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Enrico Aimi (PDL) sullo sciopero generale della Cgil

“Mentre tutti sono concordi, almeno sul fatto, che è tempo di cambiare, di abbattere le caste con i loro privilegi, di ridurre drasticamente la macchina burocratica, di riformare il mondo del lavoro equiparandolo ai tempi moderni, di pensare come portare le pensioni italiane a livelli europei, rilanciando economia e consumi, c’è ancora un esemplare di dinosauro in circolazione, la Cgil, che rispolvera climi da anni 70 con uno sciopero generale indetto contro un Governo che sta tentando coraggiosamente di affrontare una crisi mondiale che vede alla soglia del fallimento nazioni consorelle come la Grecia nelle quali gli scioperi a catena dei mesi scorsi hanno creato solo ulteriori danni. Cui prodest? Noi pensiamo solo alla Cgil e alla Fiom ultime roccaforti della favola che per oltre 40 anni ha contribuito ad illudere milioni di lavoratori. Sindacati che si sono cullati nell’illusione potesse esistere un mondo senza imprenditori e senza obblighi ma ricco solo di diritti. Confederazioni che hanno gridato allo scandalo per gli straordinari e no ai premi di produzione, ripetendo all’unisuono che si poteva lavorare meno e guadagnare di più, mentre i loro omologhi tedeschi si accordavano con gli imprenditori professando l’esatto contrario. Paladini dei lavoratori che ancora tengono duro su quell’articolo 18 considerato un cult, ma anch’esso vecchio e inadeguato per paesi come il nostro dove la crescita e l’occupazione sono frenate da obblighi che non hanno più ragione di esistere. La storia insegna che il progresso passa attraverso rivoluzioni di pensiero e di ammodernamento di un paese per seguire, o meglio anticipare, lo sviluppo dei mercati. Mentre il mondo cammina e abbandona i vecchi feticci Cgil e Fiom sventolano le loro bandiere rosse alla ricerca di un consenso che iniziative come l’odierno sciopero generale potranno solo diminuire. Mentre noi ci chiediamo, insieme a Cisl e Uil, “a cosa servirà se non a far perdere altri denari ai dipendenti ?”, nelle menti della Camusso e dei suoi fedelissimi duri e puri – ai quali ahinoi si è unito addirittura il sindaco di Modena Giorgio Pighi – c’è forse l’estremo gesto per arginare una emorragia di tessere che proprio con comportamenti desueti e armi spuntate sembra aver imboccato un cammino inarrestabile. Una tentativo, quello fatto attraverso lo sciopero generale di oggi, di sentirsi ancora vivi anche se forti dell’incapacità di capire che la storia sta chiedendo svolte epocali come il battersi contro la delocalizzazione o la necessità di una maggior flessibilità del lavoro, argomenti sui quali ben poco il sindacato è stato sino ad oggi presente. I decreti varati dal governo erano necessari e urgenti perché già oggi possiamo parlare di Federalismo fiscale e di riforma della Pubblica Amministrazione provvedimenti che saranno seguiti da un percorso di stabilizzazione finanziaria per conciliare gli obiettivi di maggior rigore, credibilità internazionale e sostenibilità sociale. Il sentiero di azzeramento del deficit è stato imboccato con l’adozione di provvedimenti che dovranno accelerare quel processo di ripresa che ha bisogno di controparti unite e non litigiose. Nella criticità del momento un sindacato responsabile anziché rispolverare “Bandiera rossa” deve pensare ad intavolare urgentemente un percorso comune che porti lavoratori e imprenditori al varo di quelle riforme che al tempo stesso dovranno servire a ridurre e qualificare strutturalmente la spesa pubblica e a favorire quella crescita in mancanza della quale il divario tra poveri e ricchi sarà storicamente destinato a rimanere inalterato”.

















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