“Il coraggio di intraprendere la strada della nascita di un nuovo e più forte Comune dimostrato dai sindaci e dalle comunità di Savigno, Monteveglio, Castello di Serravalle, Bazzano e Crespellano ha sempre trovato un valido e impegnato interlocutore nella Regione Emilia-Romagna che ha accompagnato questo percorso nel confronto con il Governo e le altre istituzioni trovando orecchie attente e sinceramente interessate al rafforzamento della Valsamoggia”. La vicepresidente e assessore al Bilancio della Regione Emilia-Romagna Simonetta Saliera esprime così la soddisfazione personale e della Giunta per il voto favorevole dell’Assemblea legislativa all’indizione del referendum consultivo sulla fusione dei Comuni di Savigno, Monteveglio, Castello di Serravalle, Bazzano e Crespellano.
“La decisione dell’Assemblea legislativa di indire il referendum, che servirà anche ai cittadini per scegliere il nome del nuovo Comune – aggiunge Saliera -, si inserisce a pieno titolo nel percorso, avviato dai Comuni e che noi abbiamo accompagnato, il cui obiettivo è migliorare i servizi per i cittadini mantenerne la quantità e la qualità nonostante le ridotte disponibilità delle risorse pubbliche. Si tratta di una sfida avvincente, quasi unica in Italia, che conferma la dinamicità delle nostre amministrazioni, che si sanno e vogliono misurare con i problemi e i temi veri, per dare un futuro alle comunità”.
IL DIBATTITO IN AULA
L’approvazione in Assemblea legislativa della delibera per l’indizione di un referendum consultivo sull’istituzione di un nuovo comune tramite la fusione di 5 comuni della Val Samoggia, nel bolognese, sopende per il momento, fino all’esito della consultazione, l’iter di approvazione del relativo progetto di legge d’iniziativa della Giunta. La delibera sul referendum è stata approvata dopo le relazioni di maggioranza e minoranza, e lo svolgimento del dibattito generale.
Antonio Mumolo (Pd), relatore di maggioranza, nel ripercorrere le tappe che hanno portato il provvedimento all’esame dell’Assemblea legislativa , ha ricordato che l’iter ha preso avvio ormai due anni orsono quando, su richiesta dei Comuni interessati, la Regione finanziò uno studio di fattibilità del progetto. A seguito delle risultanze positive, i Comuni hanno deliberato a maggioranza qualificata di procedere alla fusione inviando la richiesta alla Regione affinché predisponesse il necessari progetto di legge regionale, dal momento che il nuovo Comune non raggiunge la soglia dei 50 mila abitanti, requisito per legge necessario per poter agire autonomamente. La Regione – ha quindi ribadito Mumolo – “sta agendo non su propria iniziativa, ma a sostegno della volontà liberamente espressa a maggioranza qualificata dei consigli regionali”. L’emanazione del progetto di legge, così come l’indizione di un referendum consultivo, “sono né più e né meno che un atto dovuto”. Nessun dubbio quindi sul fatto che il referendum vada indetto, “non farlo significherebbe sabotare la volontà dei Consigli comunali interessati, stoppando il progetto di legge”. Che poi la scelta trovi il sostegno della Regione “non è un mistero per nessuno, da anni perseguiamo convintamente un riordino territoriale basato sulla programmazione per aree vaste, sulla gestione associato delle funzioni e sulle economie di scala”. Ripetto poi al fatto che il referendum consultivo non sia “vincolante”, l’esponente del Pd ha assicurato l’impegno “fin da ora a dare il dovuto valore allo volontà espressa dagli elettori dei territori interessati nel loro complesso”. Infine, sulla scelta di non introdurre alcun tipo di quorum – questione già al centro di critiche in commissione da parte di alcuni consiglieri dell’opposizione – Mumolo nel merito ha anche affermato che la decisione della Regione è stata dettata dalla volontà di fare esprimere il numero massimo dei cittadini possibile, dato che il referendum consultivo ha lo scopo di sondare una volontà e non ha ripercussioni dirette sulla decisione finale. Le opinioni sul caso possono essere diverse, ma una norma statale non esiste – ha detto – e le Regioni sono intervenute in ordine sparso.
