Il welfare tra crisi e manovra economica. Ne hanno parlato Simona Caselli, Raffaele Leoni e Anna Pariani. Fassino: Demagogico il dibattito sui costi della politica; ieri a Festa Reggio il neosindaco di Torino. Per tutelare la maternità c’è ancora tanta strada da fare: incontro domenica sera alla Tenda Tricolore. Il consigliere regionale Pd Marco Barbieri vuole una strada della musica emiliano romagnola.
Il welfare tra crisi e manovra economica
Il welfare di oggi e quello di domani, fra crisi, manovra economica (e pesanti conseguenze sulla popolazione) e sfide per rinnovare un modello, quello emiliano, di eccellenza internazionale. Sono i temi di cui si è discusso sabato sera a Festa Reggio alla Tenda Tricolore nel corso di “welfare e nuovi bisogni. Riflessioni di oggi e di domani”, incontro che ha visto protagonisti Simona Casell, presidente di Legacoop Reggio Emilia, Raffaele Leoni, presidente Asp R.E.T.E. Reggio Emilia e Anna Pariani responsabile welfare PD regionale Emilia-Romagna. Il dibattito, presieduto da Maria Stella D’Andrea, responsabile Welfare dell’esecutivo provinciale PD, è stato condotto da Adriano Arati del Giornale di Reggio.
Una serata in cui si sono confrontate tre posizioni legate fra loro. Il mondo amministrativo e politico, con la Regione Emilia-Romagna modello per i servizi, la cooperazione – con il suo grande impatto, nella cooperazione sociale e non solo – e i servizi pubblici, tramite Rete, la principale realtà reggiana di assistenza e servizi residenziali.
Anna Parani, consigliera regionale e responsabile welfare del PD regionale, è partita dalla manovra di agosto, ancora da definire, per parlare delle difficoltà a gestire la situazione e i servizi. Proprio a ridosso dell’introduzione del mini-ticket anche nella nostra Regione, che fino all’ultima si è battuta contro questa misura: “Di fronte all’azzeramento del fondo per la non autosufficienza (sono 30 i milioni di euro in meno per l’Emilia-Romagna) noi abbiamo tenuto, ma dall’anno prossimo non sarà possibile affrontare molti problemi. Lavorando su tre orizzonti molto diversi: l’incremento della popolazione anziana, l’aumento della natalità e l’incremento popolazione straniera. Ci sono più bisogni e meno risorse pubbliche: è necessario, come in Germania, di un fondo nazionale di integrazione assicurativa”. E, pensando al futuro, la Pariani ha parlato della necessità di una “riforma della legge sulla cooperazione sociale, che se svolge assistenza svolge una funzione pubblica. Dobbiamo rivedere la normativa sul volontariato – ha detto Pariati – che deve entrare pienamente nella programmazione sociale e nel percorso di riforma”.
Ha parlato di cooperazione anche la presidente di Legacoop Simona Caselli: “La cooperazione sociale non è più quella degli anni ‘70. Se la comunità non funziona, non c’è coesione sociale, anche il sistema delle imprese soffre e l’economia si deprime. La questione femminile è determinante per stabilire il grado di civiltà di una società. Gli Stati più avanzati sono quelli che fanno lavorare le donne che in questo ultimo periodo stanno chiedendo il part time per accudire a casa anziani e bambini. Dobbiamo restituire fiducia alla società e in quest’ottica la cooperazione è uno strumento organizzativo a disposizione dei cittadini”.
Il presidente di Rete Raffaele Leoni è partito dall’oggi, da “questa situazione che si prospetta ancora più pesante e ci costringe a fare i conti continuamente a bisogni che aumentano e che si diversificano. Il principio dell’universalità deve essere una parola non vuota da ma da riempire. Probabilmente non siamo più in grado di affrontare i tagli che di volta in volta ci fa il Governo e la Regione non può più supplire da sola alle carenze del Governo. Come riuscire a far concorrere a risorse pubbliche? Utilizzando anche altre risorse del sistema. Dobbiamo abbassare la qualità di fronte ai tagli? No, l’universalità si coniuga con la qualità. Le soluzioni vanno trovate a livello nazionale, ma in generale la riscoperta di tutte quelle forme che possano reindirizzare i risparmi delle famiglie, welfare contrattuale o corporative welfare, diventa una necessità”. Inoltre, aggiunge, “anche nell’ambito delle aziende pubbliche si può razionalizzare, per esempio nei posti letto. E il tema dell’accreditamento è cruciale, fa superare il criterio del massimo ribasso che apriva il pericolo ad un crollo della qualità”.
