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Ospedali psichiatrici giudiziari – da Reggio un appello per la chiusura di queste strutture inadeguate alla cura e alla riabilitazione

diritto alla salute in carcere, Cgil, Antigone, Centro Basaglia, Conferenza permanente per la salute mentale nel mondo F. Basaglia, Coordinamento Garanti territoriali diritti dei detenuti, Fondazione Franco e Franca Basaglia, Forum droghe, Psichiatria democratica, Società della ragione – chiedono l’abolizione di tutte le strutture presenti nel nostro paese.

A Reggio, sede di uno dei sei opg presenti in Italia, è l’assessore comunale alle Politiche sociali Matteo Sassi a farsi portavoce delle ragioni per l’abolizione di tali strutture. “Gli opg sono luoghi di custodia, dove non ci sono le condizioni per curare ma neanche per garantire sicurezza alla collettività poiché non sono in grado di attivare veri percorsi riabilitativi – ha detto oggi Sassi alla stampa – Rappresentano un buco nero del nostro ordinamento giudiziario che va sanato attraverso la creazione di piccole realtà sul territorio che diano risposte in termini di sicurezza alla comunità e di cura per la persona. Ci sono esempi che dimostrano che è possibile garantire il diritto alla cura attraverso altre forme e sappiamo che gli operatori degli opg condividono le nostre preoccupazioni”.

“La struttura di Reggio – ha aggiunto Gianluca Borghi della Società della ragione ed ex consigliere regionale – è un carcere poiché è collocata all’interno della Casa circondariale della Pulce, di cui costituisce un’ala, ed è quindi incompatibile con condizioni di cura e recupero. Oltretutto è stato creato per accogliere 132 persone, ma oggi ne ospita 245 poiché, nonostante il suo bacino di utenza formale dovrebbe essere limitato a Emilia Romagna, Veneto e Marche, giungono a Reggio anche persone provenienti da Lombardia e Piemonte, per ragioni di mancanza di strutture”.

“Con questa iniziativa – ha aggiunto – vogliamo rendere pubblico il dramma degli opg e spingere perché si vada oltre il superamento di queste strutture fin da subito, anche in presenza dell’attuale legge”.

“A settembre – ha detto Stefano Cecconi della Cgil nazionale – consegneremo ai presidenti di Regione e agli assessori alla salute l’elenco delle persone ospitate negli opg di cui le Regioni dovrebbero farsi carico attraverso le Ausl perché questi individui abbiano un’identità e non siano anime morte dimenticate negli opg”.

“E’ inoltre necessaria – ha concluso Lecconi, insieme a Franco Corleone, coordinatore dei Garanti territoriali per i diritti dei detenuti – una modifica del codice penale affinché la detenzione non diventi una misura di sicurezza perpetuata a vita per mancanza di reti di recupero e reinserimento. Per questo è necessario un dibattito trasparante con tutta la società”.

I sei opg presenti in Italia a servizio di tutto il territorio nazionale ospitano attualmente circa 1.400 persone. Tuttavia – sottolineano i promotori della campagna – il problema del sovraffollamento non è centrale, poiché è la stessa concezione degli Opg a essere sbagliata, in quanto queste strutture sono inadatte a offrire percorsi di cura e di reinserimento. La richiesta è quindi il finanziamento immediato dei 350 progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati per la dimissioni degli internati riconosciuti come dimissibili e la creazione di una nuova legge in materia basata sulla consapevolezza (sempre più diffusa tra gli psichiatri e gli operatori del diritto) che l’incapacità totale di intendere e volere è evento talmente eccezionale da non giustificare l’esistenza di una tale istituzione. La proposta è quella di attivare, in alternativa agli opg, una rete di servizi territoriali in grado di accompagnare gli utenti verso percorsi di autonomia e reinserimento sociale.

“Gli opg – si legge nell’appello lanciato oggi a Reggio – rappresentano un vero e proprio oltraggio alla coscienza civile del nostro paese, per le condizioni aberranti in cui versano 1.500 nostri concittadini, 350 dei quali potrebbero uscirne fin da ora. L’ospedale psichiatrico giudiziario è istituto inaccettabile per la sua natura, per il suo mandato, per la incongrua legislazione che lo sostiene, per le sue modalità di funzionamento, le sue regole organizzative, la sua gestione. La sua persistenza è frutto di obsolete concezioni della malattia mentale e del sapere psichiatrico, ma soprattutto di una catena di pratiche omissive, mancate assunzioni di responsabilità e inappropriati comportamenti a differenti livelli. Al VI° Forum salute mentale (Aversa gennaio 2011) abbiamo denunciato le omissioni e la mancata assunzione di responsabilità da parte dei decisori politici (Governo e Regioni), delle Aziende sanitarie locali e di molti Dipartimenti di Salute Mentale. Ciò è ancor più grave a 3 anni dalla emanazione del DPCM 1.4.2008 – che dispone la presa in carico degli internati negli OPG da parte dei Dipartimenti – e dopo le sentenze della Corte costituzionale, del 2003 e 2004, che hanno spalancato possibilità di trattamenti alternativi all’opg in ogni fase. Riteniamo sia improcrastinabile porre fine allo scandalo degli opg e che sia possibile farlo all’interno dell’attuale normativa. Perché, come afferma la nostra Costituzione, ‘la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

















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