Sul provvedimento, pur “migliorato” da alcuni emendamenti approvati in commissione presentati da diversi conssiglieri, si è invece espresso in modo critico il relatore di minoranza, Galeazzo Bignami (Pdl). Il progetto di legge presenta alcuni “vulnus riguardo alle prerogative che dovranno essere assegnate in sinergia con il testo unico degli enti locali”. Al fine di “mitigare” l’impatto della legge il consigliere ha quindi annunciato la futura presentazione di emendamenti. Tra i rilievi segnalati, ad esempio, il testo avrebbe dovuto individuare forme di decentramento dei servizi minimi essenziali come anagrafe, protocollo generale, servizi sociale e per i minori, di cui non c’è invece quella “necessaria e doverosa” previsione. Critico anche sulla contribuzione regionale per 15 anni: un impegno di spesa che “esorbita le funzioni dell’Aula”. In considerazione del percorso avviato la Regione avrebbe opportunamente potuto individuare una programmazione di bilancio che andasse a coprire questo impegno fin da subito in sede di finanziaria dello scorso anno. Critiche anche all’istituzione dell’organismo consultivo dei sindaci previsto per collaborare con il commissario governativo: un “direttorio” a suo giudizio privo di legittimità perché il commissario è dotato di pieni poteri, mentre i sindaci decadranno con l’istituzione del nuovo comune e non si capisce a che titolo dovrebbero collaborare.
Critico sul progetto anche Alberto Vecchi (Pdl) che ha tuttavia ribadito coma da parte del Pdl non c’è “nessuna contrarietà alle fusioni”. Per quanto concerne la fusione dei Comuni della Valsamoggia, le perplessità riguardano il fatto che non nasce dal basso, riunisce Comuni disomogenei e per un territorio troppo vasto. Rispetto al referendum consultivo, ha poi chiesto di chiarire preventivamente che cosa succederà se i cittadini di un Comune dovessero votare contro la fusione.
“Nessuna richiesta dall’alto” ad avviso di Sandro Mandini(Idv) che ha invece espresso apprezzamento per il percorso fatto sui territori e per giungere al progetto di legge sulla fusione. Un lavoro produttivo svolto anche in commissione, basato sul confronto a partire dal presupposto del rispetto delle istanze pervenute dai 5 consigli comunali interessati. La fusione, ha poi detto, va nel solco delle riforme istituzionali di cui il nostro Paese ha bisogno è giusto incentivare questo passaggio, ma fatto ad esempio nel caso delle Unioni dei comuni. Per quanto poi riguarda l’organizzazione del nuovo Comune sarà lo Statuto a disciplinarne le forme per non complicare la vita ai cittadini. Infine, rispetto alla volontà che uscirà dall’esito referendario, “non siamo qui a fare forzature, dovremo capire ha detto e fare valutazioni”.
Manes Bernardini (Pdl) è d’accordo sui processi di razionalizzazione, a patto però che ci siano garanzie rispetto alle aspettative dei territori dove, a suo avviso, in questo caso ci sono ancora molte questioni aperte. Lo sforzo che deve fare la Giunta è quindi quello di dare certezze sul funzionamento dei servizi e su presidi presenti nei territori. Altra questione è quella di “non essere ambigui sull’esito referendario, perché – ha detto – i processi che riguardano la riorganizzazione territoriale devono avere la legittimazione popolare e non essere vissuti come imposizioni”, anche in considerazione del fatto che è il processo di fusione in atto, in primo in regione, potrà costituire un modello per il futuro. L’appello è quindi che la Giunta faccia luce sulle zone d’ombra che ancora di sono sulla fusione prima di arrivare al referendum.
Silvia Noè (Udc), pur favorevole alle fusioni, in questo caso ha espresso critiche per le procedure adottate che tendono ad un risultato “in modo prematuro e quindi inopportuno”. Convincimento maturato alla luce dei recenti provvedimenti nazionali che stanno ridisegnando l’architettura territoriale del paese, come la ormai prossima nascita della città metropolitana, rispetto ai quali ritiene necessario una posizione id “prudenza”. La consigleirà ha poi ribadito la necessità di maggiori approndimeniti sul progetto prospettato, come già segnalato in commissione dove aveva richiesto avanzato al prospota, poi bocciata, di indire un’udienza conoscitiva. Ad esempio a suo sullo studio di fattibilità su cui si base la prospettata fusione. I numeri dello studio a suo avviso non andrebbero a supporto di questa scelta : il progetto infatti reggerebbe perché beneficiario per ben 15 anni di contributi 10 milioni dalla Regione e 10 dallo Stato. Cosa succederà dopo? Infine per Noè va chiarito che cosa succederà dopo l’esito referendario nel caso un caso in un comune ci fosse un esito contrario.
