Durante le ultime elezioni politiche Scelta Civica si è presentata come quella forza politica che, provando a superare le tradizionali separazioni tra destra e sinistra, ha tentato di mettere assieme tutti i riformisti che hanno come obiettivo quello di mettere in pratica quelle riforme radicali nel campo dell’economia, delle riforme istituzionali, della società che possano modernizzare l’Italia, farla uscire dalla crisi e metterla sul sentiero della costruzione politica europea. Questo programma, noto come Agenda Monti, è quindi di fatto un’agenda liberal-democratica per la “Riforma Europea” dell’Italia. L’Europa è di fatto il vero discrimine che divide la politica italiana. Occorre infatti avere la capacità di distinguere tra la polvere quotidiana delle polemiche politiche e le strategie di fondo dei partiti (quando queste ci sono).
Le autorità europee, di cui facciamo parte, ci chiedono stabilità e affidabilità dell’Esecutivo (come premessa indispensabile per progettare e traguardare riforme). E il PDL (o la nuova Forza Italia che dir si voglia) di Silvio Berlusconi risponde da mesi con una vera e propria strategia dell’instabilità, fino ad arrivare all’atto gravissimo delle dimissioni dei parlamentari e del ritiro dei ministri dal Governo. L’Europa, anche con il contributo dell’Italia, del Governo Monti prima e Letta poi, ha individuato una strategia per uscire dalla crisi: detassare prioritariamente l’impresa e il lavoro, solo in secondo luogo i consumi, e per ultimi i patrimoni. Esattamente il contrario di ciò che il Pdl ha obbligato a fare con la vicenda IMU, mettendo a repentaglio anche la tenuta dei conti pubblici.
E a chi critica (talvolta a ragione) un’Europa troppo distante dai bisogni dell’Italia, occorre chiaramente rispondere che l’Europa saprà parlare tanto più italiano, quanto più l’Italia risulta essere credibile e seria nel contesto internazionale ed europeo. Non si fanno certo gli interessi degli italiani dimostrandosi sempre la solita italietta provinciale e inaffidabile, proponendo di uscire dall’Euro, o facendo le corna nei consessi internazionali. Dobbiamo imparare a comportarci da grande nazione quale siamo.
Le larghe intese, in Italia come altrove, hanno un senso se sono l’alleanza di forze politiche diverse impegnate nella difesa e attuazione della strategia europea dell’Italia. Non possono certo rappresentare il governo della conservazione e del galleggiamento come quello che abbiamo visto negli ultimi mesi. A causa soprattutto delle dinamiche interne dei partiti principali Pd-Pdl e dell’irresponsabilità totale del Pdl, come detto sopra.
In questo ottica la crisi, se affrontata con lungimirante strategia da tutti gli attori in campo, potrebbe portare ad un quadro chiarificato: da una parte tutti coloro che credono in un’Italia pilastro fondamentale degli Stati Uniti d’Europa e dall’altra gli anti-europeisti e populisti.
Avremmo dunque nei primi, alla guida del Paese, insieme a Scelta Civica, la parte maggiore del PD (di cui purtroppo ancora si fa fatica ad intravedere i confini del dibattito congressuale) e anche una parte importante degli elettori del Pdl (che sono in buona parte il ceto medio, gli imprenditori, gli artigiani e i liberi professionisti che tradizionalmente non si sono riconosciuti nella sinistra ma che non sono disposti a seguire Berlusconi nel suo avventurismo e nelle sue battaglie personali). Dall’altra parte, all’opposizione, un polo populista composito, costituito dai Gasparri e dai Brunetta, da Bossi e da Maroni, Da Grillo e dai No-Tav, da quella parte di sinistra che vuole più spesa pubblica e che magari rimpiange l’epoca in cui potevamo svalutare a piacimento la nostra vecchia lira (senza dire che però la conseguenza di quelle azioni è l’enorme debito pubblico che abbiamo sulle spalle).
Questo è quello che potrebbe esserci oltre la coltre della polvere e delle polemiche. La crisi che si è aperta è l’ennesima che sta segnando il crepuscolo del berlusconismo. Chi fa politica in maniera responsabile e onesta ha il dovere di gettare i semi per una nuova stagione. Di fatto gli ultimi vent’anni sono stati segnati dal discrimine Berlusconi, che ha diviso il campo politico in due blocchi contrapposti. Già questo dice molto sul declino italiano, cioè sul fatto che la politica si è divisa e ha dibattuto non sul futuro dell’Italia e dell’Europa o sui grandi valori (pensiamo al fatto che il grande discrimine del novecento è stato la guerra fredda, due visioni del mondo, capitalismo e comunismo), ma si è invece divisa sulla figura di Silvio Berlusconi.
Se questo chiarimento politico salutare fosse l’esito della crisi che si è aperta drammaticamente in questi giorni, potremmo quasi dire che non tutto il male viene per nuocere.
(Simone Montermini – Coordinatore Provinciale Scelta Civica Reggio Emilia)