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Pensioni: 10 milioni d’italiani non sanno quanto dovranno continuare a lavorare. Urgente modificare le ingiustizie dell’attuale legge. La Cia e il suo Patronato Inac lanciano una petizione popolare

Il 9 maggio scorso sotto a Montecitorio, la Confederazione italiana agricoltori con il suo patronato di riferimento Inac-Istituto nazionale assistenza cittadini, ha lanciato l’iniziativa di una petizione popolare per modificare la “legge Fornero”. Si è trattato di un civile sit-in di protesta -avvertono gli organizzatori- e l’occasione per raccogliere le prime firme che “chiedono” di abrogare le norme inique contenute nell’attuale legge. Iniziativa, quella davanti al Parlamento – spiega la Cia e il suo Patronato – propedeutica della manifestazione nazionale “Inac in Piazza” che si svolgerà il prossimo 11 di maggio in tutte le province d’Italia. Proprio quel giorno, nei gazebo predisposti dal Patronato, nelle principali piazze e vie del Paese, sarà quindi possibile sottoscrive la petizione, lasciando così il proprio “segno” per una legge più equa. Sempre negli spazi allestiti dall’Inac-Cia i cittadini riceveranno informazioni utili in materia previdenziale, pensionistica oltre che sui diritti sociali in genere. A Reggio Emilia l’iniziativa si terrà dalle 9 alle 12 di sabato 11 maggio, con banchetti in due piazze cittadine: Piazza del Monte e Piazza Fontanesi. In quest’ultima il banchetto di raccolta sarà all’interno del tradizionale “Mercato del contadino” del sabato.

La manifestazione dell’Inac -continuano gli organizzatori- nasce dall’esigenza di dare voce al disagio di quei milioni di cittadini che vivono nell’incertezza e nell’ansia di non poter programmare la loro vita futura. In un Paese -spiegano Cia e il suo Patronato Inac- dove nelle aree rurali si concentra il maggior numero delle pensioni minime, dove ogni cittadino “butta” oltre 190 ore all’anno per adempiere ad obblighi burocratici, dove la disoccupazione giovanile supera il 35 per cento e l’impoverimento generale è l’unica statistica che bisognerebbe far scendere e invece registra un segno più.

In questo contesto, con i pensionati che fungono da “ammortizzatori sociali” per le famiglie, c’è una legge sulle pensioni che sposta progressivamente in avanti la data del “fine lavoro” e ulteriormente l’aggancia alla statistica dell’aspettativa di vita. Morire, mediamente, ad un’età più avanzata rispetto al passato, non significa che a 70 anni si è “abili e arruolati” al lavoro. Infatti -concludono gli organizzatori- se è vero che molti paesi europei (come ad esempio la Germania) hanno innalzato l’età pensionabile legandola all’aspettativa di vita, è altrettanto vero che gli stessi stanno rimettendo in discussione questo teorema. Infatti, alcuni studi accreditati stanno dimostrando che, superati i sessant’anni, le persone sono maggiormente soggette a diverse patologie e quindi bisognosi delle relative cure. Risultato: poco presenti sul lavoro e spese sanitarie dello Stato che superano quelle previste per le pensioni.

Per questi motivi, la Cia e il suo Patronato Inac ritengono che, dopo l’ultima riforma delle pensioni, che ha elevato in modo consistente l’età pensionabile, questa norma non abbia più ragione di essere e auspicano che i cittadini aderiscano numerosi alla petizione popolare per eliminare questo meccanismo inaccettabile.

 

















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