Il comune di Novi risulta essere, in Italia, quello dove in percentuale nascono più stranieri e dove il numero dei nati da genitori extracomunitari supera quello dei nati da genitori italiani. In proposito, un commento dell’on. Manuela Ghizzoni del Pd.
«Questo è un dato che rivela molte più criticità di quanto non appaia, e fa emergere al tempo stesso molte più contraddizioni di quanto una lettura superficiale consenta. Nessuno può negare che l’immigrazione sia un fenomeno complesso e l’integrazione sia un processo faticoso e spesso denso di problemi. Altresì credo che non ci si possa sottrarre ad una lettura dei flussi migratori sulle comunità locali che riguarda sia il nostro presente che il nostro futuro. Ad esempio, ritengo che la notizia che merita la prima pagina non sia tanto il superamento del numero dei nati da genitori extracomunitari rispetto a quelli nati da genitori italiani, quanto l’inverso, ovvero che a Novi la natalità delle famiglie italiane è più bassa. Non è un esercizio retorico: se leggiamo la notizia al contrario, riusciamo a comprenderne gli aspetti positivi. Di fronte al calo della natalità della società italiana, che rischia di compromettere l’equilibrio tra le generazioni e il futuro della nostra società, il contributo dato dalle famiglie immigrate è fondamentale per mantenere un saldo positivo. Una società che invecchia è una società dove forse la coesione sociale è più facile da mantenere, ma è una società che purtroppo non avrà futuro. Un esempio concreto: è la presenza di bambini e giovani di origine straniera a consentire che alcuni servizi fondamentali per la comunità rimangano a Novi (penso in primo luogo all’Istituto comprensivo, ma il discorso si può allargare ad una miriade di servizi che consentono di tenere viva una comunità). Un secondo aspetto è relativo a come la notizia è stata tradotta dai media: il primo comune dove i nati stranieri superano gli italiani. Anche questo è un modo miope di leggere quel dato, perché quei bambini, lo si voglia o no, non saranno bambini stranieri, ma bambini che cresceranno in un Paese diverso da quello dei genitori, impareranno la lingua italiana, frequenteranno bambini italiani (e per promuovere l’integrazione si deve lavorare in questa direzione), studieranno e lavoreranno in Italia e saranno di fatto (e io penso che lo debbano essere anche de jure) gli italiani del futuro. Che ci piaccia o no, il futuro ci appartiene nella misura in cui non ci ripieghiamo sul passato e governiamo il cambiamento. Ecco cosa ci dice quella prima pagina su Novi».