziative, dal punto di vista politico ed amministrativo, e non soltanto giu¬diziario, per contrastare il fenomeno.
Queste le principali operazione portate a termine della forze dell’ordine:
• 23 gennaio 2013, Ravenna. Operazione “Black Monkey” del Gruppo Investigativo sulla criminalità organizzata (Gico) della Guardia di Finan¬za di Bologna, svolta con il supporto dello Servizio Centrale Investigativo sulla criminalità organizzata (Scico) e coordinata dalla Dda di Bologna. I finanzieri hanno eseguito 29 ordinanze di custodia cautelare, di cui 18 in carcere, e sequestrato beni per il valore di 90 milioni di euro, smantellando un gruppo criminale ‘ndranghetista attivo in provincia di Ravenna con ramificazioni in Italia e all’estero.
• 27 giugno 2013, Modena, Reggio Emilia. Operazione “Rischiatut¬to” coordinata dalla Dda di Napoli e condotta, in tutta Italia dai Ros dei Carabinieri di Napoli, dalla Squadra Mobile della Polizia di Frosinone, e dai comandi provinciali della Guardia di Finanza di Frosinone e Caserta, contro una consorteria mafiosa composta da esponenti del clan dei casale¬si, di Cosa nostra catanese e della ‘ndrangheta. Nel corso dell’operazione sono state eseguite 57 ordinanze di custodia cautelare e sono stati seque¬strati beni per il valore di 450 milioni di euro.
• 23 ottobre 2013, Bologna e Roma. Dagli sviluppi dell’operazione “Black Monkey” del gennaio del 2013, i finanzieri del Comando provin¬ciale di Bologna, in collaborazione con il Comando provinciale di Roma, eseguono tre ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Bologna su richiesta della locale Dda. Ad essere interessati dalle misure restrittive sono un funzionario della Corte di Cassazione e due faccendieri, accusati di millanto credito per l’esercizio di indebite pressioni per “ammorbidire” la condanna a 23 anni e 4 mesi di reclusione inferta a Nicola Femia per vari reati associativi. I tre soggetti, in cambio, avrebbero ricevuto compensi in denaro.
Alle azioni degli organi inquirenti si sono affiancate anche numerose contromisure adottate dalle istituzioni – locali e regionali – dal mondo dell’associazionismo e delle imprese. Buone prassi, alcune delle quali qui elencate:
• Legge Regionale n. 5 del 4 luglio 2013, votata all’unanimità dall’Assemblea legislativa. La legge regionale si propone di definire i principi generali e gli strumenti per il contrasto, la prevenzione, la riduzione del rischio della dipendenza dal gio¬co d’azzardo patologico in collaborazione con istituzioni scolastiche, enti locali, Aziende sanitarie locali, Terzo settore e associazioni. La Regione Emilia-Romagna ri¬lascerà inoltre il marchio “Slot freE-R” ai gestori di esercizi commerciali, circoli privati e di altri luoghi deputati all’intrattenimento che scelgono di non installare nel proprio esercizio le apparecchiature per il gioco d’azzar¬do. La legge prevede numerosi obblighi da parte dei gestori, tra i quali quello di frequentare corsi di formazione predisposti dall’Ausl sui rischi del gioco patologico. Altra importante norma introdotta è quella che dà ai Comuni la possibilità di “dettare, nel rispetto delle pianificazioni stabili¬te dal decreto legge 158/2012, previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco”. In altri termini, i Comuni possono vietare l’apertura di sale giochi nei pressi di scuole, centri di aggregazione giovanile, luoghi di cura, ecc.
• “Pluto”- Struttura residenziale per i giocatori d’azzardo pato¬logici. Realizzata dall’Associazione Onlus “Centro Sociale Papa Giovan¬ni XXIII di Reggio Emilia, e inaugurata nel luglio del 2013, è il primo centro di assistenza residenziale per i giocatori d’azzardo patologici. Nella nota dell’associazione si legge che: “I ricoveri saranno brevi e persona¬lizzati (da due settimane a tre mesi) il numero di utenti accolti sarà basso (6 persone alla volta di entrambi i sessi), e gli invii saranno decisi insie¬me alle Ausl competenti per il territorio di residenza del giocatore. Le nostre attività terapeutiche riprenderanno quelle che si dimostrarono già efficaci nella precedente sperimentazione; quindi: test diagnostici specifici, colloqui individuali, gruppi psico-educativi con una trentina di contenuti diversi, lezioni specifiche sul gioco d’azzardo e i pensieri cognitivi erronei, consulenze legali e sulle forme di sovraindebitamento e attività culturali, ricreative e ludiche”.
