Creare le condizioni della dignità e del rispetto delle donne per prevenire e ridurre il fenomeno della violenza; massimizzare l’efficacia degli interventi a sostegno delle vittime; migliorare la diffusione di Case rifugio e Centri antiviolenza su tutto il territorio regionale, mettere a sistema gli interventi di prevenzione con progetti educativi, diffondere servizi per accompagnare al cambiamento gli uomini volenti. Il tutto favorendo la creazione di una Rete regionale formata da enti pubblici, istituzioni e organismi del privato sociale.
Sono gli obiettivi della Proposta di legge di iniziativa popolare “Norme per la creazione della rete regionale contro la violenza di genere e la promozione della cultura dell’inviolabilità, del rispetto e della libertà delle donne” a favore della quale si è espresso il Consiglio comunale di Modena nella seduta di lunedì 27 maggio. La proposta avanzata dai gruppi Pd e Sel, è stata appoggiata anche da Mpa e Msa; Lega nord si è astenuta, mentre si sono avvalsi del non voto Pdl, Udc, Fratelli d’Italia.
La legge regionale d’iniziativa popolare è stata promossa, dalla Conferenza regionale delle Donne del Pd, che ha deciso di avviare entrambi i percorsi previsti dal regolamento regionale per le proposte di iniziativa popolare: la raccolta delle firme e il pronunciamento dei Consigli comunali. “Per sottoporre la Proposta di Legge alla Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna – ha spiegato in Consiglio la presidente Caterina Rita Liotti, che è anche prima firmataria della proposta a livello regionale – bastano 5 mila firme e sono già 10 mila quelle raccolte regionalmente, ma il nostro obiettivo è arrivare a 20 mila. Il Consiglio Comunale di Modena approvando lo stesso testo rafforza il peso politico dell’iniziativa che vuole sensibilizzare in modo diffuso su quella che è diventata una enorme piaga sociale su cui le istituzioni hanno il dovere di intervenire”.
Lo scorso anno sono stati 124 i femminicidi in Italia, di cui 15 nella nostra regione; sappiamo che questa è solo la punta dell’iceberg, poiché manca un sistema che renda manifesta la dimensione del fenomeno, eppure ci sono questioni che si possono affrontare a livello regionale, come hanno già fatto altre 13 regioni – ha continuato Liotti – soprattutto nell’ambito della prevenzione e nel rafforzamento dei servizi per sostenere le donne e gli uomini che intendono uscire dalla violenza. La nostra Regione ha una importante tradizione di Centri antiviolenza, e recentemente è stata attivata proprio a Modena una sperimentazione: lo sportello Liberiamoci della violenza, rivolto agli uomini. È però ancora troppo poco, la proposta di legge vuole rafforzare e rendere omogenei gli interventi su tutta la Regione e predisporre interventi sistematici di educazione alla relazione, alla sessualità e alla differenza di genere nelle scuole di ogni ordine e grado per affrontare un problema con un carattere fortemente culturale”.
CONTRO LA VIOLENZA DIBATTITO DI QUASI TRE ORE
Numerosi gli interventi in Consiglio comunale sulla proposta di legge regionale
Il Consiglio comunale di Modena nella seduta di lunedì 27 maggio ha discusso di violenza sulle donne per quasi tre ore prima di esprimersi a favore della proposta di legge di iniziativa popolare contro la violenza sulle donne avanzata da Pd e Sel (a favore anche Mpa e Msa; astenuta Lega nord, non voto di Pdl, Udc, Fratelli d’Italia).