Secondo la consigliera Paola Marani (Pd) è necessario “considerare anche le positività” di questa operazione. Infatti, ragiona, “nessuno si è mai detto contrario ai progetti di fusione, siamo impegnati ogni giorno nel grande tema del riordino istituzionale- sostiene-, siamo preoccupati perchè spesso queste operazioni vengono imposte dall’alto ma non dimentichiamo che siamo partiti da una proposta che arriva proprio dagli eletti del territorio più prossimi ai cittadini, i consiglieri comunali”. Insomma, assicura la consigliera, “non è una fusione a freddo ma una sperimentazione concreta di lavoro condiviso, un percorso che deve compiersi totalmente per avere piena efficacia”. Marani punta poi il dito contro alcuni colleghi, accusandoli di fare disinformazione, perchè “è disonesto dire che bisognerà fare 40 chilometri per rinnovare la carta di identità, le funzionalità più utili ai cittadini rimarranno vicine a loro”.
Gian Guido Naldi (Sel-Verdi) invece sostiene di “non essere in grado di condividere tutto l’entusiasmo di Marani, apprezzo l’idea della fusione ma poi non è suffragata dalla realtà delle cose”. Infatti, secondo Naldi “i progetti di fusione sono più che opportunità, anche necessità, ma in questo caso stiamo parlando di Comuni con identità ben definitie- continua-, a cui bisogna dare di più di una generica aspirazione alla sinergia, serve di più per parlare di un progetto innovativo, adesso non siamo in grado nemmeno di indicare un capoluogo”. Insomma, il giudizio di Naldi è netto: “Questo metodo non mi pare possa portare a dei grandi risultati, è positivo non aver votato l’articolato in aula- conclude-, ma la delibera di convocazione del referendum è insufficiente sia per quanto riguarda la partecipazione che la concretezza, i rischi sono molto elevati”.
Giuseppe Paruolo (Pd) considera importante interrogarsi sulla dimensione dei Comuni e sulla loro possibilità di fare fronte comune davanti alle sfide del presente e del futuro, preservando, in ogni caso, la propria identità, ma riuscendo anche a dare risposte adeguate in tempi certi. Quei Comuni già da tempo camminano insieme e hanno conseguito un risultato importante, la fusione non sarebbe altro che un passo avanti sulla strada già intrapresa. Di qui la necessità di incoraggiare – afferma Paruolo – le amministrazioni e i cittadini che hanno avuto il coraggio di sfidare le difficoltà per segnare la strada per il futuro. E’ quindi un modo virtuoso di affrontare le sfide quello che, attraverso il voto e le dichiarazioni, esprime la volontà di dare la parola ai cittadini del futuro nuovo comune, ma è anche il “coraggio di sfidare l’immobilismo”.
Siamo di fronte a un processo, su cui si è molto discusso, con un forte coinvolgimento dei cittadini, che andrebbe apprezzato. Questa l’opinione di Stefano Bonaccini (Pd), che ha ribadito come, prima ancora di decidere se la fusione sia giusta o no, perché saranno i cittadini di quei luoghi a deciderlo, tutti dovrebbero esprimere un voto favorevole all’atto che metterà quei cittadini nella condizione di poter esprimere un parere. Ma l’Italia che vuole solo conservare non ha forse il coraggio di accogliere la sfida e di fare sul serio. Tre, poi, sono le valutazioni di Bonaccini sulla fusione: la gestione dei servizi insieme significa liberare nuove risorse; a fronte dei risparmi ottenuti, queste risorse possono concorrere a ridurre le tasse e infine si ottengono due obiettivi: la semplificazione della macchina amministrativa e un risparmio sui costi della politica.
