“Esiste una stretta correlazione fra emancipazione femminile e violenza di genere”. È quanto si ricava dalla relazione fornita dal Servizio Statistica dell’assessorato regionale alle Pari opportunità e Progetto giovani, analisi e dati illustrati oggi alla Commissione per la promozione di condizioni di piena parità tra donne e uomini, presieduta da Roberta Mori.
L’Emilia-Romagna ha il tasso di occupazione femminile (60,9%) più alto d’Italia e uno dei tassi più alti di separazioni e divorzi. È una delle regioni dove vi è la maggior percentuale di donne che dedicano il loro tempo ad attività extrafamiliari, ma contemporaneamente ha anche uno dei tassi più elevati di violenza di genere.
Le statistiche confermano la tradizionale divisione dei ruoli all’interno della famiglia, ovvero l’uomo come percettore del reddito principale e la donna maggiormente coinvolta negli impegni domestici. La conciliazione fra lavoro di cura e lavoro retribuito continua ad essere il problema rilevante per le donne occupate.
La causa centrale della violenza sulle donne avrebbe dunque radici nel conflitto all’interno dei rapporti affettivo-familiari. Fra il 2007 e il 2011, quasi 50.000 donne in Emilia-Romagna hanno denunciato una o più violenze: “E’ il prezzo che le donne stanno pagando per il ritardo con cui la società e gli uomini in particolare adattano i propri modelli culturali alle trasformazioni del mondo femminile”. Sull’interpretazione di questi dati influisce in buona parte l’incremento della popolazione straniera in regione, che al 1^ gennaio 2012 conta 530.000 persone di cui più della metà (51,73%) donne.
Un altro indicatore influente nell’interpretazione dei dati aggregati sulle disparità di genere, è il tasso di disoccupazione giovanile che nell’Unione europea arriva al 21,4%. L’Italia si colloca all’ottavo posto (29,1%), mentre l’Emilia-Romagna con il 21,9% si discosta poco dalla media europea. La congiuntura economica negativa ha influito pesantemente sull’occupazione giovanile e per la maggior parte dei ragazzi è stata per lo più la famiglia a rivestire il ruolo di ammortizzatore sociale, supportando il peso della loro perdita di occupazione, costringendoli tuttavia ad una situazione di dipendenza prolungata e aumentando il rischio “di perpetuare le disparità di condizioni determinate dalla provenienza sociale”.
Lo studio statistico fa anche emergere il fatto che in Italia la quota dei cosiddetti ‘Neet’, giovani non inseriti in un percorso scolastico o formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa, è pari al 22,7%, molto superiore alla media europea (15,4%) e con un’incidenza più elevata fra le donne (25,4%) rispetto agli uomini (20,1%). In particolare, in Emilia-Romagna si osserva una percentuale di Neet – 15,3% – più bassa rispetto alla media nazionale e inferiore anche rispetto alla media europea e fra costoro le donne, con il 18,9%, sono comunque di più rispetto agli uomini.
Per Thomas Casadei (Pd), i dati illustrati sottolineano l’aspetto, ormai evidente, della doppia discriminazione generazionale per le giovani donne. Per Franco Grillini (Misto) “sono spaventosi i dati emersi sulla violenza all’interno dei nuclei familiari”. Il consigliere, a questo proposito, auspica, attenzione a questa tematica “e anche al riconoscimento del lavoro domestico”. Per Roberto Montanari (Pd) è fondamentale “la crescita dei livelli di civiltà”. Mauro Malaguti (Pdl) evidenzia “la necessità di fare prevalere la nostra struttura sociale rispetto a culture che si stanno radicando, per motivi migratori, favorendo l’integrazione”.
L’assessore alle Pari opportunità, Donatella Bortolazzi, sottolinea la necessità di promuovere un maggiore coordinamento tra il Piano interno integrato delle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere e i Programmi di attività delle strutture regionali; “Quando questo obiettivo verrà raggiunto, i risultati saranno più visibili”.
La presidente Roberta Mori elogia il lavoro di aggregazione e di analisi dei dati statistici presentati, che considera strumenti fondamentali anche per la rappresentanza politica: “Nella costruzione della legge quadro ci si dovrà focalizzare sul modo più aderente possibile ad una loro valutazione continuativa e non occasionale”.