Si è poi discusso del futuro, e del modello emiliano, solidissimo e forse a volte quindi un vincolo. “I servizi si innovano se li hai – ha detto Pariani – Attraverso il fondo regionale per la non autosufficienza abbiamo ciò che non hanno gli altri. Universalismo significa consentire agli altri 65 bambini di frequentare luoghi educativi. Il livello di partecipazione dei cittadini deve tornare ad un senso di appartenenza che fa considerare il servizio anche il tuo. Noi i ticket non li volevamo e ce li hanno imposti”.
“Forse alcuni dettagli della normativa attuale sono soverchianti – riflette la Caselli –. In Lombardia maggior possibilità di sperimentare. Un argomento cruciale per noi è la clausola sociale, che permette di assegnare senza bando gli appalti sotto i 193mila euro alle cooperative sociali di tipo B. Adesso molti funzionari, partendo da quelli di Iren, vogliono fare sempre la gara e le cooperative sociali non potranno mai vincerle”. Infine, Raffaele Leoni: “Sul concorso di risorse per il welfare il fatto che si apra una riflessione è un elemento positivo, perché siamo in una fase di riprogettazione. E’ utile che chi gestisca i servizi ha acquisito e maturato esperienza devono essere coinvolti in una dialettica con gli enti programmatori. Una delle ricchezze e’ sempre stata la capacita’ di dialogo e questo vale anche tra soggetti gestori”.
A seguire sono intervenuti diversi fra i presenti. Fra loro, operatrici come Laura Testi, che ha detto: “non bisogna rimanere fermi sulla gestione e sull’organizzazione, bisogna riflettere sulla domanda e sull’adeguatezza della risposta. Ad esempio, nei consultori dobbiamo chiederci se i bisogni delle ragazze di oggi sono soddisfatti”. Hanno poi preso la parola Carlo Possa, responsabile delle cooperative sociali di Legacoop, e Luciano Levrini, che si occupa della storia nella cooperazione, prima delle conclusioni di Maria Stella D’Andrea: “Sarà l’impegno del PD partire non con dei modelli da innovare , ma percependo le diversità in campo e costruendo qualcosa di nuovo. Come abbiamo fatto in diverse esperienze reggiane: nei mesi scorsi è partito, per esempio, un interessante laboratorio di riflessione su come lavorare sulla nuova legge sulla dislessia”.
Fassino: Demagogico il dibattito sui costi della politica. Ieri a Festa Reggio il neosindaco di Torino
“Quando si affronta il dibattito relativo ai costi della politica, bisogna stare attenti: ci trovo demagogia, e molta malafede, per arrivare all’obiettivo della delegittimazione della politica stessa. Se passa il concetto per cui ogni soldo che si utilizza per la politica è rubato, si rischia di lasciare la politica solo in mano ai ricchi. Di fatto, con questa campagna, grandi e piccole massonerie difendono se stesse”. Il neo-sindaco di Torino ed ultimo segretario dei Ds, Piero Fassino, ospite domenica pomeriggio di Festa Reggio, utilizza la consueta franchezza per affrontare uno dei temi più caldi dell’estate, ovvero “la casta”. “Mi sono dimesso da parlamentare un minuto dopo essere stato eletto sindaco, rimettendoci il 60% del mio reddito. Altro che casta…”.
Intervistato da Chiara Geloni, direttrice di You Dem, ed introdotto dal sindaco di Correggio, Marzio Iotti, Fassino non ha certo risparmiato verità scomode. “Si è montata una campagna enfatizzando cose ridicole, come per esempio la chiusura del Parlamento in agosto, come tutti gli anni. Ma se ha chiuso il 5 e riaperto il 24! In Germania, ha chiuso l’8 luglio e riaprirà in settembre; idem in Spagna”.
