I pensionati dello Spi/Cgil di Modena porteranno almeno 10 pullman alla manifestazione di venerdì prossimo 28 ottobre a piazza del Popolo a Roma. Lo slogan della manifestazione promossa dallo Spi/Cgil nazionale è “Il 28 ottobre nessun dorma. Combattiamo per il futuro, più equità, più diritti, più giustizia”. L’iniziativa dei pensionati rientra nella mobilitazione autunnale della Cgil contro le manovre estive del Governo che colpiscono sempre i soliti noti, attaccano i diritti dei lavoratori e la contrattazione, tagliano pensioni, welfare e servizi. Dopo lo sciopero generale del 6 settembre, la manifestazione di pubblico impiego e scuola (8 ottobre), dei metalmeccanici (21 ottobre), venerdì prossimo è dunque la volta dei pensionati.
Lo Spi organizza pullman da Modena città e da tutte le sedi sindacali della provincia in partenza alle ore 2 di venerdì mattina. Alle ore 10 è prevista la manifestazione in piazza del Popolo a Roma con comizio del segretario nazionale Spi/Cgil Carla Cantone e del segretario generale Cgil Susanna Camusso. Posti sui pullman ancora liberi, per prenotare telefonare alle sedi sindacali.
“Le ragioni che ci portano di nuovo in piazza – affermano dalla segreteria Spi/Cgil di Modena – sono tante. Le manovre economiche di questi mesi avranno pesanti ripercussioni sulla vita quotidiana delle persone, in particolare sulla fasce sociali più deboli”.
I tagli agli enti locali mettono a rischio i servizi di welfare erogati dai Comuni, c’è un attacco alla politica socio-assistenziale e al diritto alla salute dei cittadini.
Tra il 2008 e il 2011 le risorse trasferite agli enti locali sono diminuite dell’86% passando da 939 milioni di euro a 218 milioni. Sono state ridotte le risorse anche per il fondo alle famiglie (-7,13%), quelle per le politiche giovanili (-65%), azzerati i finanziamenti per la casa e quelli del fondo per la non autosufficienza.
Ci sono inoltre proposte di ridimensionamento dei requisiti per le pensioni di invalidità, il superamento dell’indennità di accompagnamento e sono stati introdotti i nuovi ticket sanitari.
“Sono manovre dannose, inique e depressive nel solco di quelle precedenti – affermano i sindacalisti dello Spi modenese – con i tagli allo stato sociale si mette a rischio la coesione sociale. Gli interventi del Governo prefigurano un lungo periodo di sacrifici che però coinvolgono pesantemente solo le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, le pensionate e i pensionati, ampliando le disuguaglianze sociali e determinando l’impoverimento di una vasta area di cittadini”.
Con le ultime manovre del Governo, ancora una volta non si intraprende una concreta azione di contrasto all’evasione fiscale, né si interviene sulle rendite finanziarie e le grandi ricchezze.
Invece di introdurre una patrimoniale, il Governo ha preferito introdurre il contributo di solidarietà del 5% per i soli dipendenti pubblici e per i pensionati con redditi oltre 90.000 euro, mentre tale contributo si riduce al 3%, deducibile fiscalmente, per i redditi superiori ai 300.000 euro.
Sull’età pensionabile delle donne l’ultima manovra ha determinato un innalzamento clamoroso, tanto che in base all’aspettativa di vita e all’innalzamento dell’età anagrafica la decorrenza della pensione per le donne del pubblico e per gli uomini di tutti i settori sarà a 67 anni e 3 mesi già nel 2022, con largo anticipo ad esempio sulla Germania dove i 67 anni sono previsti nel 2029.
Il vero problema è l’adeguamento del reddito da pensione tra uomini e donne, visto che queste ultime percepiscono in media la metà degli uomini.
Lo Spi propone a tal fine che tutti i periodi di assenza dal lavoro per lavoro di cura siano coperti da contribuzione figurativa a carico della fiscalità generale, riconoscendo il valore sociale del lavoro di cura rivolto a bambini, anziani, disabili.
Preoccupazioni dello Spi anche per i nuovi provvedimenti allo studio del Governo per raggiungere il pareggio di bilancio sollecitato dalla UE: si vuole infatti intervenire ulteriormente sulle pensioni e nello specifico anticipare per tutti l’andata in pensione di vecchiaia a 67 anni, mentre sulle pensioni di anzianità si vuole andare al superamento progressivo sia dei 35 anni che dei 40 anni di contributi, legandoli a un’età anagrafica che penalizza inevitabilmente i lavoratori precoci.