Monica Donini (FdS) si è detta convinta di votare a favore della delibera che istituisce il referendum, come sono convinta – ha detto – della scelta fatta a suo tempo. Donini ha posto poi l’attenzione sull’importanza della consultazione popolare, ma ha anche ribadito la necessità di informare il più diffusamente possibile la popolazione interessata, vista la mancanza del quorum. C’è interesse – ha aggiunto – a seguire questo percorso perché potrebbe essere il punto di riferimento per analoghe scelte future in altre aree della regione. Donini ha comunque messo al centro del proprio intervento il “rispetto verso un tipo di percorso che rispetti la volontà popolare”, intrecciando “relazioni in senso orizzontale e non verticale”, vale a dire “non calate dall’alto”.
Molte le perplessità sollevate da Andrea Defranceschi (Mov5stelle), che ha parlato di un progetto di legge molto confuso, arrivato in commissione con una “misteriosa abolizione del quorum”. Le decisioni – ha detto – sono state legittimamente prese dove si dovevano prendere, ma senza che i consiglieri potessero metterci il becco. Il tutto condito da una “fretta misteriosa”: non è stato infatti possibile indire un’audizione dei sindaci, né un’udienza conoscitiva con le parti sociali. Ora, a prescindere da come si è giunti fin qua, la preoccupazione riguarda il quesito che si porrà ai cittadini, senza chiarire loro cosa accadrà in futuro e cosa si andrà effettivamente a votare. L’esito del referendum – ha spiegato – non sarà chiaro per nessuno. La fusione dei Comuni – ha aggiunto – è saggia e opportuna, ma è altrettanto opportuno che la popolazione coinvolta abbia una visione chiara di ciò che accadrà.
Mauro Manfredini (Lega nord) ha insistito sul mancato rispetto della volontà popolare. Anche la Lega – ha detto – è a favore delle fusioni fra i Comuni, ma sorge qui un problema di diritto e di democrazia. Il vostro – ha aggiunto rivolgendosi alla maggioranza – è un modo di fare le leggi “bulgaro”, mentre bisogna rispettare la volontà popolare: questa è la democrazia. L’invito è quindi quello di riflettere e di ascoltare la voce del popolo: cosa che questo provvedimento non fa.
Galeazzo Bignami (Pdl) è tornato ad intervenire in particolare rimproverando la mancanza di uno studio economico gestionale sulla fusione, come era peraltro era previsto fosse ricompreso nello studio di fattibilità sul progetto, che non ne farebbe menzione. Il consigliere ha anche duramente criticato l’opuscolo in distribuzione nei Comuni interessati alla fusione che conterrebbe già l’indicazione della data del referendum, prima del pronunciamento dell’Aula.
Antonio Mumolo /(Pd) ha respinto le critiche sulle procedure. “Siamo tutti d’accordo sulle fusioni – ha detto– riteniamo che sia un processo virtuoso, ma c’è tuttavia qualcosa da eccepire”. Il metodo seguito è quello previsto dalla legge. “Saranno i cittadini a dirci cosa vogliono effettivamente, sono convinto che capiranno e sono moderatamente ottimista”.
Grande soddisfazione è stata espressa dalla vicepresidente della Giunta, Simonetta Saliera, per aver avuto la possibilità di essere uno “strumento” per attuare il percorso fusione su richiesta delle amminstrazioni comunali. Non accetto – ha detto – il ragionamento che sia stato un percorso dall’alto, il progetto di legge è stato costruito passo dopo passo con le amministrazioni locali”.