• Comune di Bologna – Nuovo regolamento di Polizia Urbana. Ap¬provato con delibera di Giunta nell’ottobre 2013, il nuovo regolamento di Polizia urbana del Comune di Bologna introduce delle regole stringenti sulle sale gioco e sulle sale scommesse. L’art. 20, comma 2 del regolamen¬to prescrive che: “Sia rispettata la distanza minima di 1000 m misurata sul percorso pedonale più breve che collega i rispettivi punti di accesso più vicini dai seguenti luoghi sensibili: asili, scuole di ogni ordine e grado, luoghi di culto, ospedali, case di cura, camere mortuarie, cimiteri, caser¬me e strutture protette in genere”. Ovvero, non si potranno aprire sale gioco o scommesse ad una distanza inferiore di 1 km dai luoghi sensibili indicati dal regolamento. Come specifica alle agenzie di stampa l’assessore al Commercio, Nadia Monti: “Il provvedimento non è retroattivo, quindi, non riguarda chi si è già insediato, ma solo le nuove licenze – aggiungendo che – La dipendenza della popolazione più giovane da questo tipo di giochi ci preoccupa, quindi andremo avanti su questa strada”.
• Lavoro nero
La maggior parte dell’attività ispettiva svolta nel 2012 dalle Direzioni terri¬toriali del lavoro e dalla Direzione regionale del lavoro in Emilia-Romagna ha riguardato le imprese attive nel settore del terziario e in quelle dell’in¬dustria. Il numero di lavoratori irregolari individuati è di 22.336. Confrontando quest’ultimo dato con quello delle prime cinque regioni dove è stato riscontato il maggior numero di irregolarità lavorative, risulta che spetta all’Emilia-Romagna il poco gratificante primato di lavoratori irre¬golari individuati nel 2012, davanti alla Lombardia (con 21.893 casi), mentre il numero cala sensibilmente già a partire dalla terza regione, la Puglia, ferma a 11.784 lavoratori irregolari.
• Frodi e contraffazioni agroalimentari
L’Emilia-Romagna è la seconda regione per numeri di controlli (777) effet¬tuati dalla Forestale nel 2012, contro una media nazionale di 404 controlli effettuati. In totale sono arrivate 99 sanzioni ammi¬nistrative, per il valore di oltre 300.000 euro (contro una media nazionale di 190.000 euro), la denuncia di tre persone e il sequestro di 1,15 quintali di prodotti agroalimentari. Su 32 interventi svolti in tutto il territorio nazionale da parte invece delle Fiamme Gialle, due hanno riguardato l’Emilia-Romagna. Il dato interessante è che la Finanza ha sequestrato, nel corso di questi interventi, ben 1.724.485 chilogrammi di prodotti alimentari
Relativamente alle attività svolte dai Carabinieri del Comando Politiche Agricole e Alimentari (Nac), è interessante il dato relativo al contrasto di prodotti agroalimentari contraffatti all’estero. Tra le produzioni più colpite, ci sono il Parmigiano Reggiano e l’Aceto Balsamico di Modena, due dei prodotti tipici dell’agroalimentare di qualità dell’Emilia-Romagna. Nel 2012, delle 23 segnalazioni di prodotti contraffatti e falsamente in¬dicanti marchi di qualità giunte attraverso il canale di cooperazione con l’Interpol, ben 7 riguardano prodotti emiliano-romagnoli.
• Ecomafie
Sono 23 i procedimenti iscritti nel Registro delle notizie di reato ai sensi dell’articolo 260 del codice dell’ambiente, relativo al traffico organizzato di rifiuti, da parte della Dda Bolognese. I dati li fornisce la Direzione na¬zionale antimafia, monitorando le iscrizioni dal gennaio 2010 al giugno del 2012. Un record, si legge nella relazione della Dna. La spiegazione di questo trend negativo la danno gli stessi magistrati: l’Emilia-Romagna, nonostante la crisi, è pur sempre un territorio che “tira”. Molte impre¬se, tuttavia, per abbattere i costi e poter aggiudicarsi importanti appalti, semplicemente decurtano la voce “smaltimento dei rifiuti”.
