E’ il primo dopo che, a fine dicembre, la proprietà ha aperto la procedura per i licenziamenti collettivi dei 242 lavoratrici e lavoratori dello storico stabilimento. Prestileo (Uilta), basta rinvii: le lavoratrici devono conoscere il loro destino.
Il ministero dello Sviluppo Economico ha convocato per oggi pomeriggio una riunione presso la Regione Emilia Romagna per approfondire i progetti di reindustrializzazione che interessano il vecchio sito produttivo della Omsa di Faenza. Molte le aspettative che gravano sull’incontro, il primo dopo che, a fine dicembre, la proprietà ha aperto la procedura per i licenziamenti collettivi dei 242 lavoratrici e lavoratori dello storico stabilimento di Faenza.
“Ci auguriamo che oggi dal tavolo ministeriale anticrisi convocato a Bologna -ha dichiarato a LABITALIA Carmelo Prestileo, segretario nazionale Uilta-Uil- emergano seri elementi che attestino concretamente la reindustrializzazione del sito di Faenza. Non abbiamo più niente da dire sull’assurdità dei licenziamenti posti in essere dall’azienda a fine dicembre se non che ancora una volta la proprietà ha palesato la propria irresponsabilità nella gestione di questa crisi”.”E’ arrivato il momento di sapere con chiarezza cosa bolle in pentola: quali sono queste iniziative imprenditoriali, quali sono i problemi ostativi alla piena definizione del processo di reindustrializzazione e quante lavoratrici saranno occupate e quali percorsi professionali si delineano. Non è più tempo di rinvii: le lavoratrici e i lavoratori devono essere informati sul loro destino personale e professionale”. La Omsa (Gruppo industriale ‘Golden Lady’, tra i leader mondiali del settore calze, e che commercializza anche i marchi SiSi, Filodoro, Philippe Martignon) in Italia detiene il 50% del mercato delle calze da donna ed esporta il 55% della propria produzione. Dunque, la crisi della Omsa non è legata a difficoltà economiche dirette, ma dipende dalla scelta di delocalizzare in Serbia parte della produzione, fatta, insistono i sindacati, “per guadagnare ancora di più sul costo del lavoro”. Il 25 febbraio 2010 dopo le dichiarazioni di cessazione attività nel sito di Faenza, presso il ministero dello Sviluppo Economico era stato firmato un accordo tra azienda, sindacati, Regione Emilia Romagna e Comune di Faenza, che sanciva l’impegno dell’azienda a “favorire l’insediamento di nuove attività imprenditoriali presso il sito che consentano l’impiego (anche parziale) dei lavoratori/trici attualmente occupati”. Un successivo accordo, raggiunto al ministero del Lavoro, prevedeva il ricorso alla cassa integrazione straordinaria (cigs) per due anni, condizionando però il secondo anno – così come prevede la legge – alla ricollocazione di almeno il 30% del personale in forza. Ma a un anno di distanza dall’accordo si capisce che la reindustrializzazione del sito si presenta più complessa e incerta. Viene firmata (18 febbraio 2011) una seconda intesa, sempre al Mise, che prevede: un incentivo economico a favore di un numero massimo di 80 dipendenti che dichiarino di non opporsi alla risoluzione del rapporto di lavoro; nuove soluzioni imprenditoriali; prosecuzione fino all’esaurimento di alcune produzioni. Ciononostante l’azienda, a tre settimane dall’accordo, ferma unilateralmente la tessitura. Il 20 aprile scorso infine, dopo un lungo e difficile tavolo di confronto al ministero del Lavoro, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uilta-Uil firmano e danno l’ok alla cassa integrazione straordinaria (cigs) per 24 mesi per tutti i 242 dipendenti attualmente rimasti in Omsa. Sempre nella primavera 2011, l’azienda comunica la cessazione delle attività nello stabilimento di Gissi (Chieti), mentre il 23 dicembre 2011 l’azienda avvia le procedure di licenziamento collettivo per tutti i dipendenti dello storico stabilimento di Faenza. “All’azienda -sostiene Prestileo- chiediamo il ritiro della procedura di mobilità perché solo questo ritiro può riportare il confronto su un piano accettabile quale quello che si era delineato nelle intese precedenti. Se ciò non avverrà, e in mancanza di ulteriori elementi -conclude- proporremo una serie di iniziative per allargare ulteriormente sia nei livelli istituzionali che nell’opinione pubblica la conoscenza e la percezione del grande misfatto della Golden Lady”.