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Attività manifatturiera ancora in recupero nel secondo trimestre del 2011, ma il quadro evolutivo resta caratterizzato da molti elementi di debolezza

Sulla base dei primi indicatori congiunturali il 2° trimestre del 2011 ha confermato, al pari del primo, una andamento discretamente positivo per l’industria modenese. Ancora una volta a trainare verso l’alto gli indici sono state le esportazioni e il ciclo delle scorte di magazzino, in fase di ricostituzione dopo le ampie flessioni degli ultimi due anni.

E’ questo, in sintesi, il quadro che emerge dai primi dati dell’indagine congiunturale condotta con-giuntamente dalla Camera di Commercio di Modena e da CNA e Confindustria provinciali, la quale rileva lo stato di salute di un campione statisticamente rappresentativo della popolazione delle imprese attive con 6 e più addetti.

Entrando nel dettaglio dei risultati, nel secondo trimestre l’indice grezzo provvisorio della produzione industriale ha registrato un aumento del +9,0% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Anche il fatturato ha evidenziato un progresso significativo, registrando un aumento che, in questo caso, si è posizionato ad un +9,9%.

Il 2011, però, non segnerà l’archiviazione della fase di difficoltà avviatasi nell’agosto del 2008. I differenziali dai punti di massimo dell’estate di oramai tre anni fa restano elevati. Per la produzione il gap tra i volumi segnati nel primo semestre del 2008 e quelli del 2011 è di 10,5 punti percentuali, per il fatturato in valore di poco meno di 8 punti percentuali e per le esportazioni, sempre in valore, di quasi 14 punti percentuali.

Vi sono poi le incertezze sul recupero in corso segnalate dagli indicatori anticipatori del ciclo, i quali lasciano prevedere una moderazione dei ritmi di crescita nella seconda parte dell’anno. Ordini e aspettative delle imprese, difatti, evidenziano valori in flessione o quanto meno in rallentamento rispetto ai trimestri precedenti.

Infine, il commercio mondiale sta perdendo smalto, frenato dai prezzi delle materie prime e dalle difficoltà congiunturali degli Stati Uniti, mentre in Europa i soli interventi di natura monetaria stanno mostrando i propri limiti, in assenza di un governo unitario dell’economia in grado di incidere sulla crescita complessiva dell’area. Per le esportazioni modenesi, le quali, è opportuno ricordarlo, sono il vero traino del recupero segnato dall’attività industriale, le conseguenze possono essere profonde.

Nel secondo trimestre, in ogni modo, l’andamento dell’occupazione ha finalmente arrestato la sua lunga discesa, la quale perdurava oramai da tre anni. In termini tendenziali, difatti, il numero degli occupati per quanto non sia aumentato di molto (+0,8%), si contrappone al -0,3% del primo trimestre e soprattutto al -2,6% medio del 2010 e ancora a -3,9% medio del 2009.

Da sfondo a questi dati rimane l’ampio ricorso alla Cassa integrazione che ancora si registra in provincia, seppure in riduzione. Le ore complessivamente autorizzate nei mesi di aprile, maggio e giugno sono state pari a 4.247 mila. Si tratta di un dato elevato se confrontato con le medie sperimentate prima della crisi, ma anche il più basso dell’ultimo biennio.

A livello settoriale il ruolo esercitato dal commercio estero nel trainare la ripresa delle attività si sta riflettendo in una crescita concentrata prevalentemente tra i settori maggiormente export-led.

Tra questi, hanno ritrovato un ruolo guida in provincia industrie come la meccanica, l’elettronica e i mezzi di trasporto. Tutti ambiti di attività dove le imprese proiettate sui mercati finali tendono ad esportare mediamente ben oltre il 60% del loro volume d’affari. Pesa, inoltre, la capacità di molte di queste imprese di inserirsi lungo i nodi della catena del valore di diverse multinazionali, soprattutto tedesche e francesi, e la vivacità del mercato americano, il quale resta il principale mercato di sbocco delle merci modenesi, per quanto in rallentamento negli ultimi mesi.

Poco sostenuta, invece, appare l’attività dei settori più legati alla domanda interna, come l’alimentare, il tessile abbigliamento e le altre industrie manifatturiere.

Più complessa la situazione del settore ceramico, penalizzato dalla lentezza con cui stanno riprendendo i consumi delle piastrelle in Italia, ma anche in Europa. Dall’altro lato, le strategie di reazione alla crisi da parte di molti gruppi leader del settore, volte da un lato ad orientare la competizione sempre più sul terreno della qualità e dall’altro sul presidio dei mercati più promettenti, ma anche più lontani, attraverso un processo di delocalizzazione degli impianti, producono un effetto sul territorio che al momento resta ancora di difficile valutazione, per lo meno nei suoi aspetti più quantitativi.

 

 

 

















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