Il primo cittadino torinese non nasconde però che c’è molto da cambiare: “Se io fossi il presidente del Parlamento avrei già chiuso il ristorante, ed avrei tolto dei privilegi, tipo la tessera per l’autostrada. Sono d’accordo per tagliare gli sprechi dove vanno tagliati: però quanti sanno che il sindaco di una città di 100mila abitanti deve andare in aspettativa, in quel periodo non è coperto dal punto di vista previdenziale, il tutto per 2mila 200 euro al mese? Vorrei vedere scritte sui giornali anche queste cose. Così come mi pare fuori luogo la polemica sulla reversibilità dell’indennità per le vedove dei consiglieri regionali”.
Fassino s’infiamma: “Se si vuole fare un ragionamento sui costi della politica, non è certo con la scure sugli amministratori dei piccoli comuni che si risolvono i problemi. Riduciamo il numero dei parlamentari, adeguiamo le loro indennità alle medie europee, aboliamo pure i privilegi, ma interveniamo anche sugli emolumenti dei dirigenti delle società pubbliche, e sottolineo che uno dei primi interventi da me fatti come sindaco di Torino è stato di calare del 15% lo stipendio dei dirigenti comunali apicali. E quale è il reddito di chi dirige le fondazioni bancarie, le Camere di commercio, le grandi società pubbliche dello Stato? Bisogna intervenire anche su queste cose”. E c’è la necessità anche di cambiare la legge elettorale che, con gli eletti nominati dall’alto anziché scelti dagli elettori, ha certo dato un buon contributo a creare il concetto di casta. Ecco il motivo dell’adesione dell’ex-segretario diessino alla proposta di referendum per il ritorno al “mattarellum”, anche se solo per ragioni di tempistiche, perché continua ancora a preferire, in merito, un’iniziativa parlamentare.
Naturalmente, buona parte dell’incontro è stata caratterizzata dal tema della manovra economica. Il primo cittadino di Torino non ha certo buone speranze su quanto uscirà dal governo in merito ai tagli ventilati agli enti locali. “Come sindaci, abbiamo anche lanciato proposte per niente popolari, come maggiore flessibilità sulle addizionali comunali, anticipo al 2012 dell’Imu sui patrimoni immobiliari e tasse di scopo. Pensiamo che lo sforzo richiesto ai cittadini di contribuire su scopi precisi sia maggiormente apprezzato”. Secondo Fassino, “non è impossibile recuperare almeno una parte di evasione fiscale, magari recuperando una serie di proposte come quelle del centrosinistra quando Visco era ministro, però è necessaria la volontà politica”. La crisi è grave, “anche se fare in fretta non legittima qualsiasi politica, ma, quando l’incendio sarà spento, quindi la manovra verrà approvata, riproporremo la questione politica, ovvero che questo governo non è credibile, né affidabile, e se ne deve andare”.
L’ex-segretario della Quercia, pur nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni rispetto ai sindacati, esprime adesione all’iniziativa dello sciopero della Cgil, “e lo dice uno che, in merito agli accordi Fiat, non ha avuto timore a schierarsi contro la posizione di Fiom e Cgil”. “Il Pd sta con tutti coloro che mettono in campo iniziative contro la manovra, e quando la Cisl e la Uil promuoveranno le loro manifestazioni saremo anche lì. E’ curioso un paese in cui hanno diritto di scioperare anche i calciatori e parrebbe non i lavoratori”.
Ultimo, ma non per importanza, il riferimento alla “questione Penati”. “Gli aspetti giudiziari dovranno essere visti dalla magistratura, che deve svolgere il proprio lavoro. Penati deve difendersi, e mi auguro possa esserne accertata l’estraneità ai fatti. Se l’ex-presidente della Provincia di Milano rinunciasse alla prescrizione, farebbe un atto di grande responsabilità. Ci sono comunque problemi politici ed etici, e su questi si pronuncerà la Commissione di garanzia”.
