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Mariarita Bortolani (Cisl Scuola): “La Scuola degli acronimi”

MariaritaBortolaniCislSempre più spesso il personale della Scuola ha a che fare con sigle indecifrabili ai più: TFA (tirocinio formativo attivo), PSA (percorso abilitante speciale), GAe (graduatorie ad esaurimento), PEP (Piano educativo personalizzato) PDP (Piano didattico personalizzato), Pei (Piano educativo individualizzato), ADHD (Sindrome da deficit di attenzione ed iperattività); PAI (Piano annuale dell’inclusione)…. e così via.

Nonostante le nobili intenzioni di realizzare una scuola sempre più inclusiva, in diverse occasioni gli acronimi richiedono una formazione specifica, un impegno consistente e qualche scelta o decisione non condivisa.

Si considerino, ad esempio, i DSA (Disturbi specifici d’apprendimento) ed i BES (Bisogni educativi speciali): tutti concordiamo sulla necessità di tener ben presenti le differenze e le difficoltà specifiche dei singoli alunni, d’apprendimento, relazionali, comportamentali ecc…, senza dimenticare la necessità di aggiornare costantemente le strategie didattiche per adeguarle alle nuove sfide e complessità. Ma, nell’estendere “a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento” (così come sancisce espressamente la Circolare Ministeriale sui Bisogni educativi speciali) e nel prevedere come strumento privilegiato il percorso individualizzato e personalizzato, redatto in un apposito documento, si tralascia un “piccolo” dettaglio: tutto il lavoro sommerso, spesso sottaciuto e non riconosciuto, di molti docenti.

Forse le preoccupazioni di famiglie ed associazioni di genitori che avevano vissuto o temevano la “non presa in carico” da parte della Scuola delle difficoltà degli alunni, hanno indotto la definizione di alcuni spcifici provvedimenti. Ma, “catalogare” gli alunni può essere rischioso: ormai non si fa più riferimento ad un gruppo classe, ma, ad alunni disabili, stranieri, DSA e con BES….”Catalogare” implica una sorta di medicalizzazione, un proliferarsi di certificazioni e diagnosi, rischiando così di disperdere e depauperare le competenze pedagogiche.

Anche la stessa pratica di dispensare può essere pericolosa: prevedere delle misure dispensative (per alcuni alunni, ad esempio, si può prevedere che siano dispensati dalla lettura ad alta voce, dalla correzione di tutti gli errori nei testi scritti, dal farli copiare dalla lavagna, dallo studio mnemonico delle tabelline ecc.) non potrebbe portare alla dispensa dall’insegnamento?

Ma la finalità principale della Scuola non è educare, formare….insegnare?

 

(Mariarita Bortolani, Segretaria Cisl Scuola Reggio Emilia)

 
















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