Integrazione, programmazione partecipata, riorganizzazione per rispondere ai bisogni di una comunità regionale che subisce gli effetti della pesante crisi economico-sociale e che è stata duramente colpita dal terremoto del maggio 2012. Sono le indicazioni attuative, per il biennio 2013- 2014, del primo Piano sociale e sanitario della Regione Emilia-Romagna che ne confermano, nell’impianto generale, le scelte di fondo aggiornandole “nell’ambito di un convinto rilancio delle politiche pubbliche di integrazione tra l’area sociale e sanitaria” ma anche tra l’insieme di tutte le politiche pubbliche “come condizione per lo sviluppo della rete dei servizi e della valorizzazione delle comunità locali”.
Le indicazioni attuative, proposte dalla Giunta regionale e approvate oggi dall’Assemblea legislativa, rilanciano il welfare “da troppo tempo, a livello nazionale – si legge nel documento – non considerato come valore strategico per lo sviluppo e la coesione sociale” e, al contrario, considerato “alla stregua di un forziere da cui attingere per la riduzione della spesa pubblica”. Fulcro del piano, appunto, l’integrazione e la partecipazione al sistema di tutte le formazioni sociali partendo da una programmazione partecipata la cui responsabilità è pubblica e che punta anche all’innovazione.
“Troppo spesso tutto diventa crisi”, ha sottolineato l’assessore regionale alle Politiche per la salute Carlo Lusenti. “Noi abbiamo di fronte, invece, cambiamenti demografici, epidemiologici, sociali, tecnologici e di competenze scientifiche con cui dobbiamo confrontarci per cambiare e rendere il sistema più efficiente, senza subire una logica di tagli lineari che non abbiamo mai condiviso”. Il piano sociale e sanitario, ha spiegato Lusenti, “è un documento di impianto entro cui confluiranno tutte le azioni della Regione a favore dei servizi che rispondono ai bisogni primari dei cittadini, quelli che fondano una comunità”.
“Di fronte a un impoverimento generale della popolazione – ha detto l’assessore regionale alle Politiche sociali Teresa Marzocchi – e alla necessità di sostenere il futuro, le nuove generazioni e tutte le fragilità della popolazione e delle famiglie, l’obiettivo di riferimento è un welfare che pur garantendo le necessarie risposte sanitarie offra un accompagnamento sociale più forte, legato al territorio e gestito nella trasversalità”.
Sul fronte delle risorse, le linee attuative ricordano che nel 2013 “per la prima volta nella storia del Servizio sanitario nazionale”, le risorse del Fondo sanitario sono inferiori a quelle dell’anno precedente (-81 milioni per l’Emilia-Romagna, a fronte di un aumento dei costi dei fattori produttivi pari a circa 120 milioni); i tagli complessivi al Fondo sanitario nazionale, determinati dalle ultime manovre economiche compresa la legge di stabilità 2013, ammontano a oltre 30 miliardi di euro nel triennio 2013-2015 (il Fondo sanitario nazionale è di 106.824 milioni nel 2013, 107.716 nel 2014, 107.616 nel 2015, era di 108.780 nel 2012 prima della “spending rewiew”, di 107.880 dopo la manovra). Per perseguire equilibrio economico-finanziario 2013, a conferma di quanto avviene da diversi anni, l’Emilia-Romagna, oltre ad aver stanziato dal proprio bilancio 150 milioni di euro, deve mettere in atto economie per 260 milioni di euro “e senza ridurre quantità e qualità dei servizi”.
Analogo discorso può essere fatto nell’area dei servizi e degli interventi sociali, che non sono neppure tutelati da un adeguato finanziamento dei livelli essenziali e sui quali la scure dei tagli si è abbattuta proporzionalmente ancora più pesantemente. Quest’area nel corso degli ultimi 5 anni è stata interessata da un taglio di risorse statali superiore al 90%: il Fondo nazionale per le Politiche sociali è passato da 929 milioni nel 2008 ai 42 milioni del 2012, così come si sono notevolmente ridotti i diversi fondi nazionali di settore.
Di fronte a questo scenario, l’efficacia dell’intervento sulla promozione della salute potrà essere garantito da una governance inclusiva di tutte le risorse, degli strumenti e delle competenze professionali e l’obiettivo generale rimane la realizzazione di un sistema di welfare basato su una prospettiva dei diritti dei cittadini all’accesso, alla personalizzazione degli interventi, alla partecipazione attiva ai progetti di sostegno e cura oltre l’attenzione alle singole prestazioni. E, in ultimo, una governance che esprima il consolidamento e la semplificazione del sistema e della gestione degli interventi di integrazione socio-sanitaria, intesi anche come capacità di riconoscere i nuovi bisogni dei cittadini e di presidiare la corretta attivazione dei percorsi di cura e di assistenza.
