“Lavoro, diritti, rappresentanza” è il tema al centro della conferenza regionale Cgil Emilia Romagna sull’immigrazione che si svolge oggi a Bologna (Aula Prodi S. Giovanni in Monte) e fa seguito alle conferenze svolte nei mesi scorsi dalle camere del lavoro e dalle categorie dell’Emilia Romagna. Obiettivo: fare il punto sulla evoluzione socio-demografica e nel lavoro in rapporto al fenomeno migratorio, ma anche sulle iniziative che il movimento sindacale deve assumere e sulla necessità per la Cgil di adeguare i propri assetti organizzativi.
Oggi in E.R. gli iscritti Cgil di origine straniera sono oltre 66.392, pari al 18% del totale degli iscritti attivi (363.056), un dato estremamente rilevante, che non trova adeguato riscontro nè nella composizione delle RSU (i delegati stranieri sono il 3,5%), nè nella composizione degli organismi dirigenti, sia confederali che di categoria. Uno scarto insostenibile, che la Cgil Emilia Romagna, anche in vista del prossimo congresso, intende affrontare operando le opportune scelte sul piano politico organizzativo, investendo su una nuova politica dei quadri, adottando misure sul terreno della formazione, del ricambio generazionale, della strutturazione della rappresentanza e dei servizi, che assumano a riferimento il carattere multietnico e multiculturale della propria base associativa.
La conferenza regionale mette al centro del dibattito l’attuale condizione dei migranti e le scelte necessarie sul piano nazionale per cambiare una legislazione in materia di immigrazione del tutto inadeguata e inaccettabile; inoltre ragiona sulle politiche in ambito regionale e su come la contrattazione collettiva può consentire di rafforzare la lotta alle disuguaglianze e discriminazioni, per il pieno riconoscimento dei diritti dei migranti.
Questo è assolutamente necessario anche in una regione come l’Emilia Romagna, che deve innanzitutto misurarsi con la portata dei cambiamenti sociali avvenuti:
i residenti di origine straniera hanno ormai raggiunto il 12%, a fronte del 7,5% del dato nazionale: 530.000 iscritti all’anagrafe e ca. 555.000 presenze regolari;
i soggiornanti di lungo periodo hanno ormai raggiunto il 50% dei cittadini non comunitari regolarmente presenti: siamo la 3^ regione in Italia, dopo Lombardia e Veneto;
i bambini nati da entrambi i genitori stranieri sono il 23,8%, con una presenza media di bambini con cittadinanza non italiana, nel ciclo della scuola dell’obbligo, che si attesta intorno al 15%;
Infine i dati sul lavoro dipendente in Emilia Romagna: 231.942 non comunitari e 96.124 comunitari, sul totale di 1.595.142 assicurati Inail.
Affrontare questa situazione, sul piano generale, per quanto attiene innanzitutto l’azione legislativa, richiede di:
A. Superare il “contratto di soggiorno per lavoro subordinato”, cioè rapporto che lega in modo diretto il permesso di soggiorno alla possibilità di un impiego nel nostro Paese;
B. Cancellare il “reato di clandestinità” e chiudere i CIE;
C. Cambiare le leggi sulla cittadinanza e sul riconoscimento dei diritti civili ai migranti.
Su quest’ultimo tema siamo peraltro di fronte al rischio di un vulnus per la tenuta stessa della democrazia, che può diventare estremamente pericoloso se la nostra società non avrà la capacità di affrontarlo rapidamente.
La Cgil Emilia Romagna sottolinea alcuni aspetti importanti di ambito regionale, a partire dalla fase di monitoraggio e di verifica sulla legge regionale 5/2004 in corso:
– La necessità di raccordare la previsione di organi consultivi dei cittadini di origine straniera al processo di riordino istituzionale in atto. Fermo restando la necessità di un più netto posizionamento delle istituzioni regionali nella battaglia per il pieno riconoscimento nella legislazione nazionale e diritti civili e politici ai residenti di origine straniera.
– Il rafforzamento delle politiche antidiscriminatorie, dotando di strumenti operativi la rete degli sportelli antidiscriminazione istituita con la legge regionale.
– Iniziative rafforzative sull’insegnamento della lingua, anche operando un raccordo tra l’iniziativa pubblica e quella negoziata dalle parti sociali, destinando una parte delle risorse dei Fondi Interprofessionali e rifinalizzando l’utilizzo delle “150 ore”.
– Affrontare con azioni e politiche di sostegno e di orientamento il problema dell’abbandono scolastico e della selettività dei cicli scolastici in rapporto con le problematiche dei giovani-studenti di origine straniera.
– Aprire ulteriormente la possibilità di partecipazione ai concorsi pubblici agli stranieri residenti.
– Rafforzare gli strumenti, anche in ambito regionale, per il riconoscimento del titolo di studio, con azioni di tipo informativo e di facilitazione.
– Affrontare il problema dei minori non accompagnati, prevedendo anche la possibilità di affidamento a famiglie di stranieri stabilmente residenti.
– Bidirezionalità delle politiche di integrazione, attraverso azioni di tipo culturale che coinvolgano la popolazione nativa sui temi dell’integrazione.
– Ampliare le attività formative rivolte alla mediazione culturale, mediazione sociale e mediazione linguistica.
– Investire maggiormente sulle politiche abitative, considerando la priorità che questo tema mantiene per il corretto inserimento sociale e l’accoglimento dei cittadini di origine straniera e delle loro famiglie.
– Mettere in rete in modo più strutturato ed organico la funzione svolta dalle organizzazioni sindacali sul territorio, in quanto rappresenta uno dei punti più rilevanti di mediazione sociale.
Infine, le politiche contrattuali, sulle quali la Cgil intende operare un rilancio, tenuto conto di una fase estremamente complessa per quanto attiene “lavoro” e “welfare”, e dell’attuale situazione economica e sociale. La crisi che stiamo attraversando rende più complicata l’integrazione e tende a far sì che si scarichino sugli ultimi arrivati molte contraddizioni.
L’azione svolta in questi anni in regione, sul terreno contrattuale, in particolare nella contrattazione cosiddetta ”difensiva” ha consentito di escludere azioni di tipo discriminatorio rivolte ai migranti. Tuttavia, si confermano anche in questa regione diffuse situazioni nelle quali emerge una penalizzazione nei percorsi professionali, un conseguente schiacciamento in basso nelle mansioni e sul piano retributivo delle lavoratrici e dei lavoratori di origine straniera, una maggiore quota di stranieri tra i disoccupati.
Serve perciò una rinnovata capacità di analisi e di lettura delle dinamiche sociali, atta a comprendere le reali caratteristiche che l’immigrazione ha assunto anche nella nostra regione, subordinando a questa lettura le scelte della Cgil sul piano contrattuale a tutti i livelli e in tutti gli ambiti, ed è necessario un raccordo maggiore tra l’iniziativa contrattuale svolta dalle categorie (nazionale e nei luoghi di lavoro) e quella che sul piano confederale si realizza a livello territoriale.
Uguaglianza è la parola chiave, insieme alla necessità di riconoscere piena rappresentanza ai migranti, a partire da quella che si costituisce nei luoghi di lavoro.
All’incontro stampa sulla conferenza immigrazione Cgil regionale ER, sono intervenuti anche Mari Hakinwumi, delegata Filcams-Cgil Grandemilia Modena, e Milad Basir segretario generale Filctem Cgil Forli.
(Cgil Emilia Romagna)