Partecipazione, zone F, sviluppo, crescita zero, riqualificazione, edilizia sociale. Alla vigilia della discussione in Consiglio comunale (lunedì 18 marzo) del documento di indirizzi del Psc, il Piano strutturale comunale di Modena, l’assessore alla Pianificazione territoriale Gabriele Giacobazzi illustra le novità della proposta e riepiloga i temi principali emersi nei cinque mesi di consultazione, da quando in ottobre il documento è stato illustrato nella sua prima versione al Consiglio. “Cinque mesi di confronto con la città non sono poco: decine di incontri, un sondaggio, numerosi approfondimenti – spiega Giacobazzi – e il documento che portiamo al Consiglio tiene conto di questo percorso con numerose integrazioni al testo originale. Ma l’approvazione del documento di indirizzi rappresenta comunque solo l’avvio del processo di pianificazione: le valutazioni quantitative contenute nell’allegato, che è stato stralciato dal documento, saranno uno dei contributi del più ampio quadro conoscitivo che si andrà a definire e sarà in quella fase che si svolgerà un’ulteriore azione di partecipazione strutturata ed estesa, anche sulla base della normativa regionale”.
Crescita zero – “E’ vero, questo documento non azzera lo sviluppo: non è il nostro obiettivo – sottolinea Giacobazzi – perché vogliamo una città che cresca in opportunità, in qualità, che sia più compatta e meno costosa, anche in termini ambientali, che consenta una ricchezza di relazioni e sia capace di attrarre investimenti. Ma il motore di questo sviluppo non potrà essere l’espansione edilizia. Zero, infatti, è il consumo di terreno agricolo che prevediamo, salvo ovviamente esigenze di opere pubbliche. E zero, anzi meno di zero, è la differenza tra ciò che si potrebbe costruire oggi, con le previsioni attuali (dai 93 mila alloggi esistenti si potrebbe arrivare fino a 106 mila) e ciò che noi pensiamo si possa realizzare nei prossimi dieci anni: non più di 7 mila alloggi fermandoci, quindi, intorno alla soglia dei 100 mila”. Quella che il documento di indirizzi delinea, infatti, è una città che tra vent’anni avrà meno di 200 mila abitanti. “Insomma, Modena che rimane Modena – sintetizza l’assessore – per dimensioni e relazioni con il resto del territorio provinciale, ma sicuramente una città che cambia e dobbiamo contribuire a renderla migliore puntando su una pianificazione che, con l’obiettivo dello sviluppo, offra un quadro di opportunità e regole per il territorio da cogliere con flessibilità e rapidità”.
Riqualificazioni – Buona parte degli alloggi che si prevede siano realizzati, spiega il documento, sarà frutto di interventi di trasformazione e riqualificazione dell’esistente, con una riduzione delle dimensioni medie (1,3-1,4 alloggi nuovi ogni alloggio vecchio) e un miglioramento in termini di sicurezza, consumo di energia e dotazioni. “Occorre immaginare la nuova città che nascerà da questi processi – sottolinea Giacobazzi – come capace di esprimere valori urbani paragonabili a quelli della città storica”.
Risorse – Anche per sostenere le riqualificazioni, il documento nella sua versione finale individua diverse possibilità di mettere in campo risorse economiche: dalle fonti europee ai finanziamenti privati, anche con modalità innovative come il finanziamento dal basso. “In ogni caso – precisa l’assessore – è necessario agevolare questi interventi semplificando e riducendo i tempi dei processi autorizzativi”.
Edilizia sociale – Il documento individua una serie di risposte al fenomeno in crescita del disagio abitativo, con la previsione di circa 8 mila situazioni a rischio entro il 2020. Oltre alla conferma dell’Agenzia casa, si propone “di raddoppiare la quota del 20 per cento di edilizia sociale posta come obiettivo dalla legge regionale – spiega Giacobazzi – destinandone un terzo all’affitto convenzionato con possibilità di riscatto, mentre si darà operatività al Piano abitativo sociale, recentemente adottato dal Consiglio comunale, creando le condizioni per l’accesso al sistema integrato dei fondi del Piano casa e realizzando un’offerta significativa di affitto sociale”.
Zone F – Sul piatto due possibilità: lasciare che i singoli provvedimenti arrivino in Consiglio in ordine sparso, oppure provare a definire un quadro generale di riferimento in attesa che il nuovo PSC divenga effettivamente operativo e cioè tra non meno di due anni. “Abbiamo optato per questa seconda soluzione e nel farlo abbiamo indicato una via completamente nuova, abbiamo scelto – ribadisce Giacobazzi – di andare verso una riduzione della loro edificabilità complessiva, di privilegiare l’interesse pubblico in funzione delle quote di edilizia sociale, di attivare gli interventi con gradualità e comunque solo a fronte di un esito positivo delle verifiche ambientali e del voto in Consiglio. Chi chiede di cancellare le zone F non si rende conto, forse, che rappresentano buona parte delle opportunità, nel breve periodo l’unica, di realizzare concretamente quegli interventi di edilizia rivolti ai giovani ed ai soggetti deboli sui quali tutti diciamo di voler puntare”.