Fare il punto sulla situazione del Cie di Modena e individuare possibili modalità di intervento per migliorarla convocando un tavolo presso la Prefettura al quale partecipino le istituzioni locali, le Forze dell’ordine, le parti sociali e il volontariato. È la decisione contenuta nell’ordine del giorno sui problemi di sicurezza al Centro di identificazione ed espulsione dei clandestini, approvato dal Consiglio provinciale con il voto favorevole di Pd, Idv e gruppo Misto e quello contrario di Pdl e Lega nord.
Il documento è stato presentato da Cecile Kyenge (Pd) che ha sottolineato come la struttura, nata alla fine degli anni ’90, «sia stata voluta dai modenesi e quindi spetta a noi anche la responsabilità di ripensarla».
I centri di permanenza temporanea non sono carceri, ha affermato Denis Zavatti (Lega nord), «anche se dovrebbero essere gestiti come tali visto che spesso ospitano clandestini che sono delinquenti. L’unico scopo che può avere un tavolo quindi è chiedere più sicurezza e più Forze dell’ordine per garantirla». «Clandestino non significa per forza delinquente» ha replicato Sergio Pederzini (Idv) per il quale «è assurdo detenere le persone per 18 mesi solo per identificarle». Concorda sull’eccessiva durata dei tempi di identificazione Mauro Sighinolfi (Pdl) che però rileva come «molto spesso ambasciate e consolati non collaborino. E l’identificazione è necessaria se un paese vuole tutelarsi». Secondo Luca Gozzoli (Pd) il Governo «è incapace di gestire perfino le politiche reazionarie che progetta. Il problema – ha detto il consigliere – è che i Cie applicano una forma di condanna senza processo a persone che diventano clandestine per legge». Mentre per Bruno Rinaldi (Pdl) se si parte «attribuendo tutte le colpe alla legge Bossi Fini, il tavolo non può cambiarla e quindi è inutile. Diverso il caso se si vuole capire come alleviare le sofferenze, reali, di queste persone». Fausto Cigni (Pd) ha sostenuto che la Bossi Fini «oltre a essere una legge scellerata e inaccettabile per un paese democratico, è fallita perché ha fatto solo aumentare i clandestini», e Livio Degliesposti (Lega nord) ha risposto sottolineando che «non è una vergogna venire in Italia presentandosi con nome e cognome, volendo lavorare e rispettare le leggi. Si può fare». Per Elena Gazzotti (Pd) è importante che le istituzioni «si occupino del problema di una struttura di sicurezza che invece diffonde insicurezza» e Patrizia Cuzzani ha aggiunto che è compito dei politici tutelare sia chi sta dentro che chi sta fuori».