Ad aprire il dibattito è stata Ingrid Caporioni che ha annunciato l’adesione di Sel “per la promozione della cultura della libertà, del rispetto e dell’inviolabilità delle donne. Va restituita un’immagine veritiera delle sesso femminile, penalizzata anche dal ventennio di Governo Berlusconi”. Per il Pd, Rossella Maienza ha parlato di “mattanza ormai quotidiana che nel 2013 ha registrato un’escalation allarmante e che non può essere tollerata ma va contrastata e prevenuta con un’inversione di tendenza in ambito culturale”. Giulia Morini ha evidenziato che “senza una base sicura una donna può non trovare la forza di denunciare e lasciare il proprio partner” e che “c’è violenza anche nell’idea di donna che emerge dagli spot o dalle ‘cene eleganti’ famose alla cronaca”. Per Claudia Codeluppi la proposta di legge “è portatrice di azioni positive per una cultura di genere che aiuti a prevenire la violenza sulle donne. Diffondere i Centri di accompagnamento per gli uomini violenti è un’azione concreta”. Anche per Cinzia Cornia in Italia “c’è sicuramente una cultura sbagliata che fatica a cambiare, lo dimostra il fatto che le attenuanti per il delitto d’onore sono state tolte solo poco tempo fa, ma non si può demandare tutto alla scuola penalizzata dai tagli”. Francesco Rocco ha ringraziato coloro che hanno raccolto le firme: “Chiedo scusa perché, da uomo, quando leggo avvenimenti di questo tipo provo vergogna. Spero che la proposta venga votata rapidamente”. Maurizio Dori ha sottolineato l’importanza di una norma come lo stolking, ma ne ha evidenziato i limiti: “Spesso non siamo in grado di fornire le garanzie a chi ne ha bisogno. Se rimaniamo passivi le violenze proseguono e non si arriva a una legge nazionale”. Per William Garagnani “la famiglia sempre più considera l’educazione all’autonomia come alibi per il disimpegno educativo verso gli adolescenti e la scuola è l’unico settore in cui in Italia si sono ridotte davvero le spese”. Stefano Rimini ha parlato di “fenomeno strutturale, endemico e molto grave” e ha evidenziato il collegamento tra il lavoro e la disoccupazione femminile, e la violenza sulle donne. Luigi Alberto Pini ha ricordato che “un tempo uno strumento di controllo femminile da parte del maschio era il parto: le morti a seguito di numerose e ravvicinate gravidanze erano frequenti e con la pillola si è data alle donne la possibilità di controllare le nascite”. La presidente del Consiglio Caterina Liotti ha ricordato che Modena nel 2007 “è stata la prima Provincia a riunire le istituzioni a favore delle donne. Con una legge regionale le buone pratiche possono essere diffuse anche nei territori meno avanzati”.
Sandra Poppi di Modenasaluteambiente.it ha sottolineato che “le violenze sono il frutto di un modello di prevaricazione, intolleranza e non riconoscimento dei diritti e delle scelte delle donne che ha bisogno di una svolta”. Per il Pdl, Olga Vecchi ha definito “fondamentale” la prevenzione, “ma non significa fare una legge in cui si continuano a ripetere gli stessi concetti senza arrivare concretamente alle cose da fare”. Secondo Adolfo Morandi “il tema va affrontato a livello nazionale e in modo apartitico. E’ un’idea falsa e strumentale che la politica di centrodestra stimoli la violenza di genere”. Sandro Bellei ha lanciato un appello: “Non dividiamoci fra generi; tutti, uomini e donne insieme, dobbiamo impegnarci per bloccare il fenomeno. Le donne stesse non devono mettere l’aspetto fisico sul piatto della bilancia, ma la propria sensibilità”. Per Sergio Celloni di Mpa “le leggi ci sono ma vanno applicate e se una persona commette un reato va punito nel modo giusto. La società in cui viviamo si definisce evoluta ma è ancora maschilista”. Michele Barcaiuolo di Fratelli d’Italia si è detto “poco convinto” della proposta di legge: “Non credo che quelli individuati siano i punti principali su cui intervenire. Per ottenere lo stesso risultato voluto dai proponenti le strade sono tante e altre”. Della stessa idea Gian Carlo Pellacani dell’Udc, che ha aggiunto: “Si chiede troppo alla scuola, rimandare a essa significa volersi sbarazzare di responsabilità personali: la cellula principale in cui educare i fanciulli a essere responsabili, collaborativi, rispettosi del prossimo è la famiglia”.
Nel dibattito sono intervenuti anche il sindaco Giorgio Pighi e gli assessori comunali Simona Arletti e Marcella Nordi. “E’ un’iniziativa significativa – ha sottolineato Pighi – che si muove sul fronte della prevenzione prima che gli episodi si verifichino e in seguito, introducendo correttivi sia nei confronti della vittima che dell’autore di violenza”. Arletti ha parlato di “emergenza sociale che non viene ancora colta: per affrontarla servono leggi più stringenti e le donne vanno assistite dal punto sociale, legale e lavorativo affinché abbiano l’ autonomia per ribellarsi”. Per Nordi ciò che deve cambiare è “la mentalità delle persone e in questo senso una delle cose più utili è lavorare sulle scuole. Quasi tutti i Paesi europei hanno progetti di prevenzione a livello scolastico, ma la maggior parte non ha un quadro organico”.