Da Bernardini (Lega nord) ancora critiche al “modus operandi”, il consigliere ha anche stigmatizzato la distribuzione dell’opuscolo a sostegno della fusione, che ha definito “un colpo gobbo” sulla scelta referendaria. Alberto Vecchi (Pdl) ha annunciato i contenuti di un ordine del giorno (successivamente bocciato) a firma sua e di Bignami che impegna la Giunta regionale a prevedere che la consultazione delle popolazioni interessate mediante referendum consultivo sulla proposta di fusione dei Comuni della Val Samoggia, “non coincida con altre consultazioni indette dai partiti per scopi interne e soggettivi, quali ad esempio le primarie”. Naldi (Sel-Verdi) ha ribadito le sue critiche sottolineando insoddisfazione per il fatto di non aver avuto risposta. Mandini (Idv) ha difeso il percorso di riforma istituzionale avviato, mentre Silvia Noè (Udc) ha rinnovato le perplessita sul percorso avviato in un momento di riforma complessiva dell’architettura istituzionale che esigerebbe prudenza. Per il consigliere del Mov5stelle, Andrea Defranceschi, “abbiamo il dovere di mandare i cittadini al voto consapevoli” ma, lamenta, “da parte delle amministrazioni ci sono buchi neri informativi, che si traducono in dubbi enormi tra i cittadini”. Anche perchè “il riordino è sicuramente necessario per il nostro assetto istituzionale- ricorda-, ma non dimentichiamo che siamo sempre il paese dei campanili”.
Il capogruppo del Pd, Marco Monari, ha prima constato come “l’Aula sia già nel piano della campagna elettorale per il referendum”, poi ha però avvertito i colleghi che “oggi si decide sul referendum, non sulla fusione”. Una fusione che secondo Monari “è un processo maturo, ineludibile e ineluttabile” anche perchè “i territori hanno da tempo manifestato la volontà di unirsi, e l’Emilia-Romagna con la sua tradizione riformista straordinaria non può accettare provvedimenti, da qualunque governo, senza una sua strategia”.
COSA PREVEDE IL PROGETTO DI LEGGE
Il progetto di legge in 7 articoli, sul quale si è sviluppato il dibattito, istituisce il nuovo comune in provincia di Bologna che nascerà tramite la fusione dei cinque comuni di Bazzano, Castello di Serravalle, Crespellano, Monteveglio e Savigno, su un territorio, ricompreso nella provincia di Bologna con una superficie di 178 chilometri quadrati e circa 30 mila abitanti. Il nuovo comune decorrerà dal primo gennaio 2014. Tale data consente – ha precisato il relatore Antonio Mumolo – di semplificare l’adozione di una serie di atti, ad esempio quelli relativi ai bilanci, e di programmare le prime elezioni del nuovo comune in coincidenza con la tornata elettorale generale delle amministrative del 2014, riducendo al massimo la reggenza del nuovo ente da parte di un commissario straordinario. Con la proposta di legge si prevede che alle comunità di origine o ad alcune di esse siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi. “Lo Statuto del nuovo Comune – si legge – può prevedere l’istituzione di municipi nei territori delle comunità di origine o di alcune di esse, prevedendo anche organi eletti a suffragio universale diretto”. Il comune di nuova istituzione subentra nella titolarità delle posizioni dei rapporti giuridici finanziari e patrimoniali. Il personale dei preesistenti comuni è trasferito al comune di nuova istituzione. Previste anche norme di salvaguardia in modo tale che l’istituzione del nuovo comune non privi i territori montani dei benefici e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea o da norme statali. La proposta di legge assegna contributi regionali stabiliti in 705.000 euro per i primi dieci anni successivi alla fusione e in 210.000 euro per gli ultimi cinque anni. Previsto anche un contributo straordinario in conto capitale, a titolo di compartecipazione alle spese iniziali, della durata di tre anni e pari a 300.000 euro l’anno. Viene poi confermato per il nuovo comune, per i dieci anni successivi alla sua costituzione, priorità assoluta nei programmi e nei provvedimenti regionali di settore che prevedono contributi a favore degli enti locali. Inoltre, la Regione, ove compatibile con le norme in vigore, sarà impegnata a supportare il nuovo comune anche mediante cessione di quota del patto di stabilità territoriale (L.r. 12/2010). È inoltre previsto un organismo consultivo composto dai sindaci dei preesistenti Comuni di origine, con il compito di collaborare nella fase istitutiva del nuovo Comune con il Commissario governativo nominato a partire dalla data di istituzione del nuovo comune per tutti gli adempimenti e fino alle elezioni. Per legge viene anche istituito un Osservatorio regionale del processo di fusione dei Comuni, composto da funzionari del nuovo Comune e da funzionari regionali, allo scopo di monitorare gli effetti che scaturiscono dal processo di fusione in tutti i settori amministrativi di competenza regionale, ed il concreto impatto del processo di fusione sui citta.