Scrive la Dna che l’Emilia-Romagna è “un territorio dove sono particolarmente vive attività imprenditoriali il cui svolgimento induce al ricorso a forme alter¬native, cioè illecite, di smaltimento dei rifiuti, ovvero ove si svolgono opere pubbliche precedute da appalti i cui aggiudicatari sono riusciti a vincere la concorrenza con offerte che mettevano in conto il ‘risparmio’ derivante dal detto ricorso”. Il tutto, ovviamente, a discapito di quelle imprese che lavorano nella legalità. Business as usual, verrebbe da dire.
Nella classifica sulle illegalità ambientali stilata annualmente da Legam¬biente, l’Emilia-Romagna è al decimo posto, con 1.035 infrazioni accerta¬te, 944 persone denunciate e 310 sequestri effettuati dalle forze dell’ordine.
• I beni confiscati
Sono 112 i beni confiscati in Emilia-Romagna: 86 sono immobili, mentre 26 sono aziende Per quel che riguarda gli 86 beni immobili confiscati, 14 sono ancora ge¬stiti dall’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati, 55 sono stati destinati e consegnati, 3 sono stati destinati ma non consegnati, mentre 14 sono usciti dalla gestione.
Confrontando i dati regionali con quelli nazionali, emerge subito una differenza evidente nel rapporto tra tipologie di beni confiscati: in Italia per ogni azienda sottratta alla mafia (in totale 1.708) si registrano sette immobili (complessivamente 11.238), in Emilia-Romagna invece questo rapporto scende a una azienda ogni tre immobili.
Nell’attesa di vedere come andrà a finire, quello che dobbiamo registrare è l’instancabile avanzata delle cosche, abili nel realizzare ingenti profitti an¬che in un quadro complessivo di difficoltà diffusa a livello imprenditoriale e finanziario. La forza della ‘ndrangheta risiede nella forza di intessere relazioni con set¬tori della vita civile e pubblica che dovrebbero essere naturalmente esenti dalla criminale infezione. Al contrario, il contagio che produce la sua azio¬ne risulta così pervasivo in ragione dello straordinario mix tra tradizione e modernità, vero tratto distintivo che ne connota le manifestazioni degli ultimi tre/quattro decenni. Una “vocazione imprenditoriale” quella della ‘ndrangheta che, secondo gli analisti, è andata evolvendosi impetuosamen¬te fuori dai confini calabresi per straripare anche nelle altre regioni italiane, dove si è indirizzata prevalentemente verso le commesse pubbliche, ren¬dendo per questo ineludibile un maggiore sorveglianza sugli appalti come primo strumento di contrasto all’avanzata delle cosche.
La conclusione della Dia non autorizza facili ottimismi al riguardo: “La ‘ndrangheta si conferma, quindi, tra i più insidiosi fenomeni criminali or¬ganizzati, i cui profili di sviluppo, superando il modello arcaico basato sulla pressione militare sul territorio, si protendono alla creazione di aree ove, simultaneamente, attori della legalità compiacenti e soggetti della concla¬mata illegalità si danno reciproco sostegno, per conseguire utilità di diversa natura”.
• Organizzazioni, famiglie, mercati e territori: nasce “l’altra ‘ndrangheta”
L’allarme di inquirenti e forze dell’ordine è ai massimi livelli in particolare nei riguardi dell’Emilia.
Reggio Emilia, Piacenza, Parma e Modena, infatti, sono state province interessate da una consistente ondata migratoria in passato e gli affiliati ai clan facendo leva su questo elemento hanno potuto godere di appoggi e coperture, loro riconosciute non sempre con¬sapevolmente: “Nell’area di cui si tratta è insediata la ‘ndrangheta. Ed, in particolare, quella proveniente dalla zona di Cutro, provincia di Crotone, area da cui vi è stata la più massiccia emigrazione dalla Regione Calabria verso l’Emilia-Romagna”, si legge sempre nei rapporti Dna.
