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Rintracciate a Barcellona due sculture del bolognese Diego Sarti

Grazie alle ricerche sempre più approfondite sugli artisti attivi nella Certosa di Bologna sono state rintracciate due importanti sculture di Diego Sarti (1859–1914), che si trovano nei depositi del Museo Nazionale d’Arte della Catalogna. Si tratta di due gessi grandi al vero: Venere e Mater (o Leonessa africana) e il rinvenimento si deve a Roberto Martorelli del Museo del Risorgimento di Bologna, che cura il programma di recupero e valorizzazione del cimitero monumentale.

Le tracce da cui partire sono state due fotografie del fondo Belluzzi del Museo del Risorgimento, che ritraggono le due opere; ricostruendo la biografia dello scultore, si è trovato un indizio che portava verso la capitale catalana. I due gessi da poco scoperti furono infatti acquistati dal Comune di Barcellona in occasione di due diverse esposizioni nazionali del 1891 e 1898 tenutesi nella stessa città, sintomo del grande apprezzamento verso questo scultore, che si specializzerà nel genere animalier. 

Una notizia – la fortuna all’estero di un nostro scultore, ben poco conosciuto anche da noi – che ci porta a riconsiderare l’immagine di città un po’ fuori mano e provinciale che molti hanno della Bologna dell’Ottocento.

Diego Sarti ebbe un ruolo rilevante nel panorama artistico nazionale e una reputazione internazionale. A Bologna il suo lavoro è ancora oggi sotto gli occhi di tutti: a lui fra l’altro si devono i grandi gruppi in cemento della fontana nel Giardino della Montagnola (1888), l’imponente e sensuale marmo della scalea del ‘Pincio’ (1896), oltre a diversi grandi monumenti per la Certosa, fra i quali molto nota è la Dolente, scolpita per il monumento Montanari nel 1891. Molto però c’è ancora da studiare per ricostruire il catalogo di Sarti: basti ricordare, per fare un esempio, che è ancora da rintracciare Il Bacio Africano, completato dall’artista all’età di soli 22 anni. Il gruppo in gesso riscosse un enorme successo all’Esposizione Nazionale di Milano del 1881, tanto da meritare il posto d’onore nell’atrio d’ingresso, sicché era impossibile non notare l’opera, anche per le sue dimensioni: ben sette metri di lunghezza.

















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