giovedì, 12 Dicembre 2024
16.1 C
Comune di Sassuolo
HomeAttualita'Crisi, Napolitano oggi in visita in Comune a Bologna: ne esca Italia...





Crisi, Napolitano oggi in visita in Comune a Bologna: ne esca Italia più sobria e più giusta

“Dalla crisi esca un’Italia più sobria e più giusta”. Questo l’auspicio che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha espresso in Comune a Bologna incontrando eletti e amministratori locali.

“Saluto e ringrazio voi tutti, innanzitutto il Presidente Errani, la Presidente Draghetti e in particolare il sindaco Merola che oggi ho per la prima volta l’occasione di incontrare, e mi mancava perché credo che, nel corso di molti decenni, di aver conosciuto da vicino tutti i sindaci di Bologna. Mi interessa anche la sua particolare figura perché è forse il primo sindaco di Bologna che incarna nella sua esperienza di vita la radice meridionale e la formazione bolognese ed emiliana, e credo che sia un contributo maggiore che potrà dare in quanto tale allo svolgimento di una funzione così importante” – così il Capo dello Stato, questa mattina in Sala d’Ercole a Palazzo d’Accursio.

“Vorrei prendere soltanto due spunti che ricavo dagli interventi degli oratori che mi hanno preceduto, uno riguarda il tema dei sacrifici, della severità, della difficoltà anche di amministrare gli enti locali in una condizione come quella attuale di gravi ristrettezze per la finanza pubblica, e una condizione, senza dubbio, di straordinaria attenzione per raggiungere obiettivi che consideriamo essenziali per la vita e il futuro del nostro Paese. Voglio naturalmente sottolineare un obiettivo che in qualche modo riassume tutti gli altri ed è anche la spiegazione di tante durezze nello svolgimento della politica finanziaria pubblica, cioè l’abbattimento del debito pubblico che si è accumulato nei decenni nel nostro Paese. Lo vado ripetendo da vario tempo, ben prima che nascesse questo Governo, e lo ripeto approfittando di qualsiasi Governo si sia impegnato o voglia impegnarsi in questo senso, a richiamo per cittadini per gruppi sociali di qualsiasi collocazione. Noi non possiamo innanzitutto da un punto di vista, direi perfino morale, lasciare sulle spalle delle generazioni più giovani e di quelle che verranno questa spaventosa eredità.

Oggi – ha proseguito il Presidente della Repubblica – dobbiamo allentare questo vincolo perché già viaggiamo oltre i 70 miliardi di euro da versare ogni anno come pagamento degli interessi sui titoli del debito pubblico. Pensate a quanta parte di queste risorse potrebbe essere utilizzata per investimenti pubblici, per investimenti sociali, per lo sviluppo del Paese, ed è sequestrata da questo obbligo che ci portiamo dietro e che non possiamo, ripeto, trasferire sul futuro vicino e lontano.

Quindi dobbiamo farlo nell’interesse nostro, per ragioni nostre, e dobbiamo farlo perché non si tollera più da parte dei nostri partner e dei nostri competitori che si trascini questa terribile eredità di un debito pubblico così pesante che è diventato uno dei fattori di esposizione dell’intero contesto economico, sociale e istituzionale europeo ai rischi di deflagrazione. Dobbiamo sapere che anche nel corso di questi mesi quello che è diventato oramai un termine di uso comune, chi lo avrebbe mai immaginato, lo spread, gli alti e bassi del differenziale tra gli interessi sul debito pubblico italiano e gli interessi sul debito pubblico tedesco, che sono interessi più bassi, addirittura adesso quasi negativi, già ci mettono sulle spalle per il 2012-13 un ancora maggiore entità di spesa per coprire il debito pubblico, per onorare i titoli del debito pubblico.

