«Siamo delle persone normali, che vorrebbero vivere come persone normali, ma che sono costrette a resistere». Le parole di un medico palestinese arrivano attraverso il documentario “C’è una scuola in Palestina”, curato da Paolo Comastri e dedicato alla spedizione svolta dall’Anpi di Reggio Emilia in Palestina nel settembre 2010 per l’inaugurazione di una scuola materna a Seilat, costruita grazie alla raccolta di fondi che la sezione provinciale dell’associazione partigiani ha organizzato negli anni scorsi.
Il documentario, che vede anche un’appendice dedicata all’esperienza della Circoscrizione Reggio Nord-Est, che ha inviato in quella scuola tre artisti specializzati in murales per le decorazioni di esterni ed interni, è stato presentato mercoledì sera allo spazio Loft di Festa Reggio. Dopo la proiezione del video, si è svolto un dibattito, coordinato dalla giornalista Elisabetta Tedeschi, cui hanno partecipato Hani Gaber, rappresentante della missione diplomatica della Palestina per il Nord Italia, Daniela Lorenzoni, delle Donne in nero, Giacomo Notari ed Alessandro Frignoli, rispettivamente presidente e vicepresidente Anpi.
Gaber ha ricordato le difficoltà in cui vivono decine di migliaia di palestinesi, di fatto ristretti in campi profughi e costretti in una situazione di continuo disagio. «La legalità internazionale deve valere per tutti, anche per gli israeliani, e bisognerebbe usare mezzi efficaci come il boicottaggio economico. Noi crediamo in una pace duratura, e vogliamo che il muro della vergogna venga smantellato. Le persone devono conoscere la situazione. E’ venuto un rappresentante sudafricano ed ha detto che siamo trattati peggio di loro quando c’era l’apartheid». Il rappresentante diplomatico dell’Anp ricorda come, il prossimo 20 settembre, sarà posta al voto delle nazioni unite la risoluzione per il riconoscimento della Palestina. «Il problema è il veto americano al consiglio di sicurezza, per il nostro riconoscimento abbiamo già trovato 126 paesi. Il mio auspicio è che, con questi numeri, possiamo venire ammessi come membri osservatori all’Onu». Gaber ha poi ringraziato gli italiani per l’aiuto che continuano a dare ai palestinesi ed ha ricordato la figura del pacifista Vittorio Arrigoni, «una perdita molto grave».
Notari e Frignoli hanno illustrato l’esperienza della scuola di Seilat. «Costruire un asilo è una forma di resistenza, e la nostra campagna non finisce, perché continueremo nella raccolta fondi attraverso varie iniziative», ha detto Frignoli. Notari, ricordando le grandi esperienze di solidarietà dell’Anpi, ha spiegato come la scuola, costata 50mila euro e partita soltanto come “semplice sistemazione dell’esistente e divenuta vera e propria costruzione” ospiti 150 “nipotini”, e sia intitolata alla memoria del partigiano ed ex presidente dell’associazione Giuseppe Carretti. «Manca ancora un paio di computer, ma sono certo che riusciremo a farglieli avere al più presto».
Daniela Lorenzoni ha ricordato la situazione quotidiana e difficile della convivenza tra palestinesi ed israeliani «manca un confronto perché non c’è dialogo, l’uno è l’oppresso, l’altro è l’oppressore».
Ampio anche il contributo del pubblico. Da segnalare la proposta di Priama Gelati di ospitare nel periodo estivo nelle nostre realtà locali i bambini palestinesi.