È prima di tutto il ritratto di un artista, di un artigiano e di un creatore di forme il documentario dedicato a Paolo Soleri proiettato oggi a Cersaie per la prima volta. Si intitola infatti “Beyond Form” l’opera realizzata dalla filmmaker indipendente Aimee Madsen, momento centrale dell’evento “A vision is indeed reality: a tribute to Paolo Soleri”, organizzato per celebrare l’architetto-filosofo di origini italiane scomparso il 9 aprile di quest’anno, celebre per aver parlato per la prima volta di “arcologia”, disciplina che unisce architettura ed ecologia, e per aver fondato Arcosanti, il prototipo di città-esperimento sorta in Arizona.
A commentare la proiezione, oltre alla stessa regista, c’era Roger Tomalty, amministratore di Cosanti Foundation – la scuola-cantiere fondata in Arizona da Soleri nel 1961 – che ha lavorato fianco a fianco in modo continuativo con Soleri dal 1970, nella sua attività di designer e costruttore. Con lui l’architetto Michael P. Johnson, per cinquant’anni collaboratore di Soleri, e la storica e giornalista di architettura Chiara Baglione, che ha moderato l’incontro.
“Il piacere del fare e del lasciare le proprie tracce sulla materia – ha rilevato Chiara Baglione – è forse uno degli aspetti che emergono con più forza dalla pellicola”. Piacere che nella vita di Soleri si è sempre accompagnato a un profondo senso di responsabilità in ciò che si fa e si lascia in eredità. “La responsabilità dell’architettura”, un’idea densa di implicazioni, tutte molto attuali, che anticipano il concetto di sostenibilità nel costruire.
È tutta riassunta in Arcosanti la visione di Soleri. Una città di 5mila abitanti, dove le auto sono bandite e le distanze si misurano in minuti di cammino. Una struttura urbana compatta e autonoma a tecnologie pulite, dove vita, lavoro e gioco si svolgono sotto lo stesso tetto. “Non ho mai pensato a Paolo come a un architetto – ha raccontato Johnson – ma prima di tutto come a un filosofo, intento a ragionare sulla vita presente e futura e a come vivere in armonia con la natura. Del resto la sua figura di architetto è assai diversa da quella degli architetti di oggi, molto più simili a imprenditori”.
“Considerando l’ambiente come la chiave che consente agli uomini di interagire, Soleri risultava innovativo negli anni Sessanta soprattutto negli Stati Uniti”, ha aggiunto Roger Tomalty. “La sostenibilità è però divenuta oggi il concetto base del nostro millennio, nonostante spesso gli architetti, anche celebri, la considerino un dispositivo o un oggetto e non ne colgano l’essenza”.
Essenza che si coglie in pieno invece ad Arcosanti. “Quando le persone la visitano, restano a bocca aperta”, ha raccontato Aimee Madsen. “Nel mio film ho voluto cogliere una sfida e raccontare perché questo accade, non attraverso le idee, quindi, ma attraverso le sue stesse creazioni. Volevo un Soleri diretto”. Ma quale sarà il futuro di Arcosanti ora che il suo creatore se n’è andato? “La vera forza di quel luogo non è la città in sé – ha concluso Tomalty – ma il processo cui è stata realizzata, in armonia con l’ambiente. Le cose quindi non cambieranno, anche grazie alla Fondazione no profit e alla presenza di tanti studenti di architettura arrivati per condividere la visione di Soleri”.
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Anche uno scarabocchio fatto in pochi secondi può essere un capolavoro. E anche un foglio di carta bianca, semplicissimo, può essere trasformato in un’opera d’arte. A insegnarlo agli studenti delle scuole secondarie di Bologna è stato, questa mattina al salone internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredobagno, Riccardo Dalisi.
Il grande architetto e designer napoletano, ospite dell’edizione 2013 del Cersaie, è un artista a tutto tondo che ha dimostrato, a partire dalla fine degli anni Sessanta, come tutto possa essere trasformato per diventare una invenzione.
“Il primo passo – ha spiegato agli studenti -, è la conoscenza dei materiali: ognuno ha una propria voce. Un progetto di architettura può partire anche dal ritaglio di un foglio di carta”. Foglio che, come ha mostrato Dalisi, può essere trasfigurato dall’estro e dall’inventiva con pochi semplici gesti, con una manualità che precede il pensiero e diventa azione creativa che si manifesta d’impulso. Ad accogliere Dalisi, nella sala dell’Europauditorium, è stata Anna Zannoni, presidente della Commissione Formazione di Confindustria Ceramica. “La scuola per noi – ha detto Zannoni -, è molto importante. E soprattutto è importante il legame con le imprese, con il sistema produttivo”.
L’incontro tra Dalisi e gli studenti fa parte infatti di un percorso di formazione e rapporto di collaborazione tra sistema scolastico e aziende che per Confindustria Ceramica costituisce una leva di competitività. Per l’artista, molto applaudito, ogni materiale, anche il più povero, può essere utilizzato e plasmato. Sia esso carta, cartoncino, legno, cartapesta e persino filo spinato. “Anche da un errore – dice Dalisi -, può nascere un’opera artistica. Una goccia di colore che cade inavvertitamente può diventare altro, una creazione”. Così è anche per la ceramica, rivista e ripensata fino a diventare materiale sul quale sperimentare innovazioni stilistiche. Così per la cartapesta, che si trasforma in sedie. O per il filo di ferro, capace di assumere le forme di una scultura. “Anche i materiali più poveri – ha spiegato l’artista agli studenti –, si prestano ad essere usati per una progettazione immediata, per un metodo inventivo diverso. Un progetto dovrebbe sempre nascere della passione, da un desiderio di creare che anticipa il progetto di analisi”.
E’ così che, circondato da studenti chiamati a sperimentare la progettazione immediata con fogli e cartoncini, che Dalisi ha impartito la sua lezione “alla rovescia”. L’impulso genuino per Dalisi è importante, perché è da quell’impulso “che nasce qualcosa di fresco, di non troppo pensato”. E quel qualcosa di fresco può essere di volta in volta un gioiello, una poltrona, una sedia, una lampada, un divano. Qualcosa che sovverte, che stimola l’intelletto. E diventa un pezzo importante di un made in Italy fatto di estro.