Quindi qui c’è una necessità a cui si legano tutte le misure restrittive che sono state prese, è vero che per quanti sforzi si facciano, restrizioni della spesa pubblica hanno un impatto sulla crescita. Non qualsiasi taglio a qualsiasi spesa ha lo stesso impatto, ma quando vedo che nella bozza di dichiarazione preparata per il Consiglio europeo si dice che bisogna operare per un risanamento della finanza pubblica favorevole alla crescita, in queste forme poi la lingua inglese aiuta molto, growth friendly consolidation, è una bellissima formula però sappiamo che è molto difficile impedire che ripeto riduzioni anche pesanti della spesa pubblica abbiamo un impatto negativo sulla crescita. Dobbiamo fare uno sforzo per selezionare moto bene anche le riduzioni di spesa pubblica. Il Governo attuale si è impegnato ad effettuare quella che sempre con una espressione inglese corrente si chiama una spending review, cioè una rassegna puntuale di tutti i capitoli della spesa pubblica, di tutte le voci per capire quali vanno tagliate e quali no, tagliarle tutte alla cieca è una linea sicuramente fuorviante. E sappiamo che non solo non si devono tagliare, abbiamo visto anche in Francia o in Germania dove pure si sono compiuti interventi di questi genere, li per esempio si è deciso di non tagliare e perfino di accrescere la spesa per l’istruzione, per la formazione, noi possiamo aggiungere e per la cultura, sono state quindi falcidiate un po’ ingiustamente, scorrettamente, però comunque il momento sarà difficile, siamo in un tunnel dal quale dobbiamo uscire compiendo sacrifici.

Vorrei dire una parola a proposito, riflettiamo bene, io stesso mi riservo di farlo, sull’espressione coesione sociale, un’espressione che io ho usato molte volte, ritengo che sia un impegno importante, un aspetto molto importante da considerare in tutte le politiche pubbliche. E’ un bene prezioso la coesione sociale e per coesione sociale si deve intendere, ogni sforzo volto a evitare che diventino dirompenti i più o meno inevitabili conflitti, anche tra interessi diversi e diversamente rappresentati.

Coesione sociale significa sicuramente perseguire un criterio di solidarietà, suscitare solidarietà, ma coesione sociale non può significare immobilismo. Credo di dovere richiamare molto a questa esigenza, stiamo attenti ci sono spinte troppo conservatrici, per esempio oggi nella nostra società, non si può continuare ad andare avanti come si è andati a vanti per decenni, credo che si possa discutere se sia corretto dire che si è vissuti anche in Italia e in Europa e in America al di sopra delle proprie possibilità, e certamente questa è una sentenza che va molto analizzata. E’ facile rispondere che non tutti i gruppi sociali hanno vissuto al di sopra di quelle che sarebbero state altrimenti, senza per esempio il forte intervento della spesa pubblica, le loro possibilità. Però molto deve cambiare, nei comportamenti, nelle posizioni acquisite, nelle aspettative, dobbiamo fare i conti con un mondo che è radicalmente diverso, non da quello di quarant’anni fa ma anche da quello di vent’anni fa, ed è un mondo nel quale la competizione si è fatta così stringente, così pressante che non  ci  sono  consentiti  acquietamenti  nel modo di vivere che ci è stato proprio, e questo vale per tutti. Una cosa è una distribuzione giusta, secondo equità, dei sacrifici, una cosa diversa è pensare che ci sia qualsiasi gruppo sociale che possa essere esentato da sacrifici, da ripensamenti, da cambiamenti.

La seconda questione che volevo ricavare, in particolare dall’intervento della Presidente Draghetti, è quella dei nostri assetti istituzionali.

Anche qui c’è stato molto conservatorismo, molta continuità, ci sono questioni accumulatesi nel tempo che adesso affrontiamo con molto ritardo, e più c’è stato ritardo più le questioni si sono aggrovigliate. Parlo dell’architettura istituzionale nostra, rami alti e anche rami meno alti.