Dati quindi ormai per assodati i meccanismi della delocalizzazione in que¬sto territorio, ne consegue una nuova definizione del fenomeno mafioso: una “altra ‘ndrangheta” all’opera in Emilia, come viene ribattezzato nella relazione della Dna. “Con questa espressione s’intende un gruppo di soggetti criminali – a vol¬te affiliati, a volte nemmeno affiliati – che risultano godere in un largo margine di autonomia dalla locale madre di Cutro, ma sono obbligati nei suoi confronti per la rendicontazione dei risultati economici delle proprie imprese illegali impiantate in loco, tramite la corresponsione in quota mag¬gioritaria di quanto incassato nel corso del medio e lungo periodo”.
PRESIDENTE COSTI: ‘CONTRASTO ISTITUZIONALE E CULTURALE’
In Emilia-Romagna la battaglia contro le mafie continua, in nome della legalità, dei diritti e della libera concorrenza in economia. Questa regione si conferma infatti una terra a cui puntano le cosche, così come succede a tutto il Nord Italia, in un’opera di conquista portata avanti senza azioni criminali eclatanti ma attraverso l’infiltrazione silenziosa nel tessuto produttivo (usura, estorsioni, acquisizione di impresa in difficoltà), istituzionale (appalti) e sociale (boom del gioco d’azzardo e dei compro oro): a spaventare è in particolare “l’altra ndrangheta”, un gruppo di soggetti criminali – a vol¬te affiliati, a volte nemmeno tali – che risultano godere di “un largo margine di autonomia”, ma sono comunque obbligati nei confronti dei vertici dell’organizzazione criminale – “la locale madre a Cutro” – “alla rendicontazione dei risultati economici delle proprie imprese illegali”. È altrettanto vero però che l’Emilia-Romagna reagisce: se infatti si registrano “l’ingresso in scena di nuovi ‘reati spia’ (quelli cioè che indicano un tenta¬tivo di infiltrazione mafiosa, magari in campi sinora non toccati o scanda¬gliati dalle indagini)”, e il “consolidamento di presenze nei settori più tradizionali della criminalità organizzata”, contemporaneamente “le risposte politiche e sociali si sono aggiornate, hanno assunto più forza sia in campo istituzionale che culturale, ad esempio nelle scuole e nelle inizia¬tive che hanno coinvolto professionisti e mondo del lavoro”. E proprio quest’anno “dobbiamo registrare ulteriori nuove ‘buone prassi’, nuove leggi, come ad esempio quelle sul gioco d’azzardo della Regione Emilia-Romagna”.
E’ il quadro emerge dal Dossier 2013 “Mosaico di mafie e antimafie. I numeri del radicamento in Emilia-Romagna”, realizzato dalla Fondazione Libera Informazione e frutto della collaborazione con l’Assemblea legislativa regionale dell’Emilia-Romagna. Il Dossier, giunto alla terza edizione, è stato presentato oggi in Assemblea legislativa da Lorenzo Frigerio, giornalista di Libera Informazione, presenti Roberto Pennisi, magistrato della Direzione Nazionale Antimafia, e Serena Bersani, presidente Associazione Stampa Emilia-Romagna. A moderare l’incontro Santo Della Volpe, presidente della Fondazione Libera Informazione. I lavori sono invece stati chiusi da Palma Costi, presidente dell’Assemblea legislativa regionale.
I numeri contenuti nel Dossier mettono in rilievo in particolare la rilevanza del riciclaggio di denaro sporco, campo nel quale l’Emilia-Romagna è salita al quarto posto dopo Lombardia, Lazio e Campania, per numero di segnalazioni di operazioni sospette, 5.192 in un anno, passando dalle 986 del 2008 al dato quintuplicato del 2012. Fronte del riciclaggio nel quale colpisce l’irrompere sulla scena del fenomeno dei “compro oro”, settore nel quale la Guardia di Finanza ha segnalato l’ingresso delle mafie, con esportazioni fittizie di oro per mascherare vendite in nero di metallo prezioso e truffe con denunce di quantitativi di oro “non corrispondenti a quelli effettivi” per mascherare furti e riciclaggio da acquisti in nero. L’usura si è purtroppo mantenuta sui livelli degli anni precedenti, mentre le estorsioni sono tornate a crescere rispetto, ad esempio, ai dati in leggero calo del 2010 e 2011. E anche i “danneggiamenti” a seguito di incendi (non direttamente di natura ma¬fiosa, ma anch’essi “reato spia” del fenomeno), sono aumentati in Emilia-Romagna, secondo gli ultimi dati Istat, purtroppo fermi alla fine del 2011. “E tutto questo- sottolineano gli autori del Dossier- è avvenuto mentre le denunce dei commercianti non si sono moltiplicate come auspicato”.
