È con il ricordo degli otto modenesi che misero a rischio la propria vita per aiutare e salvare un gran numero di ebrei dalla persecuzione nazista che gli istituti superiori modenesi che partecipano al progetto “Giusti fra le nazioni”, promosso dalla Provincia di Modena, celebreranno nella mattinata di venerdì 27 gennaio il Giorno della memoria della Shoah. In programma, la visione del film di Louis Malle “Arrivederci ragazzi” e la cerimonia del passaggio da una classe all’altra del compito di prendersi cura degli ulivi piantati lo scorso anno per onorare la memoria dei “Giusti”.
Il progetto “Giusti fra le nazioni”, partito lo scorso anno e attuato in collaborazione con la Comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia, l’Istituto Storico, la Fondazione ex-Campo Fossoli e la Fondazione Villa Emma, è finalizzato allo studio e alla divulgazione della memoria degli otto modenesi – don Arrigo Beccari, Odoardo Focherini, Alberta e Sisto Gianaroli, Antonio Lorenzini, Giuseppe Moreali, don Benedetto Richeldi e don Dante Sala – riconosciuti come “giusti” dallo Yad Vashem, l’Istituto per la rimembranza dei martiri e degli eroi dell’Olocausto dello Stato di Israele (comunicato n. 42). Come allo Yad Vashem, a ciascuno di loro è stato dedicato un ulivo messo a dimora, nel Giorno della memoria dello scorso anno, in otto scuole modenesi: il Selmi di Modena, il Meucci di Carpi, lo Spallanzani di Castelfranco, il Levi di Vignola, il Cavazzi/Marconi di Pavullo, il Calvi di Finale Emilia e il Luosi di Mirandola. Il progetto, che culmina nel simbolico passaggio delle consegne nella cura dell’ulivo, prevede momenti formativi per gli insegnanti e, per gli studenti, laboratori per approfondire la figura del giusto che ha operato sul territorio scolastico di riferimento. Come spiega Elena Malaguti, assessore provinciale all’Istruzione, «i Giusti rappresentano esempi di vita molto formativi per i ragazzi perché non hanno ceduto all’indifferenza trovando il coraggio di opporsi al progetto di discriminazione e distruzione dei regimi totalitari. Ma approfondire la loro storia – prosegue l’assessore – significa anche mettere in luce le diffuse pratiche di solidarietà nelle comunità del nostro territorio».
Alle cerimonie nei diversi istituti, a partire dalle 10,30 (le 9 al Selmi e le 11 allo Spallanzani), interverranno gli assessori provinciali, il Presidente del Consiglio provinciale, le autorità civili e rappresentanti della Comunità ebraica.
LE STORIE DEGLI EROI CHE MISERO IN SALVO GLI EBREI
Ecco le schede sintetiche degli otto modenesi che hanno avuto il riconoscimento di “Giusti tra le nazioni”.
Arrigo Beccari (1909-2005), originario di Castelnuovo Rangone, ordinato sacerdote nel 1933, viene nominato parroco a Rubbiara di Nonantola, e lì rimane sino alla morte. La sua attività di aiuto ai perseguitati inizia nel 1940 e si concretizza nella realizzazione di documenti falsi sia per oppositori al regime fascista che per gli ebrei. Con l’8 settembre si adopera per mettere in salvo – insieme a Giuseppe Moreali – 73 ragazzi ebrei ospiti a Villa Emma: in meno di 36 ore li affida a famiglie del paese o li nasconde nel seminario, quindi fornisce ai ragazzi documenti falsi per l’espatrio in Svizzera. Continua poi l’opera di soccorso ai perseguitati. Arrestato il 16 settembre 1944 e rinchiuso nel carcere di San Giovanni in Monte, è liberato il 22 aprile 1945.
