Una perdita di risorse, per l’Italia, tra il 6 e il 7%. Un taglio “inaccettabile” per un Paese “che già oggi in termini finanziari dà all’Unione più di quello che riceve e che contribuisce più di altri alla produzione agricola europea”. E’ negativo il giudizio dell’assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna Tiberio Rabboni sulla riforma della Politica Agricola Comune (PAC) presentata nei giorni scorsi dalla Commissione europea, su cui non ha dubbi: “Bisogna cambiarla. C’è tempo per farlo” ribadisce. “Certamente bisognava muoversi prima. Ma l’Italia ha cambiato tre ministri all’agricoltura in tre anni e l’attenzione del Governo è stata rivolta ad altro. Possiamo però contare su due cose: il sostegno del Parlamento europeo e l’interesse degli altri Stati europei al voto favorevole dell’Italia sul bilancio della Ue. Una contropartita da negoziare con determinazione ai più alti livelli istituzionali”.
“Le attese della vigilia sono state purtroppo deluse, soprattutto quelle italiane – spiega Rabboni – . Il nuovo impianto prevede che gli aiuti diretti agli agricoltori vengano in futuro erogati sulla base degli ettari posseduti e non del valore delle produzioni realizzate. Per l’Italia questo significa una perdita di risorse tra il 6 e il 7%. La superficie agricola italiana rappresenta appena il 6,33% di quella europea, ma il valore della sua produzione è invece pari al 12,63% di quella continentale. Per quale motivo deve contare la prima percentuale e non la seconda?”
La sfida dei prossimi anni, ricorda l’assessore, “è la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari, per far fronte alla drammatica forbice, che si sta allargando a livello mondiale, tra una crescente domanda di cibo e una produzione che non riesce a crescere agli stessi ritmi. Alcune economie asiatiche emergenti stanno addirittura accaparrando vasti terreni agricoli nel continente africano. L’Europa deve far sì che la sua agricoltura contribuisca al traguardo della sicurezza degli approvvigionamenti, interni e planetari. Lo deve fare sicuramente attraverso un profondo rinnovamento dei modelli produttivi ma, al tempo stesso, sostenendo la competitività delle produzioni e il loro valore aggiunto. Una politica agricola comunitaria coerente e all’altezza dei tempi deve dunque in primo luogo premiare la capacità di valorizzare la produzione sui terreni agricoli, non la loro mera proprietà. Esattamente il contrario della riforma – conclude Rabboni – che propone Bruxelles per assecondare gli interessi dell’Europa nord-orientale”.