Per tutelare la maternità c’è ancora tanta strada da fare
Nonostante, negli ultimi 40 anni, con la riforma del diritto di famiglia e con la legislazione sulla tutela della maternità, siano stati fatti molti passi in avanti rispetto all’occupazione femminile, sui tavoli aziendali compaiono ancora fogli di dimissioni in bianco per le donne in gravidanza, ed è ancora netto il divario tra uomini e donne in materia di salario medio: 1270 euro mensili contro 1077.
E’ questo il quadro emerso dall’incontro svoltosi domenica sera alla Tenda Tricolore di Festa Reggio, dove, intervistate dalla giornalista Elisa Pederzoli, si sono confrontate su “Maternità, lavoro e democrazia paritaria”, Barbara Cellato, responsabile provinciale femminile Cisl, Rita Ghedini, senatrice del Pd, Natalia Maramotti, assessore comunale alle Pari opportunità, e Valeria Montanari, consigliera provinciale democratica.
Spiega la Cellato: “La maternità non deve essere vista come una discriminazione, od una perdita di produttività dell’azienda, ma ha un valore sociale. E le donne sono sempre madri: nei confronti dei loro figli, poi dei loro nipoti, ed anche dei loro genitori quando abbiano bisogno di cura. Ed allora bisogna cercare di recuperare la situazione nella contrattazione di secondo livello, quella aziendale. Se poi si verificano degli episodi che si definiscono di mobbing, ad esempio la madre che ritorna al lavoro e non trova neppure la scrivania, è difficile trovare anche qualcuno che testimoni questa condizione”.
Per la Ghedini, “la manovra finanziaria rischia di depauperare ulteriormente il patrimonio del welfare così faticosamente conquistato in questi anni, con i tagli al sistema assistenziale e fiscale, pari a 40 miliardi nel triennio, quando si pensa che il pacchetto assistenza completo, tra assegni di invalidità, assegni familiari e di maternità, assegni sociali e interventi integrativi dei trattamenti pensionistici, vale circa 30 miliardi all’anno. O si ripensa completamente la spesa pubblica in Italia, o il rischio che si corre è quello di vedere automaticamente tagliate, ad esempio, le detrazioni fiscali per spese sanitarie, per i figli a carico, per il mutuo, con progressiva ricaduta sulle famiglie ed in particolare sulle donne”. Per tacere del “famigerato” articolo 8, che prevede “la contrattazione in deroga alle norme da parte delle rappresentanze presenti in azienda: praticamente tre amici al bar possono negoziare qualsiasi cosa…”
Natalia Maramotti, citando una ricerca svolta dall’Università Bocconi, cerca di sfatare i luoghi comuni sui costi aziendali della maternità, e cita l’esperienza reggiana dell’accordo quadro su conciliazione, tempi ed orari, firmato lo scorso 11 luglio dal Comune di Reggio Emilia con le parti sociali, le organizzazioni professionali ed importanti aziende pubbliche e private, cui ha fatto seguito un protocollo a livello provinciale. E’ appunto grazie a questo accordo che alcune aziende, tra le quali Lombardini e Walvoil, hanno potuto richiedere di accedere a finanziamenti sulla Legge 53 del 2000, la cosiddetta “Legge Turco”, per progetti che prevedono aiuti ai dipendenti per le piccole grandi incombenze di carattere burocratico e sulla conciliazione di tempi ed orari. Anche se la Maramotti non si nasconde che i tagli agli enti locali rischiano di dare un duro colpo al welfare in salsa reggiana.
Valeria Montanari ha presentato in Consiglio provinciale un ordine del giorno approvato sull’introduzione di un sistema premiante, tangibile in termini economici, a favore delle imprese in possesso della certificazione di genere. Tali benefit consisterebbero, ad esempio, nell’assegnazione di un punteggio aggiuntivo nelle gare d’appalto, o di una riserva.