Odoardo Focherini (1907-1944), carpigiano, cresce nella realtà ecclesiale carpigiana dove s’impegna in varie associazioni, in particolare nell’Azione Cattolica di cui è presidente diocesano. Nel 1942 gli viene affidato l’incarico di far espatriare un gruppo di ebrei polacchi arrivato in Italia clandestinamente, ma il suo impegno più consistente in favore dei perseguitati inizia dopo l’8 settembre 1943. Con don Dante Sala organizza una rete clandestina che porterà alla salvezza alcune decine di persone. Si procura carte d’identità in bianco e le compila con dati falsi, organizza i viaggi verso il confine e racimola i soldi per affrontare le spese. Arrestato l’11 marzo 1944, è incarcerato a San Giovanni in Monte, poi trasferito al Campo di Fossoli, per passare a Gries (Bolzano) e a Flossenburg; muore il 27 dicembre 1944 nel sottocampo di Hersbruck. Nel 1996 è iniziato il processo di beatificazione
Sisto Gianaroli (1895-1977) e la moglie Albertina Seruti Gianaroli (1908-1990) originari rispettivamente di Pavullo e Serramazzoni, negli anni della guerra lavorano al mulino di Casa Lancelotti a Gombola di Polinago. In seguito all’occupazione nazista, offrono ospitalità agli Ottolenghi, famiglia ebrea proveniente da Ferrara. Nazisti e fascisti si presentano più volte al mulino per cercare i fuggiaschi, ma questi vengono nascosti nei posti più impensati . Ospitano per alcuni giorni anche alcuni aviatori alleati i cui aerei erano stati abbattuti a nord della Linea Gotica. L’ 1 settembre 2009, durante una manifestazione a Polinago, il figlio di Sisto, Donato Gianaroli, insieme ai fratelli, ha ricevuto l’attestato e le medaglie a nome dei genitori defunti.
Antonio Lorenzini (1894-1966) originario di Sassostorno, frazione di Lama Mocogno, nel 1914 viene mandato a combattere come alpino. Il 30 dicembre 1915, ferito in combattimento, subisce l’amputazione della gamba sinistra. Negli anni della Seconda guerra mondiale lavora come impiegato all’ufficio anagrafe del Comune di Lama Mocogno e questa circostanza gli permette di operare per salvare la vita di giovani militari, sia cadetti dell’Accademia militare di Modena sia soldati allo sbando che rischiano di essere arrestati e deportati. Come impiegato all’anagrafe, accede a carte di identità in bianco e a timbri originali, riuscendo a salvare moltissime persone.
Giuseppe Moreali (1895-1980) nasce a Sassuolo. Medico condotto a Nonantola, contribuisce al salvataggio dei 73 ragazzi ebrei di Villa Emma insieme a don Beccari. Dopo l’esodo dei bambini verso la salvezza, don Beccari e Moreali continuano l’attività di soccorso ai perseguitati, fornendo a chiunque ne avesse bisogno indumenti, cibo e documenti falsi. A questa attività clandestina affianca l’attività di medico condotto dei nonantolani e dei partigiani. Informato di essere stato “etichettato” come membro della Resistenza, rifiuta la possibilità che gli era stata offerta di abbandonare Nonantola. Viene riconosciuto Giusto tra le Nazioni il 18 febbraio 1964.
Benedetto Richeldi (1912-1997) nasce a Roccasantamaria, frazione di Serramazzoni. Ordinato sacerdote, viene destinato a Finale Emilia, poi a Massa Finalese quindi a San Felice sul Panaro. Opera per mettere in salvo dodici ebrei perseguitati, che prima accompagna in un collegio cattolico sulle colline, poi – nel novembre 1943 – riporta a Finale e nasconde presso alcune famiglie. Quindi pianifica la loro fuga verso la Svizzera: prepara documenti falsi, provviste per il viaggio e a metà dicembre li affida ad alcuni amici di fiducia: Berto Ferraresi, Flavio Borsari e Vanes Testi. L’unica del gruppo che rimane in Italia è la polacca Federica Hubschmann, nascosta da don Richeldi presso le suore di Palagano. Denunciato e ricercato nel luglio 1944, si rifugia con falso nome (don Carlo) a Palagano sino alla fine della guerra.
Dante Sala (1905-1982), carpigiano, diventa sacerdote nel 1935. Cappellano a Mirandola, dal 1937 al 1947 è parroco di San Martino Spino. Dopo l’8 settembre 1943 ospita in canonica una famiglia di ebrei jugoslavi, cercando di organizzare per loro una via di fuga. Dato l’esito positivo della missione, condivide la sua esperienza con Odoardo Focherini. I due si impegnano a costituire una rete clandestina di aiuti per accompagnare gli ebrei, a piccoli gruppi, verso la Svizzera. Dopo alcuni viaggi, nei quali salva anche delle famiglie di ebrei modenesi, il 4 dicembre 1943 è arrestato e incarcerato. Ritornato a casa, riesce a impedire la deportazione di un centinaio di suoi parrocchiani da San Martino Spino al lavoro coatto in Germania.