Nel nostro Paese le donne vivono più a lungo degli uomini (la speranza di vita alla nascita è di 84 anni, contro i 78,3 degli uomini), ma spesso vivono peggio, si recano dal medico più degli uomini (il 58% delle visite ambulatoriali è per una donna) e lo fanno, nella maggior parte dei casi, per affrontare patologie non tipicamente femminili. Le malattie per le quali le donne presentano una maggiore prevalenza rispetto agli uomini sono: osteoporosi (+ 736%), malattie tiroidee (+ 500%), depressione e ansietà (+ 138%), cefalea ed emicrania (+ 123 per cento), Alzheimer (+ 100%), cataratta (+ 80%), artrosi e artrite (+ 49%), calcolosi (+ 31%), ipertensione arteriosa (+ 30%), diabete (+ 9%), allergie (+ 8%) e alcune malattie cardiache (+ 5%).
Muove da questi dati la risoluzione depositata da Roberta Mori, presidente della commissione regionale per la Promozione di condizioni di piena parità tra donne e uomini, al termine della seduta in cui ha preso la parola l’assessore alle Politiche per la salute, Carlo Lusenti, esponendo alcune valutazioni, sul contesto e sulle prospettive, a proposito della “medicina di genere” nella sanità regionale. La risoluzione è stata condivisa da tutti i consiglieri presenti; nel dibattito sono intervenuti anche Monica Donini (Fds), Franco Grillini (Idv), Palma Costi (Pd), Mauro Manfredini (Lega) e Mauro Malaguti (Pdl).
Lusenti ha organizzato il suo intervento lungo tre coordinate interpretative. All’attenzione posta verso lo screening e la cura delle tradizionali “patologie di genere” (le malattie specifiche, legate all’apparato riproduttivo), si aggiunge quella sugli effetti “genere specifici” delle patologie comuni. In questo caso si tratta di consolidare una sensibilità assai recente, fino a ieri ciò che valeva per l’uomo si riteneva fosse automaticamente valido anche per la donna; con i progressi della ricerca scientifica sono emerse differenze sostanziali tra i generi, sia nel campo nella diagnosi che della terapia: una prospettiva che non può che accentuare la tendenza alla personalizzazione e umanizzazione delle cure. Ci sono poi questioni che innescano connessioni critiche fra salute e diversità di genere: dall’accoglienza e presa in carico delle vittime di violenza, al formidabile processo di femminilizzazione delle professioni mediche, che impone una nuova organizzazione del lavoro. La volontà dell’assessorato, ha concluso Lusenti, è quella di rispondere concretamente a queste novità, valorizzando le differenze, evitando che siano motivo di discriminazione, estendendo le migliori pratiche e sperimentazioni in corso.
La risoluzione riprende questi temi, affermando che la “medicina di genere” rappresenta il tentativo di approfondire la diversità tra i sessi applicandola alla medicina, così da garantire ad entrambi il miglior trattamento possibile. Questo concetto si evidenzia, infatti, a livello anatomico, ma anche e soprattutto a livello biologico, funzionale, psicologico, sociale, ambientale e culturale.
Occorre contrastare stereotipi e pregiudizi, superando un difetto alla base: i metodi utilizzati nelle sperimentazioni cliniche e nelle ricerche farmacologiche e la successiva analisi dei dati risentono di una prospettiva maschile, che sottovaluta le peculiarità femminili e, in particolare, il ruolo degli ormoni; al contrario, la medicina di genere permette di evidenziare, anche nel campo della ricerca farmacologica, le diverse risposte all’assunzione dei farmaci tra gli individui di sesso maschile e quelli di sesso femminile, che sembrano essere più inclini a reazioni avverse. Dunque, “senza un orientamento di genere, le misure politiche a tutela della salute risultano metodologicamente scorrette, oltre che discriminanti, facendo ritenere la medicina di genere una realtà dalla quale non si può prescindere”.
La risoluzione impegna la Giunta a inserire tra gli obiettivi di sistema del Piano socio-sanitario in via di definizione la promozione ed il sostegno alla medicina di genere quale approccio interdisciplinare tra le diverse aree mediche, al fine di delineare migliori criteri di erogazione del servizio sanitario, che tengano conto delle differenze di genere. Alla Giunta si chiede di individuare e promuovere percorsi che garantiscano, all’interno delle strutture sanitarie pubbliche, la presa in carico del paziente, tenendo conto delle diversità di genere, al fine di ottenere una risposta più specifica ed idonea di fronte alle numerose richieste di assistenza delle donne; occorre, inoltre, incentivare e valorizzare gli interventi di prevenzione e di diagnosi precoce delle patologie attraverso la sempre maggiore diffusione dei programmi di screening, con particolare attenzione al coinvolgimento di tutte le fasce di età a rischio e delle donne immigrate. Si chiede di rafforzare gli interventi rivolti all’area materno-infantile, e di assumere tutte le iniziative utili per sostenere lo sviluppo della ricerca scientifica medica e farmacologica rivolta alla medicina di genere per incentivare la riorganizzazione del lavoro nelle strutture sanitarie, in considerazione dell’incidenza del personale femminile, e per istituire un osservatorio di buone prassi. Infine, il documento impegna la Giunta a predisporre iniziative di prevenzione sostenute da periodiche campagne informative, per diffondere le conoscenze sulle diversità di genere in medicina.