Siamo ancora alle prese con il problema di una riforma del Parlamento, del cosiddetto bicameralismo perfetto, e non sarà facile venirne fuori nemmeno in questo momento nonostante gli appelli, nonostante le sollecitazioni. Però noi abbiamo molto da rivedere per quello che riguarda l’architettura istituzionale anche dal livello regionale in giù, e parlo di entità che si sono create e che si sono sovrapposte e accavallate anche a livello sub comunale, oltre che sub regionale. C’è molto ritardo nell’affrontare queste questioni, le dobbiamo decisamente mettere in calendario. Ritengo che in modo particolare ci siano due questioni che non possiamo lasciare a mezz’aria. Una questione è quella delle Province. Si è andati avanti, poi si è annunciato, poi si è presa una decisione parziale; occorre fare un punto e scegliere una strada, avremmo fatto meglio a sceglierla, ma adesso è un po’ vano dirlo, niente di meno che 42 anni fa, quando cioè vennero per la prima volta eletti i Consigli regionali delle regioni a statuto ordinario. Probabilmente quello era il momento in cui si creava questa nuova dimensione per rivedere altre catene istituzionali create in precedenza. Comunque questa è una questione che adesso effettivamente, dopo quello che si è accennato nel primo decreto del Governo Monti, bisogna mettere bene a fondo e risolvere con razionalità e avendo una visione d’insieme.

L’altra questione che non possiamo lasciare a mezz’aria è quella del federalismo fiscale. E’ una legge sulla quale si è lavorato molto, si è discusso molto; c’è qualcuno – che forse non è presente in questa sala, una scelta che naturalmente rispetto – che ha osservato non so in quale dei miei recenti interventi che non ho parlato di federalismo. Io sono convinto di una cosa, l’ho detta pubblicamente tempo fa, ricevendo consensi, e dico lo stesso adesso, l’attuazione di misure che vanno nel senso di quello che è stato chiamato il federalismo fiscale non è una opzione è un dovere di attuazione costituzionale, abbiamo il Titolo Quinto della Costituzione, o si riforma il già riformato oppure si dà attuazione, e dare attuazione significa anche andare oltre l’empasse in cui questo momento si trova il processo. Vediamo dove siamo arrivati, vediamo se il percorso che finora è stato effettuato è valido e regge, o vediamo anche che cosa modificare, che cosa innovare.

Io vi ringrazio anche per queste sollecitazioni che mi avete rivolto, e per quello che riguarda l’Emilia tutta e Bologna, che cosa significa fare sacrifici, cambiare i comportamenti, rivedere aspettative, ieri ho fatto una battuta in una occasione particolare nel momento in cui cioè si annunciava che prende vita il Collegio Andreatta, e ho detto, noi non sappiamo se da questa crisi l’Italia uscirà materialmente impoverita, è possibile, ho detto altre volte, l’essenziale è che esca da questa crisi una Italia più sobria e più giusta. Ma che cosa significa più sobria? Che dobbiamo imparare a rimettere in massima evidenza gli aspetti qualitativi della vita delle persone, delle famiglie, delle comunità, gli aspetti qualitativi della condizione umana. Su questo si lavora molto, voi sapete che ci sono anche degli studiosi, in particolare degli economisti, che lavorano sul tema del concetto di benessere, si può andare ad una diversa misurazione del benessere, io penso di sì. E lo penso proprio guardando quello che voi avete costruito qui in questa regione, in questa città, non dipende soltanto dal fatto che siete province e città ricche, opulente, altamente produttive, qui voi avete costruito un tipo di vita molto socievole, gli aspetti della qualità sociale e culturale della vita in Emilia e a Bologna rappresentano un punto di riferimento, insieme ad altri, non siete i soli, per come andare verso un modello di società che sia egualmente molto gratificante anche se noi dovessimo passare attraverso un ridimensionamento dei nostri livelli di reddito.

Di nuovo a voi tutti un augurio di buon lavoro – ha concluso Giorgio Napolitano – e auguriamo a tutti che i semi che abbiamo gettato con le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia fruttifichino, nel senso di un clima di unità nazionale, di serio e sereno confronto politico, e di costruttivo rilancio del ruolo della politica nel nostro Paese”.

Prima il Capo dello Stato era andato in prefettura, e ha incontrato i vertici di Ccc e Centergross, poi ha concluso al Mulino.

















Ultime notizie