Ma il senso del contrasto alle mafie, anche a partire dalle istituzioni, si legge nelle cifre della confisca dei beni sottratti alla criminalità organizza¬ta, e poi destinati ad un uso sociale: su 112 beni (86 immobili, 26 aziende) confiscati in tutta la regione, ben 55 sono stati destinati all’uso sociale, mentre solo 14 sono usciti dalla gestione, con punte di vero virtuosismo in province come quelle di Forlì-Cesena, seguita da Bologna, Ferrara e Ravenna. Per le aziende confiscate va segnalato invece che 18 sono entrate in gestione, in particolare a Bologna, mentre 8 ne sono uscite. “Il che fa capire le difficoltà ancora da affrontare per l’assegnazione e la continuità produttiva e gestionale di queste aziende confiscate, oltre a far nuovamente emergere il radicamento delle mafie e degli investimenti criminali nella regione”, spiegano gli esperti di Libera.
Ma alla “forza delle associazioni criminali (Cosa nostra, Camorra e ‘Ndran¬gheta)”, si legge sempre nel Dossier, “si contrappone una vigilanza attiva nella quale le associazioni di ca¬tegoria (dai sindacati alle Camere di Commercio, dagli Ordini professio¬nali alle associazioni di commercianti) hanno cominciato ad avere un ruolo nella risposta dei cittadini; mentre gli Enti locali e le Istituzioni, a partire dalla Regione Emilia-Romagna, hanno offerto sponde attive nel far emer¬gere il problema ‘mafie’ nella vita quotidiana, rompendo quella diffidenza che faceva chiudere gli occhi di fronte alla gravità della presenza criminale”.
“La mafia va contrastata tanto dal punto di vista istituzionale quanto da quello culturale. Per noi quella per la legalità è e resta la mostra prima, grande battaglia, fa parte dei valori che vogliamo difendere ad ogni costo- spiega Palma Costi-, l’attenzione delle istituzioni deve sempre essere molto alta, agendo sia sulla prevenzione sia tramite iniziative concrete, in un percorso da portare avanti insieme a tutti i soggetti della società civile e in questo contesto l’Assemblea vuole fungere da collante”. Tra le iniziative che la presidente rivendica ci sono “tutte le nostre leggi in materia, dalla prima contro le infiltrazioni mafiose in edilizia del 2010 a quella per la prevenzione del crimine organizzato del 2011, fino all’ultima, del luglio scorso, per il contrasto al gioco d’azzardo. Ma soprattutto- sottolinea la presidente dell’Assemblea- voglio ricordare i 12.500 ragazzi delle scuole che nel 2012, attraverso il nostro progetto ‘conCittadini’, si sono impegnati sui temi della legalità, dei diritti e dell’educazione civica. E questo Dossier che presentiamo oggi rappresenta uno strumento fondamentale di conoscenza di ciò che vogliamo combattere e sconfiggere: le Mafie”.
Come avverte Roberto Pennisi, magistrato della Direzione Nazionale Antimafia, “bisogna riconquistare il valore della legalità che si sta perdendo e reagire a questa forma di oppressione della libertà che è la presenza mafiosa. In tempi di crisi economica è facile ‘conquistare’ per chi ha una grande capacità economica- spiega-, non siamo di fronte a un fenomeno di colonizzazione ma di delocalizzazione, come sottolinea alla perfezione il Dossier che stiamo presentando, una iniziativa che è particolarmente importante perché promossa anche da un ente pubblico, non dimentichiamo mai che non esiste mafia senza rapporto con il potere”.
(Il Dossier 2013 su mafie e antimafie in Emilia-Romagna è disponibile e scaricabile sul sito dell’Assemblea legislativa: http://www.assemblea.emr.it))