Prende il via martedì 27 agosto, nell’area di Ponte Alto, la sesta Festa provinciale del Partito democratico modenese. Taglio del nastro alle ore 18.30 alla presenza, tra gli altri, del ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge. Lo stesso ministro Kyenge sarà la protagonista del primo appuntamento politico serale, alle ore 21.00, al Palaconad dove verrà intervistata dal giornalista Rai Duilio Gianmaria. La serata si chiuderà con un inedito spettacolo di fuochi artificiali sull’acqua dell’Arena sul lago, accompagnato da musiche.
Festa Pd Ponte Alto, “Credere e investire nella cultura”
Presentazione di libri, spettacoli teatrali e di cabaret, proiezioni di film e documentari, due mostre fotografiche sulla ricostruzione, confronti e dibattiti: lo spazio Ricostituente, alla sesta Festa provinciale del Partito democratico modenese, non solo si conferma, ma si presenta rafforzato nell’offerta, tutta incentrata sulla cultura come punto di partenza per il rinnovamento della comunità e della persona. Allo spazio Ricostituente si parlerà della strage di Utoya, a due anni da quei tragici fatti, con la presentazione, in anteprima nazionale, del pluripremiato documentario “Wrong time, wrong place”, ma si ricorderanno anche il 70esimo anniversario della Resistenza e il 40esimo anniversario del golpe in Cile. Dallo spazio Ricostituente passerà il fumettista Cesare Buffagni che si cimenterà in un inedito mix tra cabaret e fumetto. Lo scrittore e giornalista Daniele Biacchessi narrerà la stagione della Resistenza in “La Rossa primavera”. Verranno presentati libri sulla figura della prima presidente-donna della Camera dei deputati Nilde Iotti, sui desaparecidos argentini, sull’indignazione come arma per cambiare il mondo. Si discuterà di donne e precariato nel mondo dell’informazione, verranno presentati i cortometraggi prodotti dai videomaker modenesi, si approfondirà l’arte della fotografia. E poi ancora la violenza sulle donne raccontata dagli artisti del Teatro dell’Orsa, premio del pubblico al Festival Resistenza di Casa Cervi, e 1984 di Orwell letto da Fabrizio Pagella ed Edoardo Ribatto. Un programma che intreccia i tanti modi in cui la cultura si esprime nel mondo odierno, nella convinzione che è proprio dalla cultura che bisogna ripartire: “Continuiamo ad essere convinti – spiega Irene Guadagnini, attrice, presidente dell’Assemblea cittadina del Pd, curatrice dell’intera programmazione dello spazio Ricostituente – che il pensiero, l’elaborazione, lo scambio siano il sale della società da cui trarre energia e nuove forze, da cui poter ripartire. Senza dimenticare i momenti di convivialità, di intrattenimento e piacevolezza. Valorizzando le persone e le realtà che operano nei nostri luoghi durante tutto l’anno, e quelli che ci vengono a trovare “da fuori” (vicino o lontano che sia questo “fuori”) per portare uno sguardo nuovo. Insistendo – conclude Irene Guadagnini – a credere e a investire nella cultura”
“Pei soli pedoni”, in mostra la Modena che non ti aspetti
Non era stata l’austerity, che pure quell’anno aveva ridisegnato le domeniche degli italiani, ma il Comune di Modena a decidere di sgomberare il centro della città dalle tante automobili che, all’epoca, potevano ancora percorrere la via Emilia e parcheggiare accanto al Duomo. Il fine era di tipo tecnico: elaborare un quadro conoscitivo urbanistico e architettonico della città storica. Il risultato fu una ingente raccolta fotografica degli edifici, delle strade, degli angoli e dei cortili di una Modena che, a distanza di quarant’anni, è cambiata, ma non poi così tanto come crediamo. I 1.700 scatti che il fotografo Paolo Monti costruì in quel lontano agosto 1973 sono oggi custoditi nella Biblioteca civica d’arte Luigi Poletti. A partire da quell’imponente lavoro, Fausto Ferri ha ideato, per la Festa provinciale del Pd modenese, un’inedita mostra che raccoglie oltre 420 immagini di Paolo Monti inserite in un percorso che, plasticamente, segue quello delle vecchie mura cinquecentesche della città. Titolo dell’esposizione “Pei soli pedoni – Modena senz’auto nell’estate del ‘73”. Nel caso di Ponte Alto, i “pedoni” si muoveranno tra le immagini di Monti camminando sulla pianta, in scala, della città storica che, all’epoca, era stata l’oggetto della campagna fotografica voluta dal Comune. Nelle immagini di Monti, invece, i “pedoni” erano gli unici abitanti, insieme a qualche raro ciclista, di un mondo in bianco e nero, fatto di caldo, mura, arcate e botteghe artigiane. “In questi mesi – racconta Fausto Ferri – ho voluto rifare il percorso di Monti. Sono tornato in tutti i luoghi da lui fotografati, per vedere cosa e come è cambiato il cuore della nostra città. Ci sono garage dove, una volta, c’erano finestre. I cortili interni sono ormai chiusi dai portoni. I colori degli edifici sono stati rinnovati. Ogni angolo è una sorpresa. I modenesi doc si divertiranno, credo, a rifare quel percorso insieme a me”. Paolo Monti era fotografo già affermato quando venne chiamato dall’Amministrazione cittadina a elaborare una ricognizione fotografica della città storica. L’editore Livio Garzanti gli aveva affidato il commento visivo della Storia della letteratura italiana e lì era iniziata la collaborazione con Andrea Emiliani che spronò Monti a esplorare, per primo, le strade professionali del rilevamento fotografico dei beni culturali e architettonici. Quando arrivò a Modena, analoghi lavori gli erano già stati commissionati da altre città, come Bologna. “L’importanza culturale del lavoro non è contraddizione, come può apparire, con la finalità tecnica del rilievo – spiega Vanni Bulgarelli, responsabile provinciale del programma Pd, e studioso dei mutamenti della città nel Novecento – Monti produce insieme rilievi architettonici e dettagli edilizi, quinte del paesaggio urbano, scoperta di luoghi privati ignoti ai più, restituendo un’immagine paesistica di uno spazio urbano, per certi versi dimenticato, con l’idea di ricostituirne, salvaguardandola, quella originaria”. Una mostra, quella allestita alla Festa provinciale del Pd, che vuole essere anche una “provocazione” culturale e politica in senso lato: “Questa mostra è il paradosso poetico di un’utopia urbanistica – conferma Fausto Ferri – l’idea di una città senz’auto. Una tesi che, se oggi sembra contraddire il realismo del senso comune, grazie agli scatti di Monti diventa non solo immaginabile, ma tangibile”.