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Danilo Rea, pianoforte e Flavio Boltro, tromba a Reggio per Mundus

Lirico è il titolo del concerto che si terrà giovedì 4 agosto a Reggio Emilia nell’ambito dei concerti realizzati dal Comune di Reggio Emilia, unitamente ad ATER, Provincia di Reggio Emilia e Regione Emilia Romagna, in Piazza Fontanesi per MUNDUS (ingresso libero); protagonisti due dei massimi jazzisti italiani in attività: Danilo Rea, pianoforte, e Flavio Boltro, tromba, che si cimentano con brani d’opera o di loro composizione, ma all’opera lirica ispirati.

Danilo Rea ha scoperto l’opera grazie a Puccini, il suo compositore prediletto e dopo il cd Lirico del 2004, recentemente ha pubblicato Opera, interamente dedicato al melodramma italiano, con il sostegno del celebre trombettista torinese Flavio Boltro. Fin dalle prime battute, Rea e Boltro si impongono come eccelsi “lirici”, che si lasciano coinvolgere dal pathos e dall’emozione profonda, al contempo trasmettendoli al pubblico grazie a una grande sensibilità di artisti. Opera lirica e jazz si attraversano armoniosamente l’una nell’altro senza forzature né meccanicità e Rea e Boltro riescono a trovare l’equilibrio ideale fra tecnica strepitosa, arrangiamento sorprendente e forza improvvisativa.

L’opera è per gli italiani una ′′dimensione del cuore′′. Questo vale anche per il pianista romano Danilo Rea, il quale vanta quasi una predestinazione a questa passione nazionale. Ha compiuto gli studi di pianoforte classico al Conservatorio Santa Cecilia di Roma e anche dopo il suo interesse alla musica jazz, Danilo Rea, predilige la tradizione musicale della sua terra. Ne è un esempio il suo debutto con l’etichetta ACT ′′A Tribute to Fabrizio de André′′, nominato dalla rivista italiana ′′Musica Jazz′′ il miglior disco di piano dell’anno 2010.

Rea ha scoperto l’opera grazie a Puccini, il suo compositore prediletto. Dopo il CD ′′Lirico′′ del 2004, si è dedicato a ′′Opera′′, questa volta interamente dedicato al melodramma italiano, con il sostegno del celebre trombettista torinese Flavio Boltro, musicista conosciuto in tutto il mondo. Anche lui vanta un eccellente curriculum: studi classici al Conservatorio di Torino, collaborazioni in orchestre sinfoniche oltre che un autentico interesse verso la sperimentazione.

Fin dal primo ascolto di “Opera”, Rea e Boltro si impongono come musicisti lirici di grande qualità, che non temono il pathos e l’emozione profonda. Al centro del progetto c’è il contenuto melodico delle composizioni. L’evidente rispetto di fronte ai classici dell’opera non esclude naturalmente l’innovazione. Essendo due degli improvvisatori più creativi della scena, trovano sempre un’avvincente variazione ritmica, una frase stimolante o un’ invenzione armonica importante. Opera e jazz scorrono armoniosamente l’uno nell’altro e la contaminazione non appare mai nè forzata nè meccanica. Ne è un eccellente esempio la ′′Sinfonia dal Guglielmo Tell′′ di Puccini. Per rapido che sia il tempo, non si ascoltano mai forzature. La concentrazione va tutta alla drammaticità insita nel brano, nel quale Rea e Boltro riescono con successo a trovare l’equilibrio ideale fra tecnica strepitosa, arrangiamento sorprendente e forza improvvisativa.

Il ′′nascondiglio prediletto′′ – Schloss Elmau, castello che si trova nel centro delle prealpi bavaresi, è stato per molti artisti classici e del jazz la fonte d’ispirazione per questo viaggio nel mondo dell’opera italiana. Quattro dei dodici brani suonati in questo castello, il 9 dicembre 2010, sono stati registrati live davanti al pubblico. ′′L’atmosfera durante i concerti, è magica′′ dice Rea con entusiasmo. E così, durante l’ascolto di questo affascinante concerto in duo, ci resta solo da affermare: che grandiosa opera!

Danilo Rea è certamente uno dei pianisti che più ha segnato la scena jazz in Italia negli ultimi decenni. Nato a Vicenza nell’agosto del 1957, si è presto stabilito a Roma, dove condivide i primi anni di attività con il contrabbassista Enzo Pietropaoli e il batterista Roberto Gatto, vale a dire lo storico “Trio di Roma”. “Certamente – ricorda Rea – la nascita del Trio di Roma sancisce il mio ingresso nel mondo del jazz. Nei primi anni d’attività abbiamo avuto l’opportunità di collaborare con grandi musicisti della scena internazionale, Art Farmer a Steve Grossman, da Chet Baker a David Liebman, a Randy e Michael Brecker”.

Contemporaneamente alla pratica jazzistica, Rea mostra interesse per la musica rock progressive di Emerson Lake & Palmer e degli Yes e ottiene il diploma in pianoforte classico presso il conservatorio di Santa Cecilia di Roma. Rea parteciperà con vigore e grande capacità a tutta la felice epopea musicale della capitale tra la fine degli anni ’70 e l’inizio del decennio successivo, città nella quale gravitano musicisti italiani e stranieri di passaggio. “La partecipazione ai progetti di Maurizio Giammarco per Lingomania – aggiunge Rea – o al fianco di grandi maestri quali il batterista Peter Erskine, che militava nei Weather Report, e il contrabbassista Marc Johnson , rappresentano tappe importanti per me”.

