“E’ necessario rivedere subito l’impianto federalista così come è stato pensato e integrarlo con la riforma fiscale, se così non fosse si correrebbe il rischio di aumenti fino allo 0,80% dell’addizionale Irpef da parte di molti Comuni della regione. Rischio che si tradurrebbe in possibili e indiscriminati aggravi procapite: si va da un massimo di 70 euro per ogni cittadino della provincia di Rimini, ad oggi la più bassa delle addizionali, per poi passare, via via, a un aggravio massimo di 19 euro per ogni bolognese (tab. 1 ). Se poi la Regione dovesse aumentare la sua aliquota dall’attuale 1,4% fino al 3%, a partire dal 2014, così come permette il decreto sul Federalismo, i 330 euro medi già a carico dei cittadini emiliano romagnoli sarebbero più che raddoppiati”.
E’quanto ha affermato Giorgio Graziani, segretario generale della Cisl Emilia-Romagna, che ha dato alcune anticipazioni dell’analisi sul federalismo che la Cisl regionale presenterà venerdì, a Bologna, in occasione della tavola rotonda “Federalismo…Fede o Realismo”, organizzata dallo stesso sindacato. Appuntamento che potrà contare, sulla presenza di Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, di Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, Giancarlo Giorgetti, presidente della Commissione Bilancio della Camera e di Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc.
“Tutti – continua Graziani – parlano di federalismo fiscale, dell’idea di avvicinare le persone a chi le governa, ma i presupposti di tale mutamento di filosofia amministrativa non ci sembrano favoriti dalle scelte compiute. Sistematicamente le manovre di aggiustamento economico-finanziario, attraverso l’irrigidimento del patto di stabilità e il taglio dei trasferimenti, hanno ridotto le risorse degli enti territoriali. In Emilia Romagna si stima un taglio alla spesa corrente ai Comuni pari a 534 milioni di euro circa, vale a dire circa 134 euro di spesa pubblica comunale per ogni emiliano – romagnolo, risultato che potrebbe tradursi inevitabilmente in meno servizi comunali o in servizi comunali più cari. Mediamente, significherà passare da una spesa corrente procapite stimabile in 900 euro circa a un dato attorno a 766 euro. Ed è inutile sottolineare come i possibili effetti ricadrebbero sulle famiglie e sul lavoro” (tab.2 ).
Un’analisi, quella della Cisl regionale, che, pur mettendo in risalto i nodi da sciogliere, individua una serie di proposte per indirizzarsi verso un “federalismo cooperativo e solidale” che ponga le sue solide basi sul principio di sussidiarietà. “Un federalismo fiscale – sottolinea il massimo dirigente della Cisl regionale – la cui premessa indispensabile non può non essere la riforma fiscale. Per noi non è accettabile che la fiscalità sostitutiva sia basata sull’ addizionale all’Irpef, cioè su una sovrattassa di un’imposta, che produce circa 57.859 milioni di euro di gettito (15.100 milioni di euro in Emilia Romagna), di cui ben 51.888 (13.850 milioni di euro in Emilia Romagna) derivano da lavoro dipendente, mentre solo 5.608 da lavoro autonomo. Peraltro in un quadro in cui, nel periodo 1995- 2010, mentre le tasse nazionali sono aumentate del 6,8%, quelle locali hanno subito una crescita del 138%”. “Il federalismo – prosegue il sindacalista cislino – non può essere fatto a spese dei dipendenti e dei pensionati e, dunque, va assolutamente coniugato con la riforma fiscale, come ormai chiede la nostra organizzazione da anni. Solo ridistribuendo il carico fiscale verso chi non ha mai pagato le tasse o ne paga troppo poche (e per una ancora più incisiva lotta all’evasione gli annunci di condoni non aiutano) dunque riducendo l’Irpef sui salari e le pensioni medio-bassi, si può pensare di rendere accettabile il federalismo fiscale”.
Una riforma fiscale che, nella ricetta della Cisl, deve essere legata indissolubilmente al cosiddetto “fattore famiglia”. “Il federalismo fiscale – rincara la dose Graziani – poteva essere un’occasione per cominciare a introdurre meccanismi in base ai quali, nelle politiche fiscali e di compartecipazione del costo dei servizi (es. ticket sanitari), la capacità contributiva fosse legata anche alla numerosità e dalla composizione del nucleo familiare. Ma come al solito si è fatto solo retorica, proseguendo con addizionali Irpef e ticket sanitari nella logica dell’indifferenziazione e non riconoscendo alla famiglia quel valore assoluto che ha come cellula fondamentale della nostra società”.
Infine il sindacato, dopo aver ribadito il ritardo sui costi standard e aver posto l’accento sulla necessità di un federalismo che contribuisca a controllare e razionalizzare la spesa pubblica, che oggi nel nostro Paese continua a crescere più del tasso di incremento del Pil e più del tasso d’inflazione (tab.3), non ha risparmiato alcune stoccate alla stessa Regione Emilia Romagna. Difatti, nella difficile comprensione di “chi farà cosa”, “nell’affastellarsi confuso di norme e di disegni di legge del livello centrale che abrogano senza definire con chiarezza i livelli amministrativi”, la stessa “procede a tentoni” chiudendo o riformando giustamente gli enti di secondo livello (ATO, enti parco, comunità montane …), ma in assenza di un quadro chiaro “a regime”.
Un quadro chiaro che per l’organizzazione di via Milazzo deve essere fondato su vere unioni e vere fusioni tra Comuni e sul prevalere delle logiche distrettuali. “I 341 Comuni presenti in Emilia Romagna – conclude Graziani – sono troppi: bisogna ridurne drasticamente il numero e ampliarne le dimensioni. Inoltre ci aspettiamo che la Regione accresca il proprio ruolo nel fare sistema, come previsto dal Piano Territoriale Regionale: occorre intervenire su alcune funzioni territoriali che richiedono coordinamenti, fusioni, accorpamenti, razionalizzazioni”. Ed il riferimento del segretario della Cisl ad aeroporti, fiere, aziende ex municipalizzate è più che esplicito.