“Si rischia il collasso: è inaccettabile che i costi dell’attuazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti siano pagati da cittadini e imprese. Inoltre, gli obiettivi appaiono talmente ambiziosi da essere difficilmente raggiungibili”. È quanto hanno dichiarato le Organizzazioni aderenti al Tavolo Regionale dell’Imprenditoria dell’Emilia Romagna (quasi 340.000 imprese ed oltre 845.000 addetti) incontrando l’Assessore all’Ambiente Sabrina Freda. In particolare, secondo il TRI non è realistico ipotizzare, a livello regionale, entro il 2020, la riduzione della produzione di rifiuti del 25%, il raggiungimento del 70% di raccolta differenziata e il 60% di rifiuti recuperati, senza che questo produca conseguenze e pesanti ripercussioni economiche sulle imprese ed i cittadini.
I rappresentanti del Tavolo Regionale dell’Imprenditoria hanno espresso all’Assessore Freda un giudizio negativo in particolare sull’ipotesi di “deassimilare”, ai fini della raccolta e dello smaltimento, i rifiuti delle imprese da quelli urbani con tutte le ripercussioni negative che questo comporterebbe per il sistema produttivo.
Se passasse questa logica, infatti, per smaltire i propri rifiuti speciali le aziende non potrebbero più avvalersi del servizio pubblico, con un inevitabile aumento dei costi e degli oneri burocratici a cui assolvere, perché sarebbero costrette a rivolgersi ad altri operatori sul mercato, senza essere nel contempo esentate dalla TARES, pagando così due volte per lo stesso motivo. Tutto ciò, tra l’altro, in un momento già particolarmente difficile a causa della pesante crisi economica. E come se non bastasse poi, questi considerevoli sacrifici chiesti al tessuto produttivo dell’Emilia Romagna non consentirebbero di ridurre il quantitativo totale di rifiuti prodotti in regione ma si limiterebbero a “spostarli da un circuito di raccolta e smaltimento all’altro”, modificandone meramente la classificazione burocratica, senza alcun reale beneficio per la collettività.