L’Emilia-Romagna rilancia, dunque, le sue politiche per un welfare universalistico (sia pure selettivo, quando si riferisce all’ambito sociale), pubblico nella programmazione e definizione dei bisogni, basato sulla integrazione tra politiche sanitarie e politiche sociali per perseguire salute e benessere.
Dovrà essere migliorata la presa in carico della popolazione fragile (anziani spesso non autosufficienti e soli, ma anche famiglie e adolescenti in condizione di povertà o disagio); dovrà essere ulteriormente promossa e monitorata la qualità e la sicurezza sia nelle cure che nei luoghi di lavoro; dovrà essere perseguita la qualificazione del personale e l’equità di accesso ai servizi in tempi adeguati al bisogno.
Le indicazioni attuative, quindi, riguardano in particolar modo fenomeni e bisogni emergenti, figli anche della crisi in corso. Temi di forte interesse e rilevanza sociale sui quali si concentreranno gli interventi e il lavoro di programmazione per mettere in campo quelle risposte necessarie a mantenere coesa la società emiliano-romagnola.
SINTESI DEI CAPITOLI DEL PIANO SOCIALE E SANITARIO
Povertà
Il fenomeno nuovo è quello del cosiddetto “ceto medio impoverito”. Una fascia di popolazione sempre più vasta che, attraverso l’innovazione sociale, dovrà essere intercettata dai servizi territoriali.
I giovani e il futuro
La Regione si è posta l’obiettivo di un ripensamento delle politiche per le nuove generazioni. Deve essere assicurata la loro partecipazione alla vita sociale e diventa sempre più importante porre attenzione alle prospettive offerte dalla scuola e dalla formazione in genere in chiave lavorativa. Per superare queste condizioni, l’idea è quella di promuovere percorsi di cittadinanza tra pari.
Il valore della coesione
Soprattutto in un momento difficile come quello attuale, la coesione sociale è un valore e la capacità di una comunità di essere solidale è una risorsa per affrontare le situazioni più difficili. I servizi devono calarsi in questa realtà e promuovere la creazione di reti solidali e di aiuto.
La scelta della partecipazione
Partecipazione e coinvolgimento sono le parole chiave adottate dalla Regione e dai servizi. Il protagonismo dei territori e la partecipazione sono canali attraverso cui passa la ricostruzione di un clima di fiducia. A tale proposito verranno sviluppate ulteriori azioni destinate a consolidare le infrastrutture su cui poggia il modello regionale di welfare.
Investire sull’infanzia e l’adolescenza e contrastare la violenza
Ciò significa ripensare e attuare nuove forme di accoglienza e supporto alle famiglie che coinvolgano i professionisti dei servizi sociali, educativi, sanitari, del mondo della scuola, del volontariato. Nel settore socio educativo l’esigenza è quella di adottare risposte adeguate, nelle quali qualità e sostenibilità economica si coniugano tra loro in un processo volto, appunto, alla qualificazione, al consolidamento del sistema 0-3 (servizi costituiti da nidi d’infanzia, spazi bambino, centri per bambini e genitori, servizi domiciliari e sperimentali) e alla valorizzazione della continuità educativa in ambito 0-6 anni. Occorrerà, inoltre, concentrarsi sull’età della preadolescenza e adolescenza. In tale senso la proposta del Progetto adolescenza intende incidere maggiormente nei diversi contesti di vita degli adolescenti, promuovendo nuove opportunità e azioni di sistema per garantire stabilità, omogeneità di risposta e integrazione (istituzionale, comunitaria, gestionale e professionale).
Riordino e i consolidamento del servizio sociale territoriale
Va ricercato e favorito, lo sviluppo di modelli organizzativi e gestionali di ambito distrettuale, coerenti con il dettato e l’attuazione della L.R. 21/2012. In quest’ambito è necessario attivarsi per favorire la connessione tra gli sportelli sociali e altri sportelli informativi sui temi collegati al fine di assicurare ai cittadini adeguata informazione, orientamento e accompagnamento ai servizi da diversi accessi.
Sistema informativo a supporto delle politiche sociali
La progettazione di un datawarehouse regionale sarà lo strumento grazie al quale si potrà definire – attraverso i dati disponibili, di contesto e di domanda messi in relazione con i dati di offerta e attività dei servizi (utenti, spesa, personale, ecc.) – un quadro sufficientemente realistico sulla rispondenza del sistema dei servizi al mutato contesto sociale.
Le indicazioni per i servizi sanitari
Il rilancio della sanità pubblica è considerato particolarmente importante in questo momento di profonda crisi in quanto può e deve esercitare pienamente la sua azione per attenuarne l’impatto sociale e rappresentare un catalizzatore della ripresa. Le indicazioni attuative (tenendo ben salda la barra della integrazione e, quindi, la necessità di collaborare, quando necessario, con il sociale) riguardano l’assistenza ospedaliera e l’assistenza territoriale.
La riorganizzazione dell’assistenza ospedaliera
Gli ospedali, si legge nel documento, sono ancora luoghi dove vengono fornite prestazioni che meglio potrebbero essere erogate a livello territoriale o residenziale. La rete ospedaliera dovrà quindi essere riorganizzata e garantire il giusto equilibrio tra la necessità di decentrare servizi ospedalieri – per rispondere alle richieste di accessibilità e di integrazione con l’assistenza territoriale – e la necessità di concentrare per garantire qualità e uso efficiente delle risorse. In altre parole, a livello di Distretto – sede consolidata dell’integrazione tra assistenza sanitaria e assistenza sociale – dovrà essere garantita la presenza di ospedali con dipartimento di emergenza-urgenza di primo livello. A livello sovra distrettuale o regionale ci saranno, invece, quegli ospedali in cui saranno concentrate funzioni specialistiche. Per fare un esempio macroscopico ma esemplificativo: un intervento al cuore non può essere fatto in un piccolo ospedale di montagna poiché non ci sono professionalità, tecnologie e casistica necessarie per intervenire con qualità e sicurezza. In tutti gli ospedali sarà via via diffusa un’organizzazione dell’assistenza per “intensità di cura”, vale a dire il raggruppamento dei malati per intensità di bisogno assistenziale e non per la disciplina cui afferisce la patologia. Dovranno poi essere sviluppate tutte le iniziative che migliorano la continuità relazionale e l’integrazione con la medicina territoriale (con il medico e l’infermiere di riferimento) e tutte quelle iniziative che supportano la scelta informata della persona.
L’assistenza territoriale e la presenza di strutture sanitarie territoriali intermedie
Le indicazioni attuative mirano a sviluppare un modello di medicina del territorio (a cui concorrano tutti i professionisti del sanitario e del sociale) caratterizzato da modalità assistenziali in grado di garantire risposte integrate ai problemi di salute acuti e cronici, e in grado di coinvolgere le comunità nell’individuazione dei bisogni e delle priorità (organizzando incontri – Community lab – su specifici problemi, a cui partecipano amministratori, cittadini, associazioni, operatori sanitari e sociali).
La traduzione operativa dell’assistenza territoriale è rappresentata dalle Case della salute, luoghi fisici a cui i cittadini possono rivolgersi per trovare risposta al loro bisogno (ne sono previste 111 in tutta l’Emilia-Romagna, già realizzate e funzionanti 52). Ne sono previste tre tipologie – piccola, media, grande – a seconda delle caratteristiche della popolazione e dei territori in cui sono programmate. Nelle Case della salute grandi sono già disponibili anche servizi di presa in carico per prestazioni specialistiche complesse (ad esempio radiodiagnostica, dialisi e riabilitazione).
Un elemento chiave, per il prossimo futuro, è la realizzazione di strutture sanitarie territoriali intermedie (i cosiddetti ospedali di prossimità). L’assistenza territoriale, infatti, dovrà progressivamente prepararsi a integrare l’assistenza ospedaliera e a sostituirla ogni qual volta il ricovero in ospedale non sia necessario. Dunque, in relazione alla riconversione di posti letto ospedalieri, deve essere programmato lo sviluppo di strutture sanitarie territoriali intermedie di degenza temporanea le quali dovranno assicurare ricovero e assistenza, prevalentemente infermieristica, e garantire prestazioni diagnostiche e terapeutiche, mediche e chirurgiche di tipo ambulatoriale. Potranno essere situate sia all’interno delle Case della salute sia all’interno di presidi ospedalieri in aree appositamente riorganizzate.
Queste strutture si rivolgono principalmente a pazienti per lo più anziani ricoverati in ospedale ma in condizioni di non poter essere adeguatamente assisti al domicilio, a pazienti fragili o cronici con instabilità clinica.
La definizione delle funzioni specifiche, la localizzazione e la gestione di queste strutture dovrà avvenire nell’ambito di un approccio integrato, da un lato con la rete ospedaliera, dall’altro con la rete dei servizi socio-sanitari.
Gli investimenti e la ricostruzione post terremoto
La programmazione per il biennio 2013-2014 sarà in primo luogo orientata a finanziare e realizzare interventi per il ripristino delle strutture danneggiate dal sisma del maggio 2012 (per la sola sanità i danni ammontano a circa 214 milioni di euro).
Altri obiettivi prioritari saranno, per la sanità, la realizzazione degli interventi previsti dall’accordo di programma (Stato-Regione) sottoscritto il 1° marzo 2013; per l’ambito socio-sanitario e sociale, la realizzazione di interventi condivisi con il territorio e finanziati con il recupero delle marginali risorse residue da precedenti programmazioni.