“Tale certificazione rientra tra i sistemi di certificazione di qualità delle imprese ai sensi della normativa ISO 9000. I vantaggi consistono nel miglioramento degli aspetti di gestione interna, quali il clima aziendale, la qualità di vita e di lavoro, la motivazione e l’impegno, nonché la riduzione dell’assenteismo e del turn-over”, ha spiegato la consigliera provinciale, secondo la quale “il benessere della popolazione aziendale incide sulla produttività, e la stessa immagine aziendale finisce per trarne beneficio”.
Barbieri vuole una strada della musica emiliano romagnola
Una legge regionale per valorizzare la musica Emiliano-Romagnola. E’ la proposta che da Festa Reggio lancia il consigliere regionale Pd Marco Barbieri sostenuto da Beppe Carletti e Raul Casadei, “due ambasciatori della nostra musica nel mondo”. Barbieri parte dal presupposto che la musica nata in Emilia Romagna per qualità e quantità trova pochi rivali nel panorama nazionale. E sostenerla significa anche sostenere il turismo, la cucina e più in generale rilanciare l’economia di tutti i prodotti che hanno una forte valenza identitaria regionale. “Immagino una strada della musica – ha detto Barbieri – come quelle che già esistono dei vini e dei sapori. Potrebbe essere uno degli strumenti per far emergere la ricchezza musicale della nostra terra ma anche un modo per sostenere i suoi prodotti. Da Giuseppe Verdi a Vasco Rossi e Ligabue, sono decine gli artisti e gli stili musicali che negli anni abbiamo esportato nel mondo”. La musica non è cosa a sé, ma parte di un modo di vivere e lavorare che ha permesso alle eccellenze emiliano romagnole di primeggiare nel mondo. Questo scenario nell’idea di Barbieri ha di un racconto completo che riesca ad associare il marchio Emilia-Romagna con quanto di buono è prodotto dal territorio.
Per Beppe Carletti la musica appartiene al dna della gente che vive in Emilia Romagna, “quando mi chiedono il perché di così tanta produzione musicale in questa terra rispondo che è una parte naturale del nostro carattere”. Raoul Casadei, ha fatto riferimento alla capacità di comunicazione degli emiliano-romagnoli: “bisogna parlare in modo semplice – ha detto il maestro – e questo vale per la musica ma anche per la politica. La musica è importante – ha proseguito –, dà un senso e rappresenta un valore, un pensiero. Fare musica di certo non è facile, l’orchestra Casadei è nata nel 1928 in un aia contadina si è evoluta pian piano e oggi dopo 83 anni di storia seppur cambiando nel tempo è ancora qui e continua a suonare dal vivo senza mettere sù dischi!”. Casadei associa la musica al tempo libero, “alla gente ho sempre detto che bisogna lavorare ma anche divertirsi, ballare, perchè la musica è comunicazione, contatto e c’è anche una punta di erotismo”.
Il musicista Beppe Carletti si ritiene un fortunato, anzi fortunatissimo perchè “riesce a vivere della propria passione. E questo è il massimo e non si può chiedere di meglio”. Parlando poi del passato e dei rapporti con le case discografiche Carletti spiega, “Quando tutti andavano via da casa siamo rimasti a Novellara e direi che questo non si è rivelato uno sbaglio. Oggi a noi piace fare le cose per conto nostro, l’autogestione non è affatto male e proseguiremo su questa strada”. Il leader dei Nomadi ha voluto ricordare il compianto Augusto Daolio e quanto la musica associata alla solidarietà possa fare grandi cose: “dopo la sua morte – ha spiegato il tastierista – abbiamo costituito l’associazione Augusto per la vita per raccogliere fondi destinati alla ricerca contro i tumori, successivamente ci siamo allargati con tanti piccoli progetti in giro per il mondo”. Ma pensare ad una legge per la musica emiliano romagnola significa anche occuparsi dei giovani che, ha detto Carletti “ spesso vivono di fiammate senza continuità”. Il lavoro svolto dalla Regione Puglia è un esempio importante, ma l’Emilia Romagna oggi deve trovare una propria strada. “Se la pizzica trova tanto consenso tra i giovani – ha detto Casadei – può trovarlo anche la nostra musica”.