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Pericolo infiltrazioni mafiose: riceviamo dalla Bacchi spa e pubblichiamo

Negli ultimi venti giorni la stampa e la televisione hanno dato ampio risalto alla Informazione Interdittiva del Prefetto di Reggio Emilia nei confronti della spa Bacchi, per il pericolo di infiltrazioni mafiose nella società. La società e i suoi legali, pur consapevoli fin dalla sua comunicazione, della infondatezza del provvedimento prefettizio, hanno sinora conservato un rigoroso silenzio.

L’impegno è stato rivolto alla raccolta della complessa documentazione indispensabile a dimostrare la correttezza, la trasparenza e la legalità dei comportamenti della società , a provare la sua estraneità a qualsivoglia coinvolgimento “ mafioso” , a dimostrare la sua impermeabilità a tentativi di infiltrazione mafiosa in grado di influenzare le scelte e gli indirizzi della sua attività.

Al termine di questa complessa e rigorosa ricerca, è possibile rispondere alle tante domande che sono state poste pubblicamente anche da amministratori delle comunità.

E’ in corso la presentazione del ricorso al Tar dell’Emilia Romagna – Sezione di Parma – per ottenere l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento.

Il ricorso è formulato , naturalmente , a tutela degli interessi della società e dell’onore dei suoi soci e amministratori , ma anche per garantire continuità di lavoro a tutti i suoi lavoratori, infine per restituire serenità alle famiglie dei lavoratori a rischio di licenziamento.

Il ricorso al giudice denuncia, principalmente , “ la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del dpr 1998 n. 252 e dell’art. 4 del d.lgs 1994 n. 490 , e, insieme , l’eccesso di potere in tutte le sue forme, in particolare per travisamento dei fatti, incompletezze dei dati acquisiti, iniquità, sviamento e illogicità delle conclusioni.

L’Informazione , che interdice alla Bacchi la partecipazione ad appalti pubblici, con la conseguente risoluzione dei contratti in corso con pubbliche amministrazioni, emanata dal Prefetto di Reggio Emilia in data 5 aprile 2011, è fondata su cinque asseriti elementi oggettivi che farebbero “ ritenere sussistente il pericolo di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’attività della ditta Bacchi spa con sede legale in Boretto di Reggio Emilia”.

Il provvedimento prefettizio , inoltre , si apre con una premessa sulle informazioni di polizia sui soci e amministratori della società .

Il ricorso al TAR contesta radicalmente i cinque “ elementi oggettivi” e la rappresentazione, che si è data, dei soci e amministratori della società Bacchi.

Il primo elemento è costituito dal profilo soggettivo del legale rappresentante della ditta subappaltatrice TRE EMME , riconducibile a famiglia, originaria di Cutro, asseritamente molto vicina alla locale famiglia di ndrangheta ( pagina 4 e 7 della Informazione ). Per collegamento , il profilo soggettivo del legale rappresentante della società Tre Emme Costruzioni avrebbe rilievo anche sulla seconda ditta subappaltatrice Consorzio M2.

Al riguardo rileviamo che la società Tre Emme Costruzioni ha comunicato l’assenza di cause di esclusione dai subappalti pubblici con dichiarazione sostitutiva, come prevede la legge. Inoltre nel certificato del casellario giudiziale del legale rappresentante di Tre Emme Costruzioni, non risulta alcuna segnalazione penale. La stazione appaltante ha svolto – evidentemente – la sua funzione di vigilanza ed ha autorizzato legittimamente i subappalti.

La società tre Emme Costruzioni risulta avere operato – e tuttora opera – con committenti pubblici in tutta l’Emilia Romagna. Risulta avere acquisito persino, nel mese di marzo 2011, l’attestazione SOA, che comporta la verifica, da parte dell’organismo che la rilascia, dell’insussistenza di sentenze definitive di condanna o di applicazione della pena – patteggiamenti – a carico del legale rappresentante , amministratori e direttore tecnico, impeditive agli appalti pubblici.

Sul secondo elemento – ovvero sulle asserite modalità di elusione della disciplina antimafia, costituite dal presunto artificioso frazionamento dei lavori in due subappalti al fine di evitare sulle ditte subappaltatrici controlli e verifiche antimafia ( pagine 5 e 8 dell’Informazione ), rileviamo.

Le richieste della società Bacchi di autorizzazione di due distinti e successivi subappalti – alle ditte Tre Emme Costruzioni e Consorzio M2 – trovano la loro ragione legittima in fattori organizzativi e produttivi del cantiere, costituiti da : (a) consegne parziali dei lavori in ragione della mancata acquisizione di tutti i terreni sui quali realizzare l’opera ; ( b) urgenza di avviare l’esecuzione dei lavori in pendenza della stipula del contratto di appalto; (c) sopravvenute esigenze della committente di introdurre modifiche al progetto dell’opera. Questi fattori hanno determinato l’affidamento originario in subappalto alla Tre Emme Costruzioni solo di una parte limitata dei lavori e , successivamente , anche in relazione al ritardo , accumulato rispetto al cronoprogramma, non imputabile all’appaltatore , hanno imposto l’avvio di un secondo fronte di lavoro con il subappalto al Consorzio M2.

L’esame della documentazione sullo svolgimento dei lavori, del progetto , della variante, dei contratti consente agevolmente di comprendere le ragioni tecnico produttive del ricorso a due subappalti. La natura delle opere ( fra cui il varo delle travi ) spiega naturalmente la ragione della contestuale attività negli stessi punti del cantiere degli operai delle due ditte subappaltrici.

Tutte queste documentate circostanze escludono univocamente l’ipotesi o il mero sospetto del frazionamento artificioso dei subappalti .

La presentazione della richiesta di autorizzazione ai subappalti in epoca successiva alla stipula dei relativi contratti , subordinati nella efficacia al rilascio delle autorizzazioni, è l’unica modalità operativa conforme a legge ( art. 18 L. 55/90 , ora art. 116 d. lgs. 163/06 ). I due subappalti sono stati regolarmente e legittimamente autorizzati. I contratti trasmessi per l’autorizzazione sono stati esplicitamente qualificati contratti di sub appalto. I limiti di valore delle autorizzazione ai subappalti, fissati in euro 130.000 per Tre Emme ed in euro 50.000 per Consorzio M2 , al 31 dicembre 2010 non sono stati superati, come risulta dalla contabilità di cantiere, elaborata sulla base dello Stato di Avanzamento dei Lavori della Direzione dei Lavori della stazione appaltante.

E’ da escludersi quindi sia l’accusa di artificioso frazionamento dei subappalti sia di superamento dei limiti di valore stabiliti nei contratti, al fine di sottrarre le subappaltatrici ai controlli antimafia.

Sul terzo elemento, ovvero sulla presenza in cantiere di un detenuto in regime di arresti domiciliari per delitto di usura, va rilevato che tale lavoratore, assunto dalla subappaltatrice Tre Emme, era stato autorizzato espressamente dal Giudice del Tribunale di Reggio Emilia a prestare nel cantiere la sua attività lavorativa.

Sul quarto elemento, ovvero sulle evidenze investigative dell’indagine Caronte, si rileva che tutte le circostanze ivi indicate attengono a fatti dei quali la Bacchi, che non ha mai ricevuto pressioni o intimidazioni, è del tutto estranea, e dei quali peraltro non ha mai saputo nulla.

Sul quinto elemento, ovvero sulle evidenze investigative dell’indagine Pastoia, va rilevato che i fatti documentati dimostrano l’esclusione di qualsiasi rapporto diretto , per l’appalto relativo alla cosiddette “Grandi Opere”, fra la Bacchi e la società subappaltatrice, ritenuta inquinata di mafia. All’epoca la Bacchi fu semplicemente partecipe di una ATI ( Associazione temporanea di imprese ) , di cui era capogruppo mandataria la Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi. Il subappalto fu autorizzato dalla committente Anas, che attestò che l’impresa era in regola con la vigente normativa antimafia come risulta dal nulla osta rilasciato dalla Prefettura di Teramo.

Da ultimo, sulle Informazioni di polizia riguardanti i soci e gli amministratori della società Bacchi, è necessario chiarire ( a) che parte delle comunicazioni di reato a carico degli amministratori e dei soci della spa Bacchi hanno già trovato soluzione nella sede propria della giurisdizione penale con sentenze ampiamente assolutorie o con provvedimenti che già esprimono l’infondatezza delle accuse; (b) altre sono tuttora in corso nella fase delle indagini preliminari, con richieste difensiva di archiviazione ; altre sono giunte finalmente avanti il giudice del dibattimento su richiesta degli stessi imputati, che hanno rifiutato, con formale opposizione, i decreti penali di condanna e il condono.

Contestualmente alla presentazione del ricorso , la società Bacchi riserva di avanzare allo stesso Prefetto di Reggio Emilia istanza di annullamento o revoca del provvedimento , in sede di autotutela.

In conclusione, risultano dai fatti – tutti documentati e provati – che il provvedimento del Prefetto è affetto dai vizi denunciati di violazione di legge e di eccesso di potere.

Confidiamo che la dolorosa vicenda Bacchi , che ad ogni impresa reggiana potrebbe accadere , si risolva nell’accertamento della verità e nel rifiuto di qualsiasi forma di responsabilità oggettiva o per fatto di terzi , intollerabile in uno Stato di diritto.

La doverosa lotta alle mafie e a tutte le forme di criminalità , comune e organizzata , non può risolversi sacrificando il sano tessuto produttivo della nostra economia e distruggendo l’occupazione lavorativa delle nostre comunità.

Boretto – Reggio Emilia , 29 aprile 2011

Avv. Antonio Soda – Bacchi Claudio per la spa Bacchi

















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