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Ospedale Ramazzini di Carpi, Azienda Usl Modena: “nessun caso di malasanità”

Prima di rispondere, era doveroso approfondire in ogni minimo dettaglio le varie fasi del trattamento ricevuto dal signor Mario Andreoli, per rispetto della memoria del defunto e dei familiari, dei tanti cittadini che ricevono assistenza presso la struttura carpigiana e dei professionisti che operano all’interno dell’Ospedale Ramazzini. Le accuse (riportate da alcuni quotidiani locali – n.d.r.) erano talmente gravi che abbiamo preferito non alimentare sterili polemiche che, partendo da un singolo caso, hanno portato la signora Tania Andreoli, Consigliere comunale del PdL a Novi, a definire l’ospedale carpigiano un lager in cui si pratica l’omicidio legalizzato. Possiamo umanamente comprendere lo sfogo determinato dalla perdita di un parente, non che si propongano ricostruzioni non aderenti alla realtà e generalizzazioni che di fatto portano al totale disprezzo del lavoro di coloro che con professionalità e umanità assistono i malati.

Dalle indagini – esperite attraverso il coinvolgimento dei professionisti e l’analisi della documentazione sanitaria – non è emerso alcun profilo di negligenza né tantomeno di imperizia a carico dei sanitari coinvolti nelle diverse fasi del trattamento del paziente.

La ricostruzione della storia clinica ha infatti evidenziato che da oltre un anno il paziente era in carico al Day Hospital dell’Ospedale di Carpi per una grave patologia, purtroppo in fase avanzata, che veniva trattata con gli interventi diagnostico-terapeutici e assistenziali previsti dalla buona prassi medica e confermati dalla letteratura scientifica. A conferma dell’efficacia delle strategie di cura adottate, all’inizio sono stati ottenuti significativi miglioramenti. Il peggioramento del quadro clinico intercorso negli ultimi mesi è strettamente legato alla progressione della malattia di base evidenziata dagli esami strumentali. Sono emerse delle complicanze che sono state tempestivamente prese in carico e trattate secondo i migliori standard, complicanze che non sono in alcun modo ascrivibili a errori di diagnosi o di trattamento.

Aggiungiamo che il paziente è stato curato con farmaci atti a trattare la sintomatologia e dosaggi utili per migliorare la qualità della vita della persona. Risulta infondata l’accusa secondo la quale il paziente sarebbe stato sedato e allettato. Su questo secondo aspetto va ulteriormente chiarito che la permanenza a letto – mai forzata o indotta con sedativi – è correlata strettamente alle condizioni cliniche del paziente e che, al contrario di quanto sostenuto dalla signora Tania Andreoli, tutti gli sforzi del personale sono tesi a ridurre l’allettamento e quindi le complicanze connesse.

Per quanto concerne la fase operativa dei soccorsi nella notte tra il 15 e il 16 agosto, le indagini effettuate documentano come il paziente sia stato soccorso con tempestività e professionalità sia dal personale del 118 che dagli operatori del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Carpi. L’infermiere specializzato nella gestione delle chiamate ha codificato l’intervento come codice giallo e ha fatto subito scattare la macchina organizzativa dei soccorsi. Dopo 17 minuti l’ambulanza era sul posto e i sanitari hanno iniziato a trattare il paziente. Non si sono evidenziati né ritardi, né problemi organizzativi dovuti a mancanza di mezzi, strumenti o risorse umane.

Va precisato che è destituita di ogni fondamento l’affermazione della signora Tania Andreoli che sostiene che il mezzo non disponesse di un defibrillatore a bordo. Ugualmente errata è l’informazione secondo la quale nei comuni che fanno parte delle Terre D’Argine – Carpi, Soliera, Campogalliano e Novi – sia presente, negli orari notturni una sola ambulanza. Va chiarito che Campogalliano fa capo alla centrale operativa del 118 di Modena, per gli altri comuni, i mezzi di soccorso sono tre, uno istituzionale, presso il Ramazzini di Carpi, gli altri gestiti in stretta collaborazione con il mondo del volontariato. Si sottolinea con forza come la lettura distorta che è stata data con ampia diffusione mediatica risulta gravemente ed ingiustamente lesiva della professionalità di operatori che ogni giorno si dedicano con abnegazione alla cura dei pazienti.

Infine, poiché le dichiarazioni rese non si limitano a far riferimento a eventuali errori professionali che, dopo una rigorosa indagine interna, sono stati esclusi, ma configurano altresì accuse di ben più gravi ipotesi di reato – nella nota si parla di “omicidio legalizzato” – l’Azienda si riserva di valutare con i propri legali le affermazioni della signora Tania Andreoli per le azioni che si riterranno utili a difendere l’onorabilità dell’azienda e dei suoi professionisti.
















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