Alla carriera di pianista jazz affianca considerevoli interventi con protagonisti di primo piano della musica leggera italiana, con Riccardo Cocciante, Claudio Baglioni, Fiorella Mannoia e soprattutto Mina. Considera l’incontro con Mina “un momento davvero particolare, molto formativo”. Fonda il Doctor 3 con Enzo Pietropaoli e Fabrizio Sferra, concentrando la propria estetica in una rivisitazione del repertorio jazz, rock e pop: una sintesi che colpisce pubblico e critica. Negli ultimi anni di attività raggiunge alte quote di maturità e perfezione, tanto che diventano sempre più frequenti i lunghi recital solitari al pianoforte. Quest’ anno Danilo Rea ha vinto il referendum della critica italiana come miglior pianista jazz.

Flavio Boltro nasce a Torino il 5 maggio 1961. Il padre è musicista, trombettista e grande appassionato di jazz, mentre la madre è un’insegnante elementare. “Mi sono ritrovato immerso nel jazz fin da piccolo, da quando avevo tre anni. Mio padre mi prendeva sulle ginocchia prima di andare a letto e mi faceva ascoltare Amstrong e tutti i dischi di quegli anni. “.

Una volta diplomato, la sua vita sarà segnata da due momenti determinanti, che coincidono con l’incontro di due formazioni che saranno per lui l’occasione di farsi conoscere e apprezzare. La prima è Lingomania, guidata da Maurizio Giammarco. Il musicista possiede già un quartetto, ma aspira a trasformarlo in un quintetto. Una sera, al Capolinea, il celebre club milanese, Giammarco vede Flavio esibirsi con il trio del pianista Mario Rusca e lo chiama la settimana seguente per fissare un incontro. Nasce così il famoso quintetto, formato da Roberto Gatto alla batteria, Furio Di Castri al contrabbasso, Giammarco al sax, Umberto Fiorentino alla chitarra e Flavio alla tromba. Questo gruppo acustico dalla matrice e dalle sonorità elettriche rappresenta una novità per quegli anni e riscuote grande successo in Italia, aggiudicandosi, per due volte consecutive, il premio per il Miglior Disco e il titolo di Miglior Gruppo dell’Anno. Quando intraprende questa avventura, che si protrarrà per un biennio, Flavio ha 25 anni. Parallelamente, incomincia a ricevere diverse richieste di collaborazione, in particolare da Steve Grossman, con il quale si esibisce regolarmente. “All’epoca in Italia c’erano 2000 club” ci racconta Flavio Boltro: “io ci suonavo spesso con Steve ma mi esibivo anche ai festival internazionali in quintetto con Cedar Walton, Billy Higgins e David Williams alla sezione ritmica. E, poco prima che si concludesse l’esperienza con i Lingomania, con Clifford Jordan e Jimmy Cobb. Ho tenuto anche due concerti con Freddie Hubbard a Umbria Jazz oltre a quelli di Torino e di Milano.”. La seconda formazione decisiva è il trio costituito insieme a Manu Roche alla batteria e a Furio Di Castri al contrabbasso. “Questo gruppo ha funzionato a meraviglia! All’epoca non esisteva un trio di tromba/contrabbasso/batteria; c’era solo il quartetto di Ornette; ma nessun trio. Mi è venuta questa idea e ne ho parlato con Furio. Al suo terzo anno di vita, il gruppo è diventato un quartetto con l’arrivo di Joe Lovano. Abbiamo fatto una tournée di 12 date in Italia e abbiamo inciso delle composizioni mie, di Furio e di Lovano, ma il disco non è mai uscito!” Ed eccoci arrivati ai primi anni novanta. E’ estate, tempo di vacanze! Flavio parte in moto per la Corsica, con tenda e sacco a pelo… Qui ha l’occasione di assistere da spettatore al Festival di Calvi, dove, l’anno seguente, tornerà invece in veste di concertista per esibirsi in quartetto accanto ad Antonio Farao, Manu Roche e Paolo Dallaporta su richiesta di Lionel Benhamou. Durante le memorabili jam session di quelle serate, Flavio ha l’opportunità di fare importanti incontri che segnano l’inizio della sua avventura francese. Nel 1994, Laurent Cugny, che ha appena preso le redini dell’ONJ, è alla ricerca di un trombettista e di un sassofonista: la sua scelta ricade proprio su Flavio Boltro e sul suo compagno di gioventù Stefano Di Battista. E un anno prima della conclusione della sua esperienza con l’ONJ, Flavio entrerà a fare parte del sestetto di Michel Petrucciani. Da tempo Flavio Boltro, Stefano Di Battista ed Eric Legnini, amici di lunga data, cercano due musicisti per costituire un quintetto. Il loro progetto si concretizzerà nel 1997 con l’arrivo di Benjamin Henocq alla batteria e di Rosario Bonaccorso al basso. Il nuovo gruppo, lo Stefano Di Battista/Flavio Boltro Quintet, riscuoterà grande successo fin dal 1998. Ma questa è già storia recente, che tutti conosciamo. Oggi il quintetto esiste ancora, nonostante Stefano e Flavio abbiano imboccato anche altre strade. Continuano infatti a tenere concerti in double bill (doppio spettacolo) con un repertorio adatto a ogni circostanza. “A 17 anni ho capito di saper suonare la tromba e speravo che potesse darmi da vivere ” conclude Boltro: “quando nella vita si è circondati da persone generose, è sicuramente